Il ministro Alfano e la rozzezza del linguaggio quando si parla degli stranieri
Da tempo, nel nostro paese, si è andato diffondendo un uso della parola inappropriato, approssimativo, a volte rozzo, ingannevole, spesso ipocrita. Gli esempi non mancano neanche in questi giorni di vacanze estive con il ministro dell’interno Alfano che, alla vigilia di ferragosto, lanciando l’operazione anticontraffazione sulle spiagge e nelle città ha fatto riferimento ai “vu cumprà” sollevando non poche polemiche per l’uso stigmatizzante e discriminatorio insito in tale parola e definendo, poi, il giorno dopo, “ipocrita chi non li chiama così”. A ferragosto alcuni giornali nazionali hanno dato ampio risalto anche alle dichiarazioni dell’attore Peppe Barra secondo cui, a Napoli, “… gli immigrati deturpano, lordano, sviliscono la città (..) portano solo danni, prostituzione, droga”, aggiungendo che i nostri emigranti non si comportavano così (su quest’ultimo punto, le cose non stanno esattamente così se si pensa che, per esempio, nel 1904, nelle carceri americane, per i delitti più gravi, gli italiani erano la comunità straniera più numerosa). Già in passato ci sono state emblematiche esternazioni che la dicono lunga sui sentimenti, quelli “autentici”, di una parte della popolazione italiana verso gli stranieri, soprattutto quando non servono.
Dalla “solenne” dichiarazione di Letizia Moratti, ex sindaco di Milano che nel 2010 affermava che “i clandestini che non hanno un lavoro normalmente delinquono”, a quella “criminologica” di Berlusconi, allora presidente del Consiglio, secondo cui “..meno extracomunitari, meno forze che vanno ad ingrossare la criminalità” (esclusa quella fiscale, s’intende!). Per non parlare delle numerose “sparate” di Borghezio (è quel “signore” che spruzzò disinfettante sui sedili del treno su cui avevano dormito prostitute nigeriane) e delle “mostruosità” di Calderoli ( è il senatore leghista che sta partecipando attivamente alla revisione della nostra Costituzione) che nel 2006, mostrando una maglietta sotto la camicia che irrideva a Maometto, determinò violente reazioni, con morti e feriti, in alcuni paesi islamici e l’assalto al nostro Consolato a Bengasi. Alfano, con le sue parole, senza rendersene conto (aspetto preoccupante per un uomo di Governo), contribuisce ad alimentare pregiudizi e discriminazioni rappresentando bene quella forma di “razzismo istituzionale” che è quello più deleterio per un paese, come il nostro, in una fase delicata di accoglienza di migranti e di integrazione. Ecco perché è fondamentale l’utilizzo di un linguaggio corretto e parole come “clandestino”, “extracomunitario”, “vu cumprà”, “badante”, “zingaro”, hanno effetti lesivi nei confronti dei cittadini stranieri presenti nel nostro paese e contribuiscono a mantenere vivo quel clima di ostilità impregnato di pregiudizi e intolleranze. Anche la Corte di Giustizia Europea, in passato, ha più volte sottolineato come vadano eliminate le discriminazioni lessicali. Osservare questa semplice raccomandazione sarebbe già un fatto importante, di rispetto per tutti gli stranieri che si trovano in Italia.
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