NEWS

Basta con gli assalti a Dalla Chiesa e chi denuncia ‘ndrangheta

di Nando dalla Chiesa il . Senza categoria

E’ accaduto in questi giorni. La quinta relazione del Comitato Antimafia del Comune di Milano, curata da Nando Dalla Chiesa ha prodotto una reazione furibonda da parte del rappresentante di Confindustria Calabria per Expo, che è anche il presidente di Federturismo Calabria. Questa persona ha accusato Nando Dalla Chiesa di razzismo, raccontando alla stampa che avrebbe  detto che i calabresi sono mafiosi, e che avrebbe addirittura manifestato il progetto di fare cacciare i calabresi da Milano. Vere falsità , ovviamente; ma si vede che la relazione del Comitato antimafia ha scoperchiato qualche santuario economico mafioso sinora nascosto. E come in tutte le questioni di ‘ndrangheta la vendetta trasversale ha colpito Simona Dalla Chiesa (che abita a Catanzaro ) e che è stata a suo tempo consigliera regionale, ovviamente in chiave antimafiosa. Sulla prima pagina del quotidiano diretto da Sansonetti, che si chiama “Il Garantista” (appunto!), è comparso questo titolo: “Quando la sorella di Dalla Chiesa prendeva i voti dei ‘mafiosi calabresi'”. Il presidente della commissione regionale antimafia  è intervenuto in difesa di Dalla Chiesa ma in Calabria nessuno gli ha pubblicato l’articolo. Anche questo succede nel mondo giornalistico, ed e’ per questo che in Calabria e’ diventato urgente aprire una questione “informazione” che unisca la grave crisi economica dell’informazione, con la questione del potere esercitato con e attraverso i giornali. Noi partiamo da un concetto inscindibile: i fatti. E questo oggi e domani siamo e saremo con Nando Dalla Chiesa , con Libera e con le Associazioni antimafia vere che si battono contro la ‘ndrangheta, quella della violenza, degli affari e della politica corrotta, al Nord come in Calabria.
E qui a seguire pubblichiamo un articolo del professor Dalla  Chiesa, che ringraziamo per questa riflessione.

Santo Della Volpe  – presidente della Fondazione “Libera Informazione”
***
L’articolo di Nando dalla Chiesa:

Ma la ‘ndrangheta, per i rappresentanti della Calabria, non si può toccare? Diciamo meglio, e più giustamente: per certi rappresentanti della Calabria? Parrebbe di sì, a giudicare da una polemica grottesca quanto violenta, agitata da esponenti della Confindustria, del Consiglio regionale e della stampa calabrese nei miei confronti. La mia colpa: essere presidente del Comitato antimafia istituito dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia che nei primi giorni di agosto ha licenziato una relazione (la quinta del suo mandato) per denunciare la partecipazione ai lavori dell’Expo – o funzionali all’Expo – di imprese calabresi riconducibili al classico milieu ‘ndranghetista. Un grido d’allarme per chiedere verifiche e controlli, anche perché, fra l’altro, una di queste imprese aveva ottenuto un affidamento di lavori senza presentare la prevista certificazione antimafia. Nessun nome e nessuna indicazione di luoghi, per non compromettere le indagini giudiziarie (ogni caso ha dato infatti origine a una specifica segnalazione alle autorità competenti). Ma una ovvia assunzione di responsabilità di ordine generale, fondata su atti ufficiali, nell’invitare la città di Milano a non bearsi dei celebri “protocolli” che vengono tranquillamente beffati e aggirati. Che cosa dovrebbe mai fare un Comitato antimafia investito di una funzione di analisi e prevenzione? Fare finta di non vedere? Sonnecchiare come piace ai clan? Noi facciamo bottino mentre la sbirraglia dorme, recita un canto della criminalità lucana…Per dire che il sonno altrui è il loro ambiente ideale. Il Comitato (che per loro sarebbe comunque “sbirraglia”) ha scelto di non dormire. Di non aspettare le sentenze che arrivano sempre dopo.
E tuttavia questo non ha fatto impazzire solo i clan interessati, come sarebbe comprensibile. Ha fatto impazzire i vertici di Confindustria Calabria, di Federturismo, presidenti di commissioni consiliari regionali, avvocati assai simili nell’eloquio ai celebri “paglietta” meridionali dipinti da Gramsci, giornalisti di riporto. Hanno inventato che io avrei identificato mafia e calabresi e da lì è stato tutto un rimbalzare di anatemi: “le gravissime farsi”, “le parole offensive”, “le frasi sconcertanti”, per le quali dovrei “chiedere scusa alla Calabria”. Nessuno però ripete le frasi incriminate, nessuno le riporta tra virgolette (scritte o registrate) semplicemente perché non ci sono. E’ questa isteria difensiva che preoccupa, che ricorda – ma proprio tanto – la Palermo di Ciancimino, o quella esortata da Andreotti ad andare avanti a testa alta dopo l’assassinio del prefetto dalla Chiesa. L’accusa violenta e insultante verso chi denuncia. Lo scatto immediato di un meccanismo unitario da Milano alla Calabria. E, come non bastasse, la vendetta trasversale: un foglio locale che mette in prima pagina il titolo “Quando la sorella di Dalla Chiesa prendeva i voti dei ‘mafiosi calabresi’” (mia sorella Simona è stata consigliera regionale in Calabria più di vent’anni fa).
Un segmento di classe dirigente, che mai si è scatenato con questo linguaggio contro la ‘ndrangheta, che va invece all’assalto di chi denuncia il pericolo ‘ndranghetista a Milano in veste istituzionale e con linguaggio assolutamente sobrio (ognuno può leggere la relazione sul sito del Comune di Milano). Impressionante. Eppure proprio la reazione spiega, in modo direi spietato, anche le attuali condizioni della Calabria; e la fatica che la Calabria onesta e antimafiosa è chiamata a fare per affermare il suo diritto a costruire il futuro di quella preziosa parte d’Italia. La calunnia, la diffamazione in risposta al grido d’allarme; il “dagli all’untore” (loro, i “garantisti”…) invece di una limpida dichiarazione di intenti a cooperare perché nelle opere pubbliche pagate dai cittadini l’imprenditorialità calabrese sia rappresentata solo da aziende al di sopra di ogni sospetto, chiedendo ovviamente alle altre associazioni territoriali italiane di fare altrettanto. Qualche nervo scoperto è evidentemente saltato, anche se è difficile capire quale. Ora però sappiamo con più precisione di prima che la questione calabrese non sta “solo” nelle decine e decine di clan vogliosi di conquistare l’Italia. Ma che questo aspetto già terribilmente inquietante si intreccia con specifiche nozioni delle pubbliche responsabilità e con un resistente sistema di atteggiamenti culturali diffuso nella classe dirigente locale. Meno male che in Calabria c’è molto altro. Aiutiamolo, aiutiamoci insieme.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link