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Rassegna stampa 30 luglio 2014

di redazione il . Rassegne

Mafie e Chiesa. «I mafiosi sono tornati a cercare visibilità e credibilità sociale. Ecco perché partecipano alle processioni con tanto di divisa». Monsignor Michele Perniisi, vescovo di Monreale, lo ripete da qualche tempo con insistenza. La nuova trincea della Chiesa al Sud è attorno alle confraternite. Lo conferma l’ultimo clamoroso episodio di domenica pomeriggio, nel popolare quartiere di Ballarò: l’inchino della processione della Madonna del Carmine davanti all’agenzia di pompe funebri del boss Alessandro D’Ambrogio. La procura di Palermo ha aperto un’inchiesta. Il cardinale Paolo Romeo ha chiesto tutti gli elenchi delle confraternite, per verificare la presenza di mafiosi e favoreggiatori dei clan. L’approfondimento su Repubblica a cura di Salvo Palazzolo, sul giornale in edicola a pagina. 20. A lato il commento del primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, che sulla “mafiosità” espressa nuovamente con questo gesto durante la processione aggiunge: «Vent’anni fa la mafia comandava insieme con la politica e con una Chiesa che non riusciva a liberarsi di una vecchia compromissione e copertura nei confronti di Cosa Nostra. Oggi non è più cosi: la mafia c’è, rimane una tessera mostruosa del mosaico che compone la città, ma non comanda più ed è questa la differenza più grande tra Palermo e la realtà calabrese. Però quello che è grave è che permane una certa mafiosità di comportamento che consente alla mafia di cercare una strada per tornare al potere». Che cos`è la mafiosità, sindaco – chiede la giornalista Sara Scarafia? «È la Zisa che si ferma per i funerali di un boss, come avvenuto a marzo scorso dopo l`agguato mortale al padrino Giuseppe Di Giacomo. È la Madonna che si inchina davanti alle pompe funebri della famiglia D’Ambrogio. Ma è anche la movida senza regole con gli abusivi che invadono le piazze del centro storico e veicolando il diritto al divertimento dei ragazzi—che troppo ingenuamente rischiano di cascarci — impongono il controllo del territorio. Sono i posteggiatori abusivi che pian piano con le pedonalizzazioni stiamo cercando di mettere all`angolo. È arroganza, prepotenza, strafottenza. Un atteggiamento persistente di disprezzo delle regole, un terreno fertile che consente alla mafia di poter operare». A pag. 26 all’inchino fatto fare alla statua della Madonna è dedicata anche la consueta “Amaca” di Michele Serra. Su “Il Foglio” l’articolo a pag. 3 commenta i fatti di Ballarò; questo l’incipit dell’articolo: “La chiesa non ha un 416-bis Madonna a Ballarò, se ci sia un Dio dei mafiosi e cosa comporta Matteo evangelista racconta che rinviato a essere perfetti come il Padre celeste nasce in Gesù, ed è predicato per tutti, anche dall’idea che Dio fa sorgere il sole sui malvagi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”.

 Camorra e vittime innocenti. Dalle colonne del “Corriere della Sera” l’appello e la rabbia dei figli di Mariano Bottari, l’uomo di di 75 anni che ha pagato con la vita una tentata rapina ai danni di un imprenditore da parte di due giovani su uno scooter a Portici, in provincia di Napoli.  «Mio padre è stato tradito dalla terra che amava, dalla gente che amava, non ci posso credere…», dice adesso Vincenzo Bottari, con un filo di voce, intervistato dall’inviato del Corsera, Fabrizio Caccia a pag. 13 del giornale oggi in edicola. “Il Mattino”, il quotidiano campano, entra nel merito delle indagini e con alcuni articoli approfondisce la notizia. Le indagini procedono con buoni elementi di partenza perché come spiega il giornalista Maurizio Cerino nell’articolo “Anziano ucciso, video dei killer” a pagina 8, gli assassini sono stati “Beccati da una telecamera, non di quelle della costosissima videosorveglianza pubblica, che funzionano poco e male, ma di una banca, nella zona di san Giovanni a Teduccio. I carabinieri sono riusciti a ricostruire così l`intero percorso della coppia di banditi che lunedì ha fatto fuoco contro un imprenditore, per portargli via 46mila euro, uccidendo, invece, Mariano Bottari… “. Il collega, Maurizio Capozzo, in apertura di giornale intervista il vero obiettivo dei killer, l’imprenditore  nel mirino che racconta oggi quegli attimi concitati e la paura: «Ho visto che mi seguivano con brutte intenzioni e sono scappato. Non ci voleva molto a capire che due brutte facce su uno sco oterone volessero rapinarmi. Ma non mi sono reso conto di quello che poi è successo». Si sente un miracolato, scampato alla morte che, invece, si è scagliata improvvisamente contro l’ignaro Mariano Bottari, ucciso da un proiettile vagante. Vicino alla cinquantina, da anni titolare di alcuni distributori di carburanti tutti ubicati nella zona orientale di Napoli, era la vittima dei giovani banditi che lunedì mattina hanno provato a fermarlo a colpi di calibro 38. A pag, 23, sempre dalle colonne de “Il Mattino” l’appello del procuratore Colangelo: “la società civile alzi la testa”. Intervistato da Giuseppe Grimaldi il magistrato si rivolge ai cittadini e aggiunge: «Oggi più che mai vorrei levarsi una voce di ferma indignazione da parte di tutta la società, e soprattutto di quella che chiamiamo “società civile”, anche di fronte a gesti assurdi ed efferati come l`ultimo avvenuto a Portici». Serve una mobilitazione di massa. Napoli, dice Colangelo, non può continuare a piangere i suoi morti innocenti. Ma come? «Oggi – prosegue il numero uno dell`ufficio inquirente partenopeo – si deve sviluppare un fermo atteggiamento di sdegno tra la gente: io mi rifiuto categoricamente di liquidare questo gravissimo aspetto dicendo che questa è microcriminalità. Di fronte a una rapina non si può ne si deve parlare di questo come di un fenomeno quasi secondario. Anzi, dirò di più: persino di fronte al furto nell’appartamento – fatto che viola in maniera indegna l`intimità di chi subisce il reato – non è più giusto parlare di fatti di microcriminalità». A questa intervista fa eco il commento di Vittorio Del Tufo dal titolo “E qualcuno la chiama ancora microcriminalità”. 

 

Economia e antimafia. Sul Sole24ore un interessante articolo dal titolo “Confisca preventiva, il fisco pesa” spiega che:  “Le Sezioni Unite della Cassazione – sentenza 33451/14, depositata ieri- sciolgono l’apparente contrasto tra le misure di prevenzione previste dalla legge antimafia 575/1965, oggi assorbita dal Codice antimafia (digs 159/2011), e quelle disciplinate da un’altra legge di contrasto alla criminalità organizzata (la 356/92) ma indirizzate contro persone già condannate (confisca cosiddetta “allargata”). Mentre per queste ultime l’evasione fiscale è di fatto irrilevante – e quindi la dimostrazione del “nero” potrebbe paradossalmente giustificare il possesso di beni da parte del condannato, e salvarlo da uno spossessamento più ampio – per la confisca di prevenzione la giurisprudenza è da tempo «granitica» nell’escludere l’apponibilità dell’infedeltà fiscale”.

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