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Rassegna Stampa 28 luglio 2014

di redazione il . Rassegne

Amministratori e intimidazioni – Minacce, bombe, auto bruciate, lettere intimidatorie: gli amministratori che gestiscono gli enti pubblici sono sempre più spesso vittime di atti minatori. E’ record nel sud, ma anche nel Lazio si registra l’aumento di situazioni simili che vedono coinvolti sindaci, assessori, consiglieri comunali, governatori. A certificarlo è la commissione d’inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali: Doris Lo Moro, presidente della commissione, ha affermato che il 2013 ha fatto registrare un atto intimidatorio al giorno. Nei primi sei mesi del 2014 la situazione non sembra migliorare e i numeri restano gli stessi. Come riporta il quotidiano Il Tempo, sembra che a questa situazione non vi sia via d’uscita, a maggior ragione perché la commissione di inchiesta ha riscontrato come la radice del fenomeno delle intimidazioni non sia da ricondurre alla criminalità organizzata, bensì ai cittadini comuni che – anche a causa della crisi economica – sono spinti dalla disperazione ad agire in questo modo. I dati ufficiali del 2013 registrano che dei 351 atti intimidatori quasi tutti sono stati rilevati nelle regioni del sud Italia, ma testimonianze più recenti registrano un aumento del fenomeno anche al Nord. Più esattamente l’80% dei casi avviene nelle regioni meridionali, ma l’8,3% nelle regioni del centro, con una netta prevalenza del Lazio (in cui il fenomeno è cresciuto esponenzialmente, passando dai 5 casi del 2010 ai 15 del 2013). Nelle regioni del nord la percentuale sfora il 12%: Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Piemonte le regioni più colpite. Il “primato” assoluto spetta, però, alla Puglia, in cui nel 2013 sono stati registrati ben 134 casi e nei primi sei mesi di quest’anno si è giunti a 47. Come afferma Doris Lo Moro, gli amministratori continuano a rimanere nel mirino di “chi, in questa drammatica situazione economica, e senza voler giustificare nulla, è arrabbiato per un diniego posto dal sindaco, o di chi cerca di vendicarsi per una promessa, fatta o percepita come tale e poi non mantenuta. Ma in realtà spesso i colpevoli non vengono presi e l’impunità rinvigorisce il fenomeno”.

La bomba a Porta Furba: l’ombra del racket – Forse è da attribuirsi ad un presunto racket legato alle slot machine la bomba esplosa nella notte tra sabato e domenica in un bar di Porta Furba. Tre le persone ferite, una in modo grave: si tratta di una giovane ucraina di 22 anni, ricoverata in gravi condizioni al San Giovanni. A colpire, secondo gli inquirenti, sarebbe stata la banda che ormai da mesi mette a segno colpi proprio alle slot, ma non si esclude la pista del racket. La bomba piazzata al bar “Tati” di via Tuscolana alle 3.20 di sabato notte ha distrutto il locale e ha fatto crollare il pavimento dell’appartamento collocato immediatamente sopra il locale. Si attende, intanto, il referto dei vigili del fuoco sul tipo di esplosivo utilizzato dagli attentatori. Ad essere rimasti feriti nell’esplosione sono un cinquantenne, la figlia e il compagno di questa, tutti ora fuori pericolo, secondo le dichiarazioni dei medici. Il Corriere della Sera riporta le testimonianze di alcuni degli abitanti del palazzo, allontanati la notte stessa, i quali parlano di tragedia mancata: è un tratto di Tuscolana molto popolato e a migliaia si sono svegliati terrorizzati. Il proprietario del locale dichiara di non aver mai subito pressioni o minacce, ma la polizia sta analizzando le denunce per estorsione e tentata estorsione presentate negli ultimi tempi in zona. Gli inquirenti pensano anche alle altre due esplosioni, avvenute sempre in locali con slot machine, a Malagrotta e all’Aurelio.

“Badanti” e malavita organizzata –  Il quotidiano Il Tempo mostra un’indagine in base alla quale, alla radice di molte assunzioni di donne straniere atte ad accudire gli anziani ci sarebbe la malavita organizzata. Spesso, infatti, giovani straniere vengono “arruolate” dalla criminalità organizzata per essere assunte nel ruolo di “badanti” o in alcuni casi di mogli per raggirare anziani signori e prosciugare il loro patrimonio. Si tratterebbe di un giro di affari a sei cifre, gestito da criminali senza scrupolo che si servono soprattutto di donne arrivate dall’est in cerca di una vita migliore e invece ingaggiate per delinquere. L’inganno da una parte, ma anche matrimoni regolari attraverso cui la “badante” o moglie diventerebbe erede unica degli anziani. In Italia arrivano quasi a due milioni le donne assunte dalle famiglie per accudire anziani che altrimenti finirebbero in case di cura o abbandonati a loro stessi. Queste donne, però, spesso finiscono nel giro di un racket che arriva addirittura ad appropriarsi di una parte consistente dello stipendio delle lavoratrici. Parlando di matrimoni, arriva al 10% la percentuale di matrimoni misti tra “badante” e anziano. Su alcune di queste relazioni si aggira l’ombra della malavita organizzata: la malavita individua infatti un soggetto da “incastrare” e poi fa in modo che la donna si proponga, prima come “badante”, poi come moglie. Soldi e pensioni, in questo caso, finiscono direttamente nelle tasche della criminalità organizzata.

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