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A Reggio Calabria “il ricordo lascia il segno”

di Lucia Lipari il . Calabria

La caserma della Polizia Municipale  intitolata ai vigili uccisi Marino e Macheda// –Il potere dei segni contro i segni del potere mafioso. Il coordinamento reggino di Libera ha avviato un intenso percorso che scava nel passato, che recupera la nostra storia più nobile, quella di chi ha resistito, quella più violenta di chi ha affogato questa resistenza nel sangue, e quella più scomoda di chi si è voltato dall’altra parte, di chi è stato complice. La volontà del coordinamento è da sempre quella di restituire alla città le storie delle sue vittime innocenti, recuperando ed approfondendo quelle vite che rischiano di cadere nell’oblio, sentendo sempre viva la necessità di continuare a fare memoria, di prestare la nostra voce, le nostre vite. Giuseppe Marino e Giuseppe Macheda sono caduti per mano criminale nell’adempimento del proprio dovere il 16/04/1993 e il 28/02/1985, il loro contrasto all’abusivismo edilizio si è tradotto in una inappellabile sentenza di condanna. Ieri pomeriggio la città di Reggio Calabria, li ha ricordati in una manifestazione che ha restituito alla memoria collettiva i loro volti. Per loro a piazza Castello, già luogo di memoria in città con l’installazione di fiori recanti i nomi di altre vittime innocenti, è stato piantato un albero di alloro e svelata una targa commemorativa, alla presenza di tutte le autorità intervenute.
In questo cammino, anche l’annunciata intitolazione del comando della Polizia municipale ai vigili urbani barbaramente uccisi, costituisce una tappa fondamentale dalla quale Libera Memoria, a Reggio, riparte, affinché il ricordo lasci quel segno capace di trasformarsi in sogno.  Alimentare impegno e speranza nella ricostruzione di storie sepolte consente di conoscere la sofferenza dei familiari, le loro ferite mai rimarginate, è un abbraccio tardivo che non lava la coscienza ma genera una rete di legami e responsabilità.
“La memoria è questione di resistenza, non di fiori deposti annualmente sulle tombe – scrive Ercole Giap Parini – ricordare significa rivendicare una nuova identità per sé, per il proprio collettivo, per la propria città, opponendosi alle narrazioni costruite da un potere a caccia di consenso e impastate dell’oblio delle vittime di ‘ndrangheta”. E’ imprescindibile un processo di riscrittura della storia della città di Reggio Calabria per costruire una nuova memoria collettiva delle troppe vittime innocenti delle mafie. Va dato fiato alla speranza, va ricostruita attorno a noi vita, per restituire il dovere alla memoria a chi non c’è più.
Rosa Quattrone, responsabile del coordinamento territoriale delle vittime innocenti delle mafie, ci ricorda che: “Ricostruire significa fare finalmente i conti con il nostro passato, scomodo e doloroso, fatto del sangue dei giusti, è un dovere morale, che porterà a confrontarci con la nostra coscienza e metterà in luce le responsabilità ad ogni livello. La storia delle città, il suo racconto, la sua narrazione, avviene attraverso delle “scelte” date dalla nostra scala di valori. Solo il ricordo se diventa storia è il segno-azione del cambiamento collettivo”.
In una terra stremata come la Calabria, come il Sud, va formulata una pedagogia della r-esistenza che strappi al buio i nomi di chi ha pagato a caro prezzo la difesa dei propri ideali. E’ una memoria dovuta e questo è quello di cui parla Francesca Chirico di Stop ‘ndrangheta nel dossier dedicato alla memoria dei due vigili urbani reggini e messo al servizio della campagna di Libera Il ricordo lascia il segno: “La nostra “contro-narrazione” parte dalla ricostruzione delle due vicende di cronaca. Abbiamo provato a delineare lo scenario in cui gli omicidi sono maturati. Abbiamo puntato i riflettori sulla Reggio del “sacco alla città” degli anni Ottanta, quella in cui “comanda il partito dei palazzinari”, come con coraggio denunciava l’ingegnere Demetrio Quattrone, altra vittima di ‘ndrangheta a lungo cancellata dalla memoria cittadina”.

Memoria è funzione sociale, è una stanza dialettica abitata da due prospettive: le nostre azioni rispetto al fluire del tempo, che generano conseguenze che influenzano il futuro, e ancora il presente che dà forma al passato, ordinandolo, ricostruendolo e interpretandone il tesoro.

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