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Rassegna stampa 30 giugno 2014

Cristiana Mastronicola il . Rassegne, Senza categoria

Sopravvissuto alla strage di Capaci e dimenticato dallo stato – “In questo paese per essere ricordati bisogna essere morti”, così Giuseppe Costanza racconta con voce rotta la sua rabbia. Era nell’auto di Giovanni Falcone quel 23 maggio di 22 anni fa, quando il veicolo venne fatto saltare in aria con 572 chili di tritolo. Giuseppe Costanza faceva parte della scorta del magistrato ormai da otto anni. Quel giorno Falcone, atterrato all’aeroporto di Punta Raisi a Palermo di ritorno da Roma, aveva chiesto a Costanza di lasciare che a guidare fosse lui. Accanto al posto di guida, la moglie di Giovanni Falcone, il magistrato Francesca Morvillo. Sull’autostrada che collega Punta Raisi a Palermo, mancavano pochi minuti alle sei del pomeriggio quando un’esplosione fortissima mise fine alla vita del giudice, della moglie e di alcuni uomini della scorta. Quel 23 maggio del 1992 ha cambiato per sempre la vita di Giuseppe Costanza che, spostato in un’altra sezione del Ministero dell’interno, ha continuato a servire lo Stato fino all’età di pensionamento. Il Giornale riporta le parole amareggiate di Costanza che afferma di aver vissuto gli ultimi ventidue anni nella totale indifferenza dello Stato. “Io ero impegnato moralmente con il giudice Falcone”, afferma l’ex agente di scorta. Oltre ad aver subito un abbandono ingiustificato da parte delle istituzioni, Costanza afferma che oggi pende di fronte al Tribunale una causa civile per i benefici di legge per le vittime di attentati di mafia: “le sembra possibile che io debba fare una causa per avere ciò che mi sarebbe garantito dalla legge? Non dovrebbe essere lo Stato stesso che in modo autonomo cerca di risarcire le vittime?”.

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