Mare Nostrum e Frontex , due concezioni diverse per affrontare il fenomeno dell’immigrazione
Sullo spinoso e complesso tema dell’immigrazione ( tutti vorrebbero, a parole, risolverlo mentre, nei fatti, si rimanda sempre), alcuni giorni fa il Ministro dell’Interno Alfano è tornato a ribadire che “..Mare Nostrum è stata concepita come un’operazione a tempo, che non potrà durare all’infinito e Frontex va dotata di mezzi finanziari più ampi” (cfr. L’Avvenire del 27 giugno u.s., pag.7). Ieri, al termine di un incontro a Bruxelles, il presidente del Consiglio Renzi, ha parlato di “Italia meno sola nel Mediterraneo (…) e di basi per poter finalmente dare vita ad un Frontex plus” (cfr. L’Avvenire del 28 giugno). Proviamo ad approfondire quello che sta bollendo in pentola perché il tema è di vitale importanze e, secondo come lo si affronta, ci sono in gioco le vite di migliaia di persone sicuramente non meno importanti della sicurezza dei confini da tutelare. L’attuale scenario operativo è caratterizzato dalla presenza, sin dall’ottobre 2013 ( poco dopo la tragedia di Lampedusa con alcune centinaia di migranti annegati in prossimità dell’isola), dalle navi della nostra Marina Militare (la c.d. operazione Mare Nostrum) a ridosso delle coste libiche. Viceversa, il dispositivo aeronavale della operazione Hermes, coordinata dall’agenzia europea Frontex, opera in una zona di mare molto più vicina alle coste italiane. Una eventuale ridefinizione delle aree operative, come pare stia avvenendo, comporta, evidentemente, una valutazione squisitamente politica perché, se è vero che allontanando il dispositivo di Mare Nostrum dalla Libia si attenua il “polo di attrazione” che tale vicinanza produce, è anche vero che un siffatto allontanamento determina un periodo di permanenza in mare dei migranti maggiore e, quindi, con maggiori pericoli per la loro incolumità. Mare Nostrum e Frontex hanno, poi, due obiettivi diversi da conseguire: il primo quello di soccorrere in mare e di assistere i migranti; il secondo, quello di controllare la frontiera marina ai fini della sicurezza.
Senza contare che Mare Nostrum attualmente è disimpegnato da cinque unità navali della Marina Militare ( integrato da unità della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera che intervengono, in acque internazionali, su richiesta del Corpo delle Capitanerie di Porto per le operazioni di “search an rescue”) ed altre di riserva per fronteggiare le emergenze. Frontex, invece, con il dispositivo Hermes in atto, vede la partecipazione soltanto di due navi italiane ( della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto), di un elicottero della Guardia di Finanza e di un eventuale aereo messo a disposizione, per leemergenze, da uno Stato membro. L’operazione Mare Nostrum costa circa 9,5 milioni di euro al mese mentre Hermes ne costa “appena” 500mila. Il costo medio mensile di un “nuovo dispositivo” aeronavale, impiegando anche “navi hub” (sulle quali trasferire i migranti soccorsi in attesa del loro successivo sbarco a terra), con personale della polizia scientifica, dell’immigrazione, sanitario, di mediazione culturale, viene stimato in circa 12 milioni di euro. Questo consistente onere finanziario dovrebbe essere imputabile a Frontex ( per il 2014 il budget dell’agenzia ammonta a 89 milioni di euro di cui solo 21 usati nelle operazioni in mare) e tutto il dispositivo aeronavale dovrebbe avere un composizione europea con la partecipazione degli altri Stati membri. Molti Stati sono restii ad impegnarsi sul “fronte sud “ e l’auspicio è che questa situazione si possa sbloccare il prossimo 11 luglio in occasione della prima riunione, sotto la Presidenza italiana dell’UE, del Comitato Scientifico su Frontiera, Immigrazione e Asilo (SCIFA). Dubbi e resistenze sono molti ed è stato un pessimo segnale anche quello registrato a Bruxelles, un paio di giorni fa, di non voler superare le rigidità del regolamento Dublino 3 in tema di richiedenti asilo da prendere in carico nel primo paese di “approdo”. Continua, intanto ,l’emergenza umanitaria nel Mediterraneo.
Al 30 giugno 2014, è stato già ampiamente superato il numero (oltre 63mila e, mentre scriviamo, ci sono altri soccorsi in mare) di migranti giunti in tutto il 2013 e nel 2011 (il picco di 62.692 in concomitanza con le rivolte arabe). Che esito hanno avuto le mozioni approvate il 16 maggio u.s. alla Camera dei Deputati e accolte dal Governo, per sollecitare l’UE ad adoperarsi per realizzare un “ufficio europeo dell’immigrazione” in territorio nordafricano per consentire ai profughi che ne abbiano diritto il successivo reinsediamento , in tempi brevissimi, verso tutti i paesi dell’UE? E’ stataavanzata la proposta alla Commissione europea per la creazione di un “centro di accoglienza europeo” per immigrati per poter avviare un diverso percorso per i richiedenti asilo e protezione internazionale? Il Governo sta attuando “centri di accoglienza decentrata di dimensioni medio-piccole finanziati dallo Stato e gestiti dai Comuni”? Sono state prese iniziative, d’intesa con i partner europei per istituire “presidi dell’UE” nei paesi di origine e di transito dei migranti dove poter fare un primo esame delle domande dei richiedenti protezione internazionale?
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