Mafie al Nord, il caso della Valle D’Aosta
di Marika Demaria, giornalista di Narcomafie e referente di Libera Valle d’Aosta///– “Date le premesse complessive, si conferma la necessità di monitorare continuativamente il tessuto economico valdostano, in particolare modo il settore dell’edilizia e le attività connesse al casinò di Saint Vincent, già oggetto di attenzione da parte della Direzione investigativa antimafia”. Si conclude così la relazione inerente alla Valle d’Aosta, pubblicata nel primo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali. Un documento che scandaglia il nord Italia fotografando una realtà permeabile, infiltrata, colonizzata dalle organizzazioni criminali, che ben viene delineata nelle oltre 230 pagine del rapporto che l’onorevole Rosy Bindi, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, ha commissionato al professore universitario Nando dalla Chiesa, direttore dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano, che ha coinvolto un gruppo di suoi giovani ricercatori: Martina Bedetti, Federica Cabras, Ilaria Meli e Roberto Nicolini Un rapporto presentato il 26 giugno, a Torino: una scelta di data non casuale, ma legata alla tragica ricorrenza di trentuno anni fa, quando nel capoluogo piemontese fu ucciso dalla ‘ndrangheta l’allora procuratore capo Bruno Caccia, e alla presenza della Commissione Parlamentare Antimafia, che in questi giorni è in visita in Piemonte.
Nelle pagine che riguardano la piccola regione alpina per troppo tempo considerata – inconsapevolmente o per convenienza – “isola felice” in primo luogo dalle istituzioni, viene spesso citato il volume “L’altra Valle d’Aosta. ‘Ndrangheta, negazionismo e casi irrisolti ai piedi delle Alpi”, a cura di Libera Valle d’Aosta e pubblicato nella collana “I Quaderni di Libera e Narcomafie” a giugno dello scorso anno. In questi ultimi dodici mesi, alcune vicende raccontate in questo libro si sono evolute, altre sono emerse: il rapporto consegnato ieri alla Commissione Parlamentare Antimafia permette dunque di avere importanti aggiornamenti, con riferimenti non solo al volume ma ad alcuni articoli apparsi sul cartaceo e sul sito della rivista «Narcomafie».
Sfogliamo dunque insieme questa sezione del documento istituzionale. I primi riferimenti sono al lavoro della Direzione Nazionale Antimafia del 2010 e ad alcuni fatti di cronaca: gli omicidi nel 1990 a Issogne di Giuseppe Mirabelli, ‘ndranghetista coinvolto nella faida di Pagliarelle avviata nel 1975 con l’uccisione di Antonio Garofalo, padre della testimone di giustizia Lea Garofalo (assassinata il 24 novembre 2009 a Milano proprio dagli esponenti della famiglia Mirabelli), e l’anno successivo a Pont-saint-Martin del confinato Gaetano Neri. Si ricorda inoltre come, già nel 2003, la relazione della Commissione Parlamentare Antimafia confermava “la presenza storica di elementi collegati alle cosche calabresi come gli Iamonte, i Nirta di San Luca, i Facchineri di Cittanova, i Libri di Reggio Calabria, gli Asciutto-Neri-Grimaldi di Taurianova e i Torcasio di Lamezia Terme”.
Infine, l’operazione “Hybris” del giugno 2013, con cinque arresti di persone – Claudio Taccone e i suoi figli Ferdinando e Vincenzo, Santo e Domenico Mammoliti – accusati a vario titolo di tentata estorsione, danneggiamento, rapina, tentato omicidio e lesioni personali, tutti reati contestati con l’aggravante del metodo mafioso. La famiglia Taccone, secondo le indagini condotte dai Carabinieri di Aosta, è sospettata di essere appartenente alla ‘ndrina Pesce di Rosarno, mentre si sospetta che gli altri due imputati appartengano ai Mammoliti di Oppido Mamertina. Ad aprile, gli stessi membri della famiglia Taccone (oltre ad un altro figlio, Alex, minorenne all’epoca dei fatti di “Hybris”) sono stati condannati ad Aosta per aver minacciato ed aggredito una coppia di loro vicini di casi, residenti a Saint-Marcel, comune a una dozzina di chilometri dal capoluogo. Si ricorda inoltre la presenza di esponenti di altre realtà criminali, come soggetti legati alla Stidda agrigentina e al clan gelese degli Emmanuello, senza dimenticare gli interessi della cosca Mandalà per il casinò di Saint Vincent, a seguito di alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Campanella.
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