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Rassegna stampa 27 giugno 2014

di Cristiana Mastronicola il . Rassegne, Senza categoria

Avvenire, la mafia esiste anche al Nord – E’ impressionante la presenza radicata della criminalità organizzata al Nord. Una mafia che si nasconde all’ombra dei piccoli comuni e che non agisce usando la violenza, ma attraverso corruzione e ricerca forsennata del consenso, anche quello politico. Ieri, a Torino, la Commissione parlamentare Antimafia presieduta da Rosy Bindi ha presentato il primo rapporto trimestrale “Le Mafie del Nord”. Prosegue oggi l’incontro, nel giorno del trentunesimo anniversario della morte del procuratore capo di Torino Caccia, assassinato durante un agguato di stampo mafioso nel 1983 e per il quale si chiede di riaprire il processo. Al Nord le aree sicuramente più colpite sono quella di Monza-Brianza nella Lombardia e il Piemonte; poi Emilia Romagna, Liguria e Veneto. Il commento di Rosy Bindi sul rapporto è che questo “dimostra come ci sia una ‘zona grigia’ in cui tutti, se non consapevoli, rischiano di essere complici. Parlo di politici a tutti i livelli, dai piccoli sindaci ai consiglieri regionali e ai parlamentari, amministratori. E anche avvocati, imprenditori che se sanno non parlano. Nessuno deve invece tacere, se sa”. Il Presidente della Commissione aggiunge poi che è necessaria una misura estrema come l’interdizione a vita per coloro che fanno affari con la mafia. Il rapporto parla chiaro sulla penetrazione ormai evidente della criminalità organizzata nel regioni del nord Italia: 306 arresti in Lombardia, 271 in Piemonte, 55 in Liguria, 37 in Emilia Romagna, 58 in Veneto, oltre ai sei comuni sciolti per mafia. Importante anche il numero delle confische: ben 1186 unità confiscate in Lombardia, 181 in Piemonte, 158 in Liguria, 111 in Emilia Romagna, 88 in Veneto, 19 in Friuli e 32 in Trentino. Addirittura raggiungono il numero di 95 i comuni con meno di cinquemila abitanti coinvolti in vicende mafiose e in cui si attesta la presenza di basi della ‘ndrangheta.

Il processo “Caronte” e le condanne ai Ciarelli-Di Silvio – Ieri mattina è stata pronunciata la sentenza definitiva contro il clan Ciarelli-Di Silvio, attivo da anni nella provincia di Latina. Denominati “gli zingari” per la loro origine rom, i Ciarelli-Di Silvio sono conosciuti per la loro spregiudicatezza, ricoprendo spesso il ruolo di braccio operativo delle varie realtà di criminalità organizzata presenti nell’area pontina. 24 erano gli imputati ieri giudicati nell’ambito del processo “Caronte” e ritenuti responsabili, secondo gli inquirenti, della “guerra criminale” che nel 2010 imperversava nella provincia di Latina. Con l’accusa di associazione per delinquere, usura ed estorsione, Carmine Ciarelli, il boss, è stato condannato a 21 anni di reclusione, 15 anni per Costantino Di Silvio e 6 anni e 6 mesi per Giuseppe Di Silvio. Secondo quanto riporta Il Manifesto, il processo “Caronte” nasce in seguito all’arresto di 34 persone avvenuto nell’aprile del 2012 per un blitz della squadra mobile di Latina, di Roma e dell’Anticrimine: il clan Ciarelli-Di Silvio avrebbe costituito “un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati in materia di detenzione, porto e cessione illegale di più armi da sparo, omicidi, tentati omicidi, lesioni, incendi, rapine, estorsioni, usura, trasferimenti fraudolenti di valore e cessione di sostanze stupefacenti”.

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