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I numeri del traffico delle persone nel mondo

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Sul traffico di persone nel mondo è arrivato nei giorni scorsi, puntuale come sempre da quattordici anni a questa parte, il consueto rapporto americano (“Trafficking in persons report”) con cui si danno le “pagelle” a 189 paesi su quanto è stato fatto relativamente al programma delle “tre P” ossia “prosecution, protection, prevention” (repressione, protezione alle vittime, prevenzione). Bocciatura totale di Venezuela, Thailandia e Malesia come i tre paesi dove si sono sviluppate le peggiori pratiche nel traffico di esseri umani e “lista nera” per altri ventitre tra cui Cuba, Russia, Arabia Saudita, Corea del Nord, Iran.

Le dimensioni quantitative del fenomeno, dunque, continuano ad essere davvero sconcertanti sia che si accetti la stima dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) secondo cui sono più di un milione gli esseri umani trafficati ogni anno nel mondo (500mila solo in Europa) che quella fatta dall’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che parla di circa 12milioni di persone sottoposte a sfruttamento lavorativo e sessuale. L’80% delle vittime di tratta sarebbe rappresentato da donne e bambini, in maggioranza minorenni. E’ sorprendente, inoltre, il ruolo importante ricoperto dalle donne nella tratta. Stando al rapporto di qualche anno fa sulla tratta delle bianche ( il primo e unico redatto dall’UNODC nel 2009), basato su informazioni provenienti da 155 paesi, era emerso che le donne rappresentavano anche la componente più numerosa tra i criminali che compiono questa attività criminale. Nell’Europa dell’Est e in Asia Centrale la percentuale delle donne condannate per traffico di persone è addirittura superiore al 60%. Lo sfruttamento dei bambini continua ad essere l’aspetto più drammatico. In alcune zone dell’Africa e nel delta del Mekong, sono i più sfruttati, destinati a cucire borse e vestiti di lusso, a raccogliere cacao, a chiedere l’elemosina, a praticare la prostituzione, ad essere schiavizzati da pedofili. Altri minori vengono venduti, le bambine come spose, i ragazzi come fantini per i cammelli, altri come soldati in zone di guerra. Un quadro informativo ancora carente come ebbe a dichiarare Antonio Costa allora direttore esecutivo dell’UNODC:”Questo rapporto aumenta la nostra comprensione dei moderni mercati della schiavitù…fa emergere anche la nostra ignoranza…abbiamo un quadro che è di carattere impressionistico e, comunque, manca di profondità. Temiamo che il problema sia ancora maggiore di quanto i nostri dati ipotizzano ma non possiamo provarlo per mancanza di informazione adeguata, per l’ostruzionismo dei governi”. La realtà è che la schiavitù , a partire da quella c.d. storica (a quei tempi regolata dalle leggi) ha avuto un ruolo centrale nella storia di molti paesi. Si pensi ai rilevanti interessi economici nel traffico degli schiavi che avevano la stragrande maggioranza degli uomini d’affari newyorchesi della fine del Settecento. Lo stesso presidente George Washington era “proprietario” di un centinaio di schiavi di colore e Thomas Jefferson, nel 1776, quando partecipò alla scrittura della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, possedeva oltre 100 schiavi. Si e dovuto aspettare 150 anni quando, nel 2009, dopo l’insediamento alla Casa Bianca del primo presidente nero nella storia degli Usa, il Senato americano ha approvato, all’unanimità, una risoluzione con cui chiedeva scusa agli afroamericani per la schiavitù e la segregazione razziale. Scuse formali mai arrivate, invece, dagli inglesi, anche loro arricchitisi a spese degli schiavi, nel timore che una tale ammissione avrebbe potuto determinare una marea di ricorsi legali. Basti ricordare che i fratelli Rothschild, fondatori della nota banca d’affari inglese, usavano gli schiavi per garantire un prestito! I neri d’Africa erano forti e robusti come muli e garantivano almeno un decennio di duro lavoro.

Ad iniziare la tratta, nel secolo XV sono stati i portoghesi attivando un gigantesco mercato che aveva il Golfo di Guinea (ribattezzato il Golfo degli schiavi) l’epicentro delle esportazioni di “merce umana” attraverso l’Atlantico verso Haiti, Cuba, Brasile, Santo Domingo. Legati nelle stive di queste navi negriere si è ritenuto che il 50, forse il 70% di schiavi non arrivasse a destinazione a causa delle terribili condizioni in cui venivano trasportati. Alcune ricerche fatte negli anni passati hanno evidenziato come le rotte più seguite dagli squali nei loro trasferimenti oceanici corrispondesse perfettamente a quelle delle navi negriere. La massima espansione del traffico si ebbe nella seconda metà del Settecento, il periodo storico coincidente con la diffusione dell’Illuminismo. Ma gli schiavi interessavano poco le nuove idee e persino Voltaire, filosofo francese e simbolo di questo periodo, investiva gran parte dei suoi guadagni nelle compagnie schiaviste. La rivoluzione francese abolì la schiavitù ma pochi rinunciarono agli affari tanto più che il prezzo, in un mercato vietato, crebbe notevolmente. Oggi stiamo ancora a parlare di tratta delle persone e di schiavitù ( quella moderna, vietata dalle leggi), di contrabbando di esseri umani gestito da bande criminali che non si fanno scrupoli di maltrattare, bastonare, ammassare uomini, donne incinte, disabili e minori, su gommoni poco galleggiabili per affrontare le traversate marine in molte parti del mondo. Sarebbe davvero “criminale” interrompere l’attività di Mare Nostrum che ha consentito, sino ad oggi, di soccorrere oltre 48mila migranti-profughi nel mar libico e nello stretto di Sicilia. L’Italia, però, non può essere lasciata ancora sola.

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