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Rassegna stampa 20 giugno 2014

di redazione il . Rassegne

Viminale, ipotesi contro corruzione – Corruzione e concussione, nei protocolli di legalità, devono essere equiparate all’infiltrazione mafiosa. Nel caso in cui vi fosse inquinamento da tentativi di tangenti, l’appalto pubblico verrebbe annullato. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, l’ipotesi è giunta al Ministero dell’Interno: il viceministro Bubbico (Pd) ha scritto una lettera al Ministro dell’Interno Alfano, in cui spiega la strada da percorrere: si introduce la novità nei protocolli di legalità per risolvere i contratti, con una clausola espressa, se c’è un accertamento giudiziario su fatti corruttivi. Sulla stessa linea si muove la proposta di Raffaele Cantone, numero uno dell’Anticorruzione, che propone di dare poteri ai prefetti per commissariare le imprese coinvolte in appalti contaminati dalle tangenti. Da tener conto è lo sfondo su cui queste ipotesi si muovono: quello delle norme dell’anticorruzione in fase progressiva di assimilazione a quelle più rigide antimafia.

Iovine, il sistema per comprare le sentenze – La “tangentopoli delle sentenze”, è così che Il Mattino chiama quel sistema che sta emergendo dalle confessioni del superboss Iovine, nel corso del filone di indagini che punta a verificare proprio l’esistenza di una sorta di apparato nato per la compravendita di assoluzioni, negli anni in cui il potere dei casalesi era al culmine. Cancellieri, avvocati e magistrati sembrano essere i protagonisti delle deposizioni del boss casalese. quello a cui allude il pentito è l’ideazione di un modo per incardinare un processo con tante condanne in primo grado davanti ai cosiddetti giudici “amici”. Sull’ipotesi della presunta “struttura occulta” si muovono, non solo le Procure di Napoli e Roma, ma anche il Csm. Un’inchiesta condotta dai pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, si cerca di far luce sull’esistenza di un tariffario. Duecentomila euro in cambio di assoluzioni, richieste di denaro ai boss Iovine e Zagaria per ribaltare i verdetti di primo grado. Il superpentito accenna anche al clan dei Bidognetti, facendo finire nel mirino delle indagini anche alcuni processi del boss Francesco Bidognettie gli affiliati. L’indagine sembra toccare, però, anche altri aspetti: ci sono ricerche in corso anche su perizie e consulenze tecniche, quelle destinate a spostare l’attenzione dei giudici sulla responsabilità di presunti mandanti e esecutori di omicidi e agguati.

La ‘ndrangheta come banca usuraia in Lombardia – L’operazione “‘ndrangheta banking” ha portato all’arresto, giovedì 19 giugno, di 17 persone, tra Reggio Calabria e Milano dai carabinieri del Ros e dal comando provinciale reggino, sotto il coordinamento della procura antimafia di Reggio Calabria. Le indagini hanno portato a galla l’esistenza di un “sistema creditizio parallelo”, di cui le cosche della ‘ndrangheta del capoluogo calabrese e Rosarno si servivano per erogare prestiti a tassi usurai a imprenditori calabresi e lombardi. Associazione di tipo mafioso, usura, estorsione, esercizio abusivo dell’atività creditizia e intestazione fittizia di beni: questi i capi d’accusa pendenti sugli arrestati. Reati questi aggravati dalle finalità mafiose. Secondo quanto riportato da l’Avvenire, i 17 arresti sono stati accompagnati dal sequestro di beni aziendali e quote societarie per un valore di 8 milioni di euro. Il patrimonio finanziario gestito dai clan proveniva dalle attività illecite delle stesse cosche, che arrivavano ad applicare tassi di usura mensili del 20%, affiancati dalle diverse cessioni di quote societarie e trasferimenti della titolarità di immobili. Tra i clan nel mirino dell’indagine ci sono i Condello e Imeriti di Reggio e Pesce e Bellocco di Rosarno. Al centro della questione ci sarebbe Domenico Favara, considerato come il collettore degli interessi dei clan e capo di un gruppo preposto all’individuazione di imprenditori in difficoltà. “‘Ndrangheta Banking” comprende anche le acquisizioni della Dia nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Milano nei confronti dei tre arrestati. Ros e Dia di Milano sembrano aver accertato i Pesce-Bellocco avevano costituito un’articolazione territoriale capace di mettere in moto un “lento e graduale processo di ‘aggressione’ del patrimonio immobiliare e mobiliare dell’imprenditoria milanese, con estorsione e usura. le indagini rivelano, inoltre, che Favara si sia mosso appoggiandosi alle realtà associative di ‘ndrangheta e malavita comune già radicate sul territorio lombardo.

 

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