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A Cassino il “ristorante della legalità”. “Civico Sociale” utilizzerà i prodotti di Nco e Libera Terra

di Cristiana Mastronicola il . Lazio

Sino a qualche anno fa qui non si poteva neppure parlare di mafia. Adesso a Cassino un ristorante utilizzerà i beni prodotti sui terreni confiscati ai boss. L’inaugurazione lo scorso 18 giugno di “Civico Sociale”  è dunque un altro tassello del percorso culturale antimafia e una speranza per il futuro di quest’area. Il taglio del nastro è avvenuto al cospetto delle più alte cariche istituzionali del territorio ed è il risultato dalle esperienze crude e tristi figlie di questa terra: da una parte l’affermazione dell’esistenza della criminalità organizzata nel frusinate, dall’altra il riscatto di due giovani che, raccolti dalla strada, vedono oggi in “Civico Sociale” il futuro che era stato loro negato.

Terre di mezzo, terre di camorra. “Civico Sociale” nasce a Cassino, nella “terra di mezzo”, in quella porzione di territorio che dalle sponde del Garigliano si estende fino a Frosinone. La presenza di alte autorità locali, durante l’inaugurazione, diventa l’occasione per dire pubblicamente che qui la camorra esiste. Si muove silente, è riservata e schiva, ma c’è. Non è sempre visibile, talvolta non spara e uccide ma il risultato in fondo è lo stesso: la capacità di sostituirsi a uno Stato troppo debole, che ignora i segnali che dal territorio invece arrivano. Stereotipi, un po’ di omertà e tanta noncuranza hanno fatto di questa terra l’oasi felice della camorra. Napoli e il casertano (distante solo venti chilometri) hanno sono stati una sorta di schermo per la criminalità che, senza grandi intoppi, ha potuto per decenni portare avanti indisturbata il proprio operato, servendosi della zona come approdo sicuro di latitanza e al contempo di affari Le operazioni antimafia che si sono succedute nel tempo, la Grande Muraglia, Safty-Car e Ca-morra, hanno puntato i riflettori su Cassino e dintorni e portato a galla una rete mafiosa che copriva, con una certa sapienza, tutto il basso Lazio. Ma le indagini non hanno fermato l’avanzata dell’economia criminale della camorra che, seguendo il confine sottile fra legale e illegale,  è andata avanti per la sua strada. La presenza stabile e radicata della criminalità organizzata a Cassino risale agli anni ’90 quando Carmine Schiavone e il noto “intoccabile”, Cipriano Chianese, avevano messo le mani sugli affari del basso Lazio. A confermarlo, durante l’inaugurazione anche Cristiano Tatarelli, primo dirigente del Commissariato di Scampia che osserva: “a dire che non esiste la criminalità organizzata si fa male a noi stessi. Ora che è stata presa consapevolezza del fenomeno va affrontato dal punto di vista economico. Il problema fondamentale è il riutilizzo dei beni”.

Perché nasce “Civico Sociale”. Il terreno su cui si muove la criminalità organizzata del basso frusinate ha fatto da humus per “Civico Sociale”. Il principio etico su cui si fonda la “trattoria a km 0” è quello di poter diventare avamposto culturale e economico nella battaglia ai clan. Non è un percorso solitario quello che  scelto dagli animatori del ristorante. Accanto a loro ci saranno associazioni e istituzioni che li sosterranno nel mettere al centro valori come la coerenza, la coscienza individuale e collettiva. Come afferma durante l’incontro, il Prefetto di Frosinone Zarrilli, “finalmente anche nel frusinate si inaugura un posto così, in cui è evidente l’innalzamento della legalità. In provincia di Palermo abbiamo inaugurato un agriturismo su un bene confiscato, a Ottaviano le scuderie della villa di Cutolo sono diventate luogo di formazione per l’organizzazione ottimale del bene. Perché se il bene non è sfruttato al massimo è una sconfitta per noi”. Simona Di Mambro – responsabile della Casa Famiglia in cui sono cresciuti i giovani che lavoreranno nel locale – porta l’attenzione sull’importanza che una esperienza come “Civico Sociale” riveste per il futuro di giovani che, strappati dalla strada e riavvicinati ad un lavoro che in passato gli è stato negato. La rivoluzione di “Civico Sociale” ha dunque una doppia funzione: si rivolge all’esterno affermandosi come portatrice di legalità in una società permeata dalla cultura mafiosa da un lato e si proietta all’interno come possibilità concreta di riscatto per i ragazzi considerati come “cittadini di serie B”, dall’altro. “Credo che questo locale rappresenti un passo importante nella lotta alle organizzazioni mafiose -commenta il prefetto di Frosinone, De Matteis – e questo fa onore al prefetto e al primo cittadino e dimostra che le istituzioni sono in prima linea nella lotta alla camorra”. “Abbiamo fatto un altro pacco alla camorra”, aggiunge il sindaco di Cassino, Petrarcone, riprendendo lo slogan della cooperativa Nuova Cooperativa Organizzata che fornirà insieme a Libera Terra, i prodotti biologici raccolti nelle zone limitrofe. Servendosi dello stesso acronimo della camorra di Cutolo, NCO si occupa di una filiera produttiva etica che opera attraverso l’educazione, l’integrazione lavorativa e il recupero sociale di persone momentaneamente in difficoltà. Minorenni, tossicodipendenti e sofferenti psichici sono impegnati nelle attività di agricoltura sociale sui terreni confiscati ai casalesi. Ciro, referente del terreno confiscato a Sessa Aurunca (Ce), vede nell’iniziativa di “Civico Sociale”  “un ulteriore seme” piantato sulla strada della legalità: “riappropriamoci dei termini e delle nostre terre, questo è un dovere di tutti. “NCO” spera e crede di raccogliere quello che la magistratura ci consegna, per percorrere la strada insieme. Cerchiamo di fare quello che fa la criminalità organizzata: organizzarsi e, insieme, crederci”. La presenza di Viola di Coldiretti porta a galla la questione del “Mof” (mercato ortofrutticolo) di Fondi (Lt), che, invece di rappresentare il volano dell’economia agricola del Lazio è oggi una “palla al piede, perché è lì che si perpetrano truffe a danno non solo di Coldiretti, ma anche dei consumatori”. Il magistrato Magi – estensore della sentenza di primo grado contro il clan dei casalesi nel processo Spartacus – aggiunge  “ci illudiamo che la sanzione serva a reprimere la condotta illecita e di rilanciare un progetto di vita comune che è invece contraddistinta da sopraffazione, scorciatoie e violenza”. Magi pone l’accento sulle opportunità che i beni confiscati rappresentano per un territorio, affermando: “sono un progetto concreto di impiego e l’unica reale opportunità di riscatto sociale passa sta nella loro messa a frutto, non solo simbolica, ma economica e produttiva, capace di realizzare un margine di reddito”. Il ristorante “Civico Sociale” non è però un percorso isolato. Un altro importante esempio di realtà che reagisce alla criminalità organizzata è quella del riutilizzo della sala Bingo di Ferentino (Fr) che, fatta saltare in aria dal clan, è stata poi confiscata e subito riabilitata. Importante l’appello lanciato dal  dirigente della squadra mobile di Frosinone Bianchi, alla società civile: “le istituzioni arrivano fino ad un certo punto, poi deve concorrere il sostegno della società”. C’è una sinergia da riattivare, un sistema che necessita di essere rimesso in moto per far sì che la lotta alla criminalità organizzata dia risultati concreti. Perché il sistema funzioni, è necessario che i cittadini comprendano a pieno che i beni confiscati sono beni comuni che sono stati sottratti con la violenza economico criminale dai clan e devono tornare nella disponibilità e al servizio di tutti i cittadini.

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