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Colleferro, le fiamme sulla Valle del Sacco:un’enorme nube nera sulla montagna di rifiuti

a cura di Libera Colleferro* il . Lazio

É l’11 giugno e  intorno alle ore 14 e 30  presso la discarica di Colleferro, in località Colle Fagiolara, al confine con il comune di Paliano, si è verificato un incendio.  Il rogo si è generato nella parte centrale della discarica, nei pressi degli uffici amministrativi, in un settore in disuso dal conferimento di materiale e le fiamme si sono propagate per 150 metri. Un’enorme nube nera si è alzata dalla montagna di rifiuti e ha raggiunto i paesi limitrofi, rendendo l’aria irrespirabile e costringendo i cittadini a tenere le finestre chiuse.

Ad un anno di distanza dai due incendi avvenuti uno ad un impianto di trattamento di rifiuti non lontano dalla discarica, l’altro in una delle due linee di incenerimento di Colleferro, la popolazione della Valle del Sacco continua a subire seri danni alla salute. La gestione dei rifiuti, con sistemi che non hanno mai potuto tener conto della riduzione derivante dal riuso e della diminuzione della quantità di rifiuti prodotti, è stata sostenuta con il ricatto di assorbire quella manodopera, espulsa da quelle fabbriche che per anni hanno inquinato il nostro territorio.

L’operazione di spegnimento del rogo è durata diverse ore ed ha messo in lucel’inadeguatezza di un piano anti-incendio all’interno della discarica, tale da assicurare in casi di emergenza la tutela e la salute dei cittadini.

Quanta diossina sarà uscita, confusa tra quei fumi? Una Valle dimenticata, quella del Sacco, situata a 51 km da Roma, che prende il nome dall’omonimo fiume, uno dei corsi d’acqua più inquinati d’Italia. Un luogo caratterizzato da un significativo impatto ambientale, dove l’aria, l’acqua e la terra risultano essere stati compromessi da un dissennato sviluppo industriale e in cui da anni si sta consumando un lento e silenzioso biocidio.

Sono i numeri a raccontarci la storia di questa Valle: sono infatti 117mila gli ettari di terreno tra Colleferro e Frosinone avvelenati dal betaesaclorocicloesano, un derivato della lavorazione del lindano che veniva prodotto nelle industrie chimiche situate lungo il fiume, responsabili di aver sotterrato più di 300 fusti tossici all’interno dell’area industriale. Un vero e proprio disastro ambientale che ha portato alla chiusura di più di 50 aziende agricole e all’abbattimento di circa 6000 capi di bestiame, fino all’interdizione dell’intera zona all’uso umano, agricolo e zootecnico.

In questo contesto, come se non bastasse, sono stati realizzati due inceneritori, unadiscarica (la seconda più grande del Lazio dopo Malagrotta) ed uno stabilimento che brucia pneumatici ad Anagni, i quali sono solo alcuni degli impianti di smaltimento dei rifiuti presenti nella Valle del Sacco. I due inceneritori di Colleferro, in particolare, costruiti senza tenere conto dei rilievi che faceva la Asl competente e delle proteste dei cittadini che anzi vennero denunciati, sono oggi al centro di un processo penale iniziato il 12 novembre 2013 con il rinvio a giudizio dei 26 indagati. I capi di imputazione sono da ricondurre in gran parte a crimini ambientali di vario genere:dallo smaltimento illecito dei rifiuti, alla falsificazione di certificati di conferimento, alla modifica dei valori limite riguardanti le emissioni in atmosfera, alle intimidazioni ai dipendenti perché non collaborassero con il NOE, all’omissione dei poteri di controllo.

In pratica si bruciava di tutto: tubi, radiatori, “monnezza” allo stato puro, mentre il sistemaSick di controllo delle emissioni, veniva manomesso manualmente, così che le emissioni risultassero tutte in regola. Dietro questi numeri però, riportati nei tanti documenti, nei faldoni dei Tribunali, negli acronimi e nei termini tecnici del tutto incomprensibili ai più, si nascondono i drammi e le tragedie che subiscono gli abitanti di questa Valle. Sì, perché questa scia di veleni è reale ed uccide. Nel nostro territorio si continuano a sostenere scelte scellerate nella gestione dei rifiuti, ma è davvero arrivato il momento di pretendere  dai nostri amministratori una corretta gestione del rifiuto basata sul riuso, la riduzione, il riciclo e quindi sulla raccolta differenziata porta a porta e che sia attenta sia al mantenimento dei livelli occupazionali, ma anche e soprattutto alla tutela e alla salute dei cittadini.

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