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Terremoto Emilia-Romagna: il lavoro dell’Osservatorio sulla ricostruzione nella legalità

di Santo Della Volpe il . L'analisi

Due anni fa la terra ha ferito l’Emilia Romagna: quel terremoto, le due scosse di magnitudo 5,9 e 5,8 della scala Richter che il 20 e il 29 maggio 2012 sconvolsero la pianura emiliana, in particolare nell’area compresa tra Bologna, Ferrara e Modena, provocando 28 morti, più di 300 feriti, 45mila sfollati e danni per oltre 13 miliardi di euro. La ricostruzione, com’è tradizione da queste parti, è cominciata subito. Tutti, dai cittadini alle istituzioni, hanno lavorato e, da due anni da quel sisma, si può dire che molto sia stato fatto. Ed a differenza di altre tristi occasioni di terremoti avvenuti in Italia (terra purtroppo soggetta a questi movimenti tellurici che contraddistinguono la “giovane” età del nostro territorio), si è voluto costituire un Ossservatorio sulla ricostruzione che affermasse la legalità nelle pratiche di ricostruzione, aiutasse con il suo lavoro a costruire una barriera contro ogni tentativo di infiltrazione di persone e ditte legate alla malavita organizzata. Un Osservatorio che si confrontasse costantemente con la popolazione e le istituzioni, le associazioni, i sindacati, gli organi professionali e dell’imprenditoria che in Emila Romagna sono impegnati nella ricostruzione. Gli Enti proponenti (Sindacati, Cooperative in primo luogo) hanno scelto Libera Informazione per coordinare questo progetto che, partito a gennaio del 2014, sta raccogliendo risultati molto importanti, soprattutto nel raggiungimento dello scopo finale: dare rappresentazione ai rischi di infiltrazione ed alle contromisure in atto, legando le istituzioni con il territorio, i soggetti (le associazioni, gli Enti Locali e le popolazioni colpite) con le istituzioni che coordinano la ricostruzione e la legalità, dal Commissariato straordinario e presidenza della Regione, al Ministero degli Interni. Come scritto nel nostro progetto, fra le finalità del nostro Osservatorio c’è “il monitoraggio del processo di ricostruzione post sisma relativamente ai fenomeni di infiltrazione mafiosa, individuandone le aree di rischio e gli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata messi in campo da istituzioni, organizzazioni imprenditoriali e sindacali, associazioni, valutandone i risultati”.

Gli obiettivi sono da un lato quello di formalizzare un dossier sulle “buone pratiche” messe in campo dal sistema “emiliano – romagnolo” nella ricostruzione post sisma e, dall’altro, sensibilizzare i cittadini, attraverso i media e il tessuto associativo e produttivo, rispetto ai potenziali rischi, diffondendo proposte di contrasto alle mafie concrete. Perché “risulta sempre più necessaria una presa di coscienza da parte della cittadinanza della presenza delle mafie nei territori emiliano romagnoli. Il riconoscimento delle mafie e il loro contrasto sono tematiche che non possono rimanere appannaggio delle istituzioni e di quelle realtà associative e imprenditoriali più sensibili di altre. Coerentemente con le leggi regionali operative in questi ambiti, riteniamo sia fondamentale diffondere una cultura della legalità a diversi livelli e in tutta la cittadinanza mettendo in evidenza sia i rischi della presenza mafiosa sia le proposte operative per contrastarla”. Dopo 5 mesi di lavoro, di incontri con le istituzioni, i Comuni interessati alla ricostruzione, le associazioni sul territorio e la formazione di un vero e proprio comitato di gestione dell’Osservatorio nel quale sono rappresentate le organizzazioni sindacali, Libera, gli enti locali e professionali di chi oggi opera nella ricostruzione, abbiamo messo in evidenza alcune positività, criticità e necessità, in un quadro d’insieme che abbiamo presentato a chi deve valutare ed intervenire perché la Legalità sia rispettata negli appalti, nella ricostruzione del pubblico come del privato; ricordando le difficoltà che abbiamo rilevato e contribuendo alla discussione su come intervenire per accelerare la ricostruzione, senza perdere il “passo della legalità”.
Presenteremo presto in una conferenza stampa questi primi risultati raggiunti: ma è bene fare un primo generico punto della situazione della ricostruzione post terremoto in Emilia Romagna, a due anni da quelle due forti scosse. Il governatore dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, nella sua qualità di Commissario straordinario per la ricostruzione, si è speso molto, per avviare prima e per realizzare poi l’opera di ricostruzione. Ci ha messo la faccia garantendo che non un euro di più di quel che serve per riparare i danni sarà chiesto allo Stato e speso dalla pubblica amministrazione. Ha rifiutato la logica delle “new town” e tenuto lontano gli affaristi, che pure sono arrivati in Emilia a passo di carica. Abbiamo costatato che questo è stato possibile anche grazie alla sensibilizzazione che da anni gli Enti Locali (regione, Provincie e Comuni) hanno portato avanti anche con Libera e Libera Informazione. Ma determinante è stata una forte cultura della democrazia e della partecipazione, un grande impegno degli Enti Locali, pur tra differenze e difficoltà dovute in gran parte al fatto che sino al 2012 un terremoto in queste zone era pensato come avvenimento irrealistico. Ma non era così: e su questa parte della Cultura delle prevenzione, scientifica e della preparazione della cittadinanza, bisognerà lavorare molto in futuro.

I governi, Monti e Letta, nel momento più difficile per il nostro Paese, hanno stanziato risorse molto consistenti (8,5 miliardi di euro) per rifare come prima e più sicuri di prima i centri storici e i 14mila vecchi palazzi distrutti, per riaprire le 570 scuole e le 290 chiese danneggiate, per finanziare con il super mutuo da 6 miliardi contratto dallo Stato con la Cassa Depositi e Prestiti la ricostruzione dei 33mila edifici privati, tra case private e aziende, lesionati dalle scosse. E’ poi riuscito ad ottenere dal governo Letta, nel febbraio del 2013, la garanzia del risarcimento del 100% del danno per chi ha avuto la casa o l’azienda danneggiata, e a quel punto le pratiche, i progetti e i cantieri hanno cominciato a camminare.
Qui si è inserito un primo lavoro del nostro Osservatorio; affinché in questi appalti e risarcimenti non si manifestassero illegalità ed infiltrazioni. Qui abbiamo riscontrato una prima criticità, quando molte segnalazioni hanno messo in risalto che sul movimento e smaltimento delle macerie i controlli potevano essere fatti in modo più accurato,anche e soprattutto sulle ditte che si sono presentate e che hanno fatto i lavori nelle fasi immediatamente successive al terremoto.
E’ poi partito, grazie alle istituzioni sul territorio, un lavoro quotidiano e continuo di controllo, possibile grazie alla White List delle aziende che si è applicata per gli appalti pubblici e che poi, pur con tanti problemi, si è gradatamente estesa ai privati. Ma in questa fase, una delle criticità è apparsa subito nella limitatezza degli uffici e delle burocrazie nazionali e talvolta locali, soprattutto a livello comunale dove, comprensibilmente, gli uffici tecnici non erano sufficientemente preparati, soprattutto numericamente, ad affrontare i “numeri” della ricostruzione. Ma è prevalso poi,nel complesso, un controllo più attento ed “in corso d’opera” della valutazione delle tante ditte ed aziende che si presentano, spesso direttamente ai privati, per aprire cantieri. Sapere chi c’è dietro anche ad una piccola azienda costruttrice o di movimentazione, diventa importante per evitare infiltrazioni mafiose.
Inizialmente poi, in Emilia Romagna, è stata fatta (dal Commissario straordinario) la scelta di installare poche tendopoli, pochi container e pochi moduli abitativi – e tutti per il minor tempo possibile – optando per i “contributi di autonoma sistemazione” e prevedendo nelle clausole d’appalto il montaggio e lo smontaggio delle strutture provvisorie, per accelerare il ritorno degli sfollati nelle loro case, degli studenti nelle loro scuole, degli operatori pubblici e privati nei loro servizi e nei loro negozi. Una scelta che ha messo in moto il meccanismo della ricostruzione,ma che ora sconta qualche ritardo, per altro plausibile.

Ora, a due anni di distanza, si può dire che la ricostruzione dell’Emilia ferita è a metà dell’opera. Tra molte luci e qualche ombra. I dati ancora negativi sono, nell’ordine: le 15mila persone, pari a un terzo degli sfollati, che vivono ancora fuori casa; i 1.800 terremotati che stanno ancora nei container a Mirandola, Cavezzo, Concordia, San Possidonio, Novi, San Felice e Cento; i 600 agricoltori che abitano nei moduli provvisori a fianco delle loro aziende ancora non ristrutturate; la burocrazia che fa procedere a rilento le pratiche di ricostruzione degli edifici, soprattutto nei centri storici; la fiscalità di vantaggio per cittadini e imprese del “cratere” che ancora non è applicata.. Le buone notizie invece sono: più della metà delle risorse stanziate (quasi 5 miliardi di euro) sono già state impegnate nei progetti di ricostruzione; 15 mesi dopo l’avvio concreto dei cantieri, gli edifici ricostruiti sono 1.572, mentre gran parte dei 6.345 progetti presentati sono già stati approvati e finanziati; sette famiglie su dieci sono già potute rientrare nelle loro case; dei 40mila cassintegrati che c’erano all’indomani del sisma, ne sono rimasti soltanto 215; tre quarti delle scuole e poco meno della metà dei palazzi pubblici sono di nuovo agibili o in via di ristrutturazione, le tendopoli non ci sono più da tempo, e i primi moduli e container sono stati smontati.
E per la legalità nella ricostruzione possiamo valutare i primi risultati: i controlli antimafia hanno sinora funzionato, e la criminalità organizzata per ora ha soltanto lambito il grande business della ricostruzione . Una ventina le aziende espulse dai cantieri, alcune di grande peso nazionale, spesso riemerse in altre grandi opere in allestimento in Italia.

Ma, a questo punto del lavoro dell’Osservatorio, ci sembra che si debba rilanciare la ricostruzione “in legalità” mettendo in risalto anche le necessità per risolvere i ritardi, relativi ma esistenti; affinché la legalità, i controlli, non vengano percepiti come lacci o impedimenti, ma come occasione di sviluppo e di futuro tranquillo per famiglie ed imprese. E tra le necessità mettiamo in risalto l’importanza di una legge quadro nazionale sulle emergenze con ampi margini di personalizzazione rispetto al territorio interessato e al tipo di emergenza. La regolamentazione del subappalto anche nei lavori privati e la rivalutazione della normativa esistente per i lavori pubblici. L’aumento dei controlli in cantiere ad opera di personale terzo ed estraneo alla realtà dello specifico territorio: non solo controlli AUSL e DPL ma anche di tecnici pubblici che valutino in corso d’opera la conformità dell’eseguito con quanto progettato. Il controllo e registrazione automatica degli ingressi e delle uscite dal cantiere (mezzi, imprese, ecc.). La semplificazione “ragionata” delle procedure autorizzative, che non significa senza regole ma con regole certe, chiare e possibilmente per obiettivi. Anche tramite l’individuazione di modulistica e iter standard tra i diversi comuni con tempistica certa. La necessità di controllare e vigilare ,concordando le modalità con gli ordini professionali, affinché non si arrivi ad eccessive se non abnormi concentrazioni di pratiche e progetti di ricostruzione in alcuni studi di progettazione. Troppe pratiche in poche mani, significherebbero subappalti anche progettuali, con tutte le conseguenze negative per il rischio di infiltrazione nei cantieri che questo comporterebbe. Anche su questi argomenti, esempi di un piano di lavoro più vasto ed articolato, l’Osservatorio ha già lavorato. Ma intendiamo in futuro aumentare gli Incontri con la cittadinanza, gli Enti Locali e con i professionisti, finalizzati a raccontare i fatti e ad evidenziare le situazioni critiche, con l’obiettivo di aiutare ad evitare situazioni di piccole e grandi illegalità. Così come intendiamo mobilitare su queste attenzioni, criticità e positività l’informazione locale e nazionale.
Con il fine ultimo, ma costantemente presente, di una ricostruzione pulita in tutti i suoi aspetti, a fianco delle Istituzioni ed intransigenti contro ogni pericolo di infiltrazione mafiose o di micro illegalità. E vorremmo che con i rappresentati delle Istituzioni centrali, dai Prefetti delle zone colpite agli organi di polizia e dello Stato che vigilano sulla legalità, ci siano rapporti ancora più stretti ed intensi. Per un lavoro ricco di intenti comuni. La legalità nella ricostruzione post terremoto del 2012.

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