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“Criptovalute” e nuove chance per i criminali

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Quando poco più di cinque mesi fa, negli USA, l’FBI chiudeva il sito di Silk Road, arrestando il suo gestore Ross William Ulbricht, con l’accusa di traffico di droghe on line e riciclaggio, gli sequestrava anche transazioni di bitcoin per circa tre milioni di dollari: ben pochi sapevano che si trattava di una “cripto-valuta”. Nella top ten delle parole on line del 2013, la moneta virtuale“bitcoin” è stata addirittura in terza posizione. E’ davvero straordinaria l’accelerazione che la tecnologia è riuscita ad imprimere ai mercati mondiali negli ultimi anni. Non solo a quelli azionari e finanziari ma anche a quelli illeciti e, tra questi, il mercato internazionale delle armi e degli stupefacenti, dove il fare trading on line, standosene comodamente a casa, si sta diffondendo sempre più. Pagare con la moneta virtuale (esiste soltanto in rete), rende l’attività di contrasto, già molto difficile in sé, ulteriormente più complessa. La caratteristica della non tracciabilità rende le valute digitali particolarmente appetibili per la criminalità nei vari traffici illeciti e per le operazioni di riciclaggio di denaro. Anche gli organismi federali di polizia americani sono particolarmente preoccupati dell’utilizzo che può esser fatto, da parte dei criminali, della cripto-valuta. Sta di fatto che, già a fine novembre 2013, il Congresso di Washington, sentiti sul tema i ministeri del Tesoro e della Giustizia, i servizi segreti e la Federal Reserve, aveva reputato necessaria una regolamentazione ed un controllo, per evitare speculazioni e abusi e, soprattutto, per l’uso in affari criminali, escludendo, aalmeno per ora, il divieto di usarla come strumento di pagamento.

Sono diversi i siti internet che consentono l’utilizzo nelle transazioni di bitcoin il cui valore è piuttosto oscillante. La quotazione media del bitcoin, in questo scorcio del 2014, è di circa di 500 dollari ( nel 2013, punte fino a più di 1.000 dollari) che corrisponde, grosso modo ad una circolazione globale pari a circa 5,4 miliardi di dollari, con un picco, nel dicembre 2013, di circa 14 miliardi. Il valore di un bitcoin è interamente affidato alle leggi della domanda e dell’offerta. La moneta, creata nel 2009 da una persona che la letteratura su internet ha fatto risalire ad un anonimo che si sarebbe nascosto dietro lo pseudonimo giapponese Satoshi Nakamoto, non è ovviamente su carta e non c’è, quindi, nessuna banca centrale che la emetta o presso la quale si possa depositare. Dicevamo di questo misterioso Satoshi Nakamoto che, un paio di mesi fa, sembrava essere stato identificato in un sessantaquattrenne ingegnere giapponese, naturalizzato americano, scovato in una casa nel sud della California. In realtà, ulteriori approfonditi accertamenti, hanno escluso che si trattasse dell’inventore del bitocoin.

Tornando alla moneta, va detto che è riconosciuta dal semplice fatto che un numero indeterminato di persone accettano di usarla come tale. I bitcoin sono “coniati”, con un limite di liquidità programmata (21milioni entro il 2033) dai “miners” (minatori), operatori on line, attraverso una complessa procedura matematica del computer personale con la possibilità di trasferirli attraverso internet e in cambio di una “fee” (remunerazione), a chiunque disponga di un indirizzo bitcoin. Al di là dei problemi, non irrilevanti, connessi ad una moneta che non ha, come accennato, nessuna stabilità, va anche segnalato che i cyber criminali sono sempre in agguato e i furti di bitcoin dai “wallet” (portafogli) presenti sul web sono notevoli. Appena quattro mesi fa, BIPS, un gestore di servizi finanziari, aveva denunciato una sottrazione di 1.295 bitcoin, pari a circa 775 mila euro ( alcune migliaia gli utenti coinvolti), per una smagliatura nel sistema di sicurezza. Recentemente, anche la stampa italiana, non solo quella specializzata, ha dedicato attenzione ai bitcoin e non è da escludere che presto si possa vedere, anche da noi, come in molti esercizi commerciali americani, annunci esposti in qualche vetrina (reale non virtuale): “i bitcoin sono accettati in questo negozio”. E’ un dato di fatto che già a gennaio 2014, anche in Italia, diversi esercizi commerciali li hanno adottati come emerge sul sito coinmap.org ( a Milano sono già otto “pionieri” che accettano bitcoin).Questa smania di denaro virtuale ha determinato presto le imitazioni. Sono nate, così, nel 2011, la Litecoin, quindi la Worldcoin, Namecoin, Hobonickels e, negli ultimi mesi, Gridcoin, Fireflycoin, Zeuscoin, Annoncoin e persino Sexcoin. A gennaio 2014, il Wall Street Journal, ha contato una ottantina di queste “cripto monete”. Alcuni già parlano, in maniera entusiastica, delle grandi possibilità che si aprono, nel lungo termine, per effettuare investimenti con queste monete virtuali. La loro molteplicità ha consentito di creare un “exchange”: Cryptsy è un mercato nel quale vengono negoziate una sessantina di queste valute digitali. Per verificare, poi, che le transazioni in bitcoin siano valide e autentiche, si sta perfezionando una sorta di registro (blockchain) che attraverso calcoli matematici darebbe questa garanzia conservando traccia di tutte le operazioni effettuate.

Per uno come chi scrive, che non riesce a scrollarsi di dosso una certa dose di diffidenza innata, le monete virtuali, nello spazio virtuale dove avvengono, giornalmente, migliaia di trattative illecite, potranno dar luogo, truffe a parte, a forti speculazioni e ad infiltrazioni criminali anche per complesse operazioni di riciclaggio internazionale. Tutto nell’anonimato. Il 27 gennaio 2014, altre due persone sono state arrestate nell’ambito dell’inchiesta su Silk Road con l’accusa di riciclaggio di denaro proveniente dal narcotraffico. Dimenticavo: i siti, una volta individuati e neutralizzati dalla polizia, si rigenerano e mutano le sembianze su altri server nel giro di breve tempo. E’ quello che è successo a Silk Road, diventato, pochi giorni dopo la chiusura, Dread Pirate Roberts.

In Europa, intanto, l’Eba (l’Autorità bancaria europea) ha messo in guardia dall’uso di queste monete la cui liquidità è tutta da dimostrare. In Russia i bitcoin sono stati dichiarati illegali. Allo stesso modo in Cina. Entro il 2014 sarà possibile fare acquisti anche nei supermercati della francese Monoprix. La Svizzera sembra disponibile all’adozione della moneta senza riserve e negli Usa, Robocoin, un’azienda che emette bitcoin, ha annunciato (febbraio 2014) il progetto di aprire due bancomat, a Seattle e Austin, per cambiare i bitcoin in moneta tradizionale e viceversa. Senza contare che la catena online americana Overstock già accetta bitcoin nei pagamenti. Tutto questo entusiasmo ha avuto una doccia fredda alla fine di febbraio u.s., con il fallimento di Mt.Gox, il più grosso portale di cambio in bitcoin. Il furto di 850mila pezzi (circa 450milioni di dollari) ha rovinato molti clienti e preoccupato molti investitori. Una settimana dopo è fallita un’altra piattaforma, di dimensioni più piccole, la Flexcoin.

E’ già cominciato il tramonto delle monete virtuali? Non si direbbe stando agli interessanti articoli sui misteri (svelati) della criptovaluta di Alessandro Longo e Carlo Alberto Maffè, pubblicati su Il Sole24 Ore del 6 aprile u.s. e alla ricerca di nuove “monete complementari” che si sta registrando negli ultimi tempi (cfr. l’articolo di Andrea Di Turi su l’Avvenire del 26 aprile u.s.) Così, dopo Sardex, la moneta complementare sarda, qualcuno starà già pensando di coniare il “tarocco” siciliano, lo “gnocco” piacentino, il “fiorino” toscano, lo “sghei” veneziano, il “berlusca” lombardo!

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