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Processo Rostagno. “La verità oltre ogni ragionevole dubbio”, Libera: “Mauro allenava il coraggio, omicidio organizzato e compiuto da mafia”

di Rino Giacalone il . Senza categoria

Un filo unico negli interventi degli avvocati di parte civile davanti alla Corte di Assise di Trapani che si avvia a concludere il processo per l’omicidio del sociologo e giornalista Mauro Rostagno. Delitto che risale al 26 settembre 1988. In aula ferme e decise le parole degli avvocati Elio Esposito (Saman), Fabio Lanfranca (Carla Rostagno, Monica Rostagno, Maria Teresa Conversano), Carmelo Miceli (Chicca Roveri e Maddalena Rostagno), Francesco Greco (Assostampa Sicilia), Giuseppe Crescimanno (Ordine dei Giornalisti di Sicilia), Massimo Zaccarini (Comune di Erice), Lilli Santangelo (Comune di Trapani), Stefano Vivacqua (presidenza della Regione Sicilia), Vincenza Rando (Libera). Si sono limitati a presentare le conclusionali i legali di parte civile Novara (antiracket Trapani), Giovanna Massimo D’Azeglio (Comune di Valderice), Nino Barbiera (Provincia di Trapani).

Il primo a prendere la parola dinanzi alla Corte di Assise presieduta dal giudice Angelo Pellino, a latere il giudice Samuele Corso, è stato l’avv. Elio Esposito legale di parte civile dell’associazione Saman. “I due imputati – ha ricordato Esposito – nel corso del processo, dopo essersi avvalsi del diritto a non rispondere alle domande delle parti, con distinte dichiarazioni spontanee hanno rivendicato la loro innocenza. Ancora Esposito: “ai giudici popolari ricordiamo che nessuna norma del codice penale fa obbligo di credere a quello che dicono gli imputati. Il signor Vincenzo Virga anche lui imputato ha anche preso la parola quasi tenendo una mano alla Corte dicendo che “noi abbiamo già due ergastoli e un terzo non ci cambia la vita”…quasi a far cogliere la sua ansia di verità e giustizia…ha poi aggiunto che per come commesso quel delitto “era stato commesso da una armata brancaleone”. Il volere dire, tra le righe, “un terzo ergastolo non ci cambia la vita” a me pare una esortazione perchè voi giudici non ve la prendiate più di tanto…Noi invece sappiano che si ha l’obbligo di cercare la verità oltre ogni ragionevole dubbio…altro che decisione da assumere alla leggera e quindi l’accattivante affermazione dell’imputato Virga noi tutti la dobbiamo respingere!”. Un invito a riflettere bene sul delitto è subito arrivato dall’avv. Francesco Greco, parte civile per il sindacato dei giornalisti di Sicilia e dall’avv. Giuseppe Crescimanno legale di parte civile dell’ordine dei giornalisti di Sicilia. Greco: “Deve essere una cosa che deve fare riflettere il fatto che ad un certo punto in Sicilia cadono, sono caduti sotto il piombo delle mafie, diversi giornalisti, è un dato storico….uccisi anche semplicemente perchè si occupavano di un argomento”. Crescimanno: “La mafia in questo delitto è stata sostenuta quantomeno moralmente anche da parte di chi in quegli anni e magari oggi pensa che parlare di mafia fa male al territorio….”.

 

Quelle indagini malfatte. Le indagini dei carabinieri si avviarono verso la realtà di Saman anzicchè nei confronti della mafia. “Se sentiamo rumore di zoccoli prima di pensare alle zebre pensiamo ai cavalli…- ha esordito l’avv. Stefano Vivacqua parte civile per la presidenza della Regione – se uno come Mauro Rostagno viene ucciso con quelle modalità in questa terra dopo avere quella storia quella esperienza la prima cosa da considerare in una terra che ha visto tanti morti bisognava pensare che quello era un delitto mafioso e cercare le prove di quel delitto senza cercare altro…è stato tentativo di negare giustizia ad un uomo di rarissima grandezza umana un uomo che aveva scelto la Sicilia per sviscerare amore per un popolo ferito dalla mafia….”. “I carabinieri del generale Montanti – ha sottolineato l’avv. Fabio Lanfranca – pensavano di trovare le ragioni del delitto nei libri contabili di Saman…Un posto dove da due anni Rostagno ci andava solo a dormire perchè preso dalla sua attività a Rtc. Ma come avrebbe potuto il generale Montanti pensare che ci poteva essere un nesso tra quelle trasmissioni e il delitto? Lui che è venuto a dirci che quelle trasmissioni non le vedeva! Montanti ha una attenuante. Anche Cannas ha la sua attenuante ci ha detto che si occupava di un altro omicidio piuttosto importante e che poi si muoveva per delega. Queste indagini sono state in mano a soggetti che si sono dimostrati scollegati dalla realtà del territorio! E allora i familiari chiedono che la procura continui a lavorare su queste grave sottovalutazioni nelle indagini poste in essere dai carabinieri”. La sorella di Mauro Rostagno ascoltata in aula disse che il maresciallo Cannas le aveva detto di un incontro tra il fratello e il boss mafioso Natale Lala, Cannas però ha smentito. “Che ragioni aveva la sorella di Mauro Rostagno a dire una cosa per un’altra – ha detto Lanfranca – Cannas sapeva chi era Lala ma la sorella di Rostagno non poteva saperlo….Resta da capire la condotta processuale del maresciallo Cannas…perchè nega questa circostanza? perchè nega di avere detto alla Roveri che Mauro gli aveva confidato “mi hanno allungato la vita di un mese”, perchè nega l’incontro con il procuratore Coci da parte della Roveri dove lui era presente…perchè nega? sono impazziti tutti i familiari di Rostagno o c’è altro? Il pm ce lo ha detto…sa il maresciallo Cannas di non avere fatto nulla per tutelare Rostagno….temeva per la sua carriera per non avere verbalizzato alcune cose? è possibile…ma perchè Rostagno dice a lui mi hanno allungato la vita di un mese? lo dice a Cannas perchè Cannas è al corrente delle cose che sta facendo Mauro Rostagno….Rostagno era consapevole dei pericoli..alla Roveri dice non ho paura di morire, ad Andrea Marcenaro, giornalista suo amico venuto a Trapani, gli fa capire che era preoccupato…..per il lavoro che faceva e diceva in tv…Carla Rostagno ci dice che il 25 settembre del 1988 incontra Enzo Mauro, esponente Psi e consigliere provinciale, lo abbraccia. Abbracciamoci, gli dice, finchè siamo in tempo…a un carabiniere che gli chiede come va lui risponde finchè ci lasciano vivere viviamo…”.Come non avere saputo leggere il delitto di mafia quando qui vicino era stato ucciso un altro giornalista Impastato – ha stigmatizzato l’avv. Enza Rando di Libera – qui erano stai uccisi altri magistrati, si facevano stragi…la mafia ci ha privato di una grande forza intellettuale ..la mafia ammazza e poi fa dire che tutto è avvento per altro..le corna…scenario tipicamente mafioso…agevolato da una classe politica mediocre”.

Il movente. Rostagno era per la mafia una camurria. Avv. Lanfranca: “C’è qualcuno che ha sottratto tessere del puzzle ma grazie alla sensibilità e al lavoro straordinario fatto dalla Corte di Assise siamo riusciti a vedere quello che nel quadro c’è raffigurato e in questo quadro Vincenzo Virga e Vito Mazzara si vedono benissimo Mauro Rostagno era una minaccia per Cosa nostra per le cose che diceva e per questo era un pericolo per la mafia….Lui arriva a Trapani nel 1981….e i testi ci hanno detto cos’era Trapani nel 1981: 1980 omicidio sindaco Lipari, 1983 uccisione Ciaccio Montalto, aprile 1985 strage di Pizzolungo…questo era quella città in quegli anni…è questa la città in cui arriva Rostagno…il sindaco di Trapani ci dice che la mafia a Trapani non esiste, non c’è, non esiste e ancora più inquietante la stessa affermazione che arriva dal dott Coci procuratore della repubblica, ai giornalisti dice che a Trapani la mafia non c’è perchè non vi sono rapporti giudiziari in tal senso…Illuminante la testimonianza dell’avv. Salvatore Maria Cusenza….Ci ha ricordato la scoperta nel 1985 della più grande raffineria di droga ad Alcamo, e una serie di omicidi e delitti nel Belice…questo è il contesto ambientale dove viene a vivere Rostagno….14 giorni prima del suo delitto viene ucciso il giudice Giacomelli e lui Rostagno il 15 settembre in tv dirà che la vita non ha peso sono uguali le morti di un giudice e di un pastore e resta invece una lunga bava di sangue che attraversa tutta la provincia e dovrebbero smetterla i ben pensanti che dicono che parlare di queste cose significa infangare questa terra…era la risposta a chi diceva che la mafia non esiste. Mauro Rostagno parla e racconta in tv le cose che succedono senza filtri, facendo nomi e cognomi…il successo di Rtc dimostra di quanto preciso fosse Rostagno in tv…Mazzonello ci ha detto che alle 14 la città si svuotava….lui è stato il trascinatore di tutti….e lui ha fatto così perchè l’amava questa terra…lottava per questo perchè voleva che tutte le cose negative andavano combattute a spada tratta questi mafiosi intrallazzatori…Mauro Rostagno viene ucciso sicuramente per quello che aveva detto in tv e per quello che ancora avrebbe potuto dire”. Viene ucciso perché parlava di mafia e sollecitava la gente a cambiare: “Diceva che nelle case di ognuno bisognava parlare di mafia come si parlava degli scarafaggi”. “Dopo quel delitto Trapani è rimasta silente – ha detto l’avv. Massimo Zaccarini parte civile per il Comune di Erice – e la mafia ha raggiunto l’obiettivo. Non è morto solo Rostagno morì la speranza. Grazie ai pm abbiamo ricostruito la verità”. E ancora sempre l’avv. Lanfranca: “I collaboratori di giustizia venuti al processo ci hanno detto che non c’era un mafioso che non fosse felice del delitto. In tv Mauro Rostagno si è occupato di tutto….di tantissime cose e si è occupato di mafia delle mire della mafia negli appalti nel traffico di sostanze stupefacenti…ma è di mafia che si vuole interessare, a Curcio scrive che lui sta leggendo ordinanze e sentenze, dice che vuole occuparsi del delitto di Ciaccio Montalto, della strage di Pizzolungo, a Renato Curcio dice che studia e legge, non solo libri ma anche sentenze, si documenta e non parla a vanvera quando va in tv….dalle carte che ha prodotto l’avv. Miceli sappiamo che prendeva appunti, ragionamenti, incrociava i fatti con le persone, questo era il metodo di lavoro di Rostagno…Rostagno si è appassionato in particolare alla vicenda del delitto di Vito Lipari. Arrestati furono Agate Mariano, Mangion Francesco, Riserbato Antonino, Santapaola Benedetto, e Romeo e poi anche un capitano dei carabinieri, Melito. Un processo che Rostagno seguirà udienza per udienza. Cusenza e l’avv. Nino Marino sono venuti a raccontarci quanto interesse aveva Rostagno per questo processo…sia Nino Marino che Salvatore Cusenza ci hanno detto che il delitto era un segnale per gli esattori Salvo di Salemi….Cusenza e Rostagno realizzeranno una trasmissione….l’editore di Rtc Bulgarella dirà loro che erano dei pazzi “ma non vi ostacolo”…Rostagno fece una analisi inedita per l’epoca ripresa dalla sentenza “Accardi più 67” ma nel 1997: questa sentenza analizza le dinamiche mafiose nel trapanese e la scalata mafiosa di Riina nel trapanese a partire dal 1980…nella sentenza definitiva “Alcamo Michele più altri” si dirà che con la vittoria dei corleonesi, Virga prese il posto di Minore….Virga è dal 1984 che diventa capo mandamento…E in questo nostro processo gli stretti legami tra trapanesi e corleonesi ce li troviamo occupandoci del delitto dell’agente Montalto delitto per il quale sono stati condannati Virga e Mazzara…c’è un filo che lega famiglie trapanesi e palermitane e questo legame lo aveva disvelato Rostagno”. Il movente lo si può cogliere esaminando lo scenario dove è venuto a lavorare Rostagno? A evidenziarlo ci ha pensato l’avv. Carmelo Miceli: “Era uno scenario dove non conta ciò che fai, come lo fai, cosa pensi, ma conta a cu apparteni. Parole di Mauro Rostagno. Era venuto qui per risvegliare la coscienza sociale e civile dei trapanesi “. “Al dott Rostagno – ha proseguito Miceli – interessava mettere in evidenza le violazioni del gioco democratico che ogni giorno venivano compiute. E così parlava dei politici e della corruzione, dei servizi che non funzionavano…Rostagno dinanzi alla sonnolenza della città diceva che bisognava opporvi contro la cultura della giustizia…e indicava a tutti il lavoro di Paolo Borsellino (allora procuratore a Marsala ndr)….stava dando contenuto alla nuova primavera come è venuta a raccontarci Chicca Roveri..Il lavoro del dott Rostagno in tv è stato quello di introdurre trasmissioni denominati speciali e approfondimenti che nessuno fino ad allora aveva fatto…Trasmissioni che mettevano in luce come la mafia aveva trasportato molti suoi interessi nel trapanese e che la provincia di trapani, le famiglie mafiose trapanesi erano diventati crocevia di incontri tra le mafie dell’isola, quelle di Palermo e di Catania…”. L’avv. Carmelo Miceli ha fatto notare anche una cosa clamorosa: “Rostagno ad un certo punto su un foglio di carta preparando una trasmissione, scrive un elenco di nomi di capi mafia e di imprenditori a questi legati…..e ad un certo punto inserisce un nome…Antonino Minore un nome che poi viene tagliato eliminato,  cancella il nome di quello che tutti a quell’epoca ritenevano il capo del mandamento di Trapani e non è una coincidenza che in un editoriale fa il nome di Ciccio Pace….Anni dopo si scoprirà che nel 1988 Minore era già morto, Virga lo aveva sostituito e nel 2005 Pace sarebbe stato arrestato per avere sostituito a sua volta Virga. Un giornalismo lungimirante!”. Per il quale si può essere uccisi. “Avere sentito configurare ipotesi interne come valido movente al delitto – ha detto l’avv. Stefano Vivacqua – Vuè stato tentativo di insozzare una esperienza civile come quella della Saman ed esistenziale come quella di Mauro Rostagno…storie di corna vendette rusticane…stiamo parlando di persone lontane mille miglia da queste vicende…”. “Rostagno stava riportando nelle case dei trapanesi il senso dell’impegno responsabile…stava penetrando la grande montagna dell’indifferenza…svelando i misteri…- ha detto l’avv. Enza Rando – è qui il movente vero del suo delitto. Rostagno stava facendo respirare la nuova primavera politica e la mafia non poteva consentire di rendere visibile tutto quello che aveva tenuto invisibile….Rostagno non aveva mai smesso di credere che i sogni potevano realizzarsi e i sogni non si realizzano perchè si smette di credere e Rostagno non ha mai smesso di credere…”. “L’istruttoria dibattimentale ce lo ha provato come vero e tangibile il fastidio violento e criminale della mafia contro Rostagno..- ha ancora detto l’avv. Rando – I testi come Vizzini e Salvatore Cusenza ce lo hanno detto cos’era Trapani negli anni 80…i Salvo i Canino i Pellegrino i nuovi politici mediocri, Rostagno si chiedeva perchè tenere la politica buona in disparte…ma quei politici che emergevano erano quelli che saldavano alleanze poteri e connivenze con le mafie, collusioni….con quella massoneria della quale non si parlava con imprenditori come i cavalieri del lavoro di Catania arrivati a Trapani…politici che dicevano “senza voto niente lavoro” e Rostagno faceva i nomi di chi perseguiva questo fine…la sua era analisi giornalistica e politica, raccontava la politica che vinceva in questo territorio cercando di minarne le fondamenta…”.

L’esecuzione. L’avv. Esposito ha ridisegnato la scena del crimine. Rostagno quella sera tornava a Saman da Rtc con la sua auto, assieme a lui Monica Serra. Le testimoni oculari, le sorelle Fonte, allora giovanissime, hanno visto transitare l’auto guidata da Rostagno seguita però da un’altra auto. “Ma l’assassino non era su quell’auto, attendeva al bivio per Saman in fondo a via Quartana oggi denominata Mauro Rostagno, a Lenzi, l’arrivo di Rostagno L’assassino agisce sapendo che l’auto di Rostagno è seguita da un’altra auto con tre persone a bordo. L’assassino era sicuro di avere così le spalle coperte nessun altro poteva intromettersi. L’assassino è giunto lì a piedi percorrendo la campagna, veniva dalla via Ramella, percorre a piedi quel tratto tenendo il fucile, lui ha il porto d’armi, se fosse stato fermato poteva ben dire con il suo porto d’armi che andava a caccia, in quel momento era tempo di caccia come prevedeva il calendario venatorio…all’andata è un cacciatore, sulla strada del ritorno, per lui sempre la stessa, sarà un assassino…i colpi vengono esplosi da dietro i primi due contro il lunotto, la successione è così rapida da far saltare la canna del fucile al terzo colpo, a terra si troverà la terza borra e tre cartucce inesplose, quelle che l’abile killer teneva in mano per ricaricare il fucile… a quel punto mette mano alla calibro 38 per finire Rostagno…a quel punto il killer va via, a piedi, l’auto con i suoi tre occupanti fa marcia indietro e ripercorre la stessa strada fatta all’andata, e vengono rivisti transitare dalle sorelle Fonte”. Chi ha sparato? “I pm dicono che presente quella sera vi era il signor Vito Mazzara. E per la verità questo è anche il nostro parere. Perchè una pesante costellazione di indizi converge sull’imputato. Crediamo che a sparare è stato solo Mazzara e solo il Vito Mazzara. Perchè è un campione di tiro, è pratico di armi, di cartucce, è capace di apportare modifiche all’arma per dissimulare un precedente impiego, come dicono i collaboratori di giustizia. Campione di tiro a volo….Abile nell’esplodere in rapida successione. Tutti i testi parlano di tre colpi i primi esplosi in rapida successione….La breccia sul lunotto ci dice che chi sparò era a distanza ravvicinata….Solo due colpi vanno a segno su tre per la disgregazione del sottocanna. Non può essere che il signor Mazzara con i suoi maneggiamenti ha provocato qualcosa che causerà la rottura del sottocanna? Paniz ( perito della Corte, ufficiale del Ris di Parma ndr) qui è venuto a dire che mancandogli tutto il fucile non può dare spiegazione scientifica all’esplosione del fucile. Noi sappiano che il fucile si è rotto e che lui, Mazzara, era capace di modificare l’arma, e quindi il fatto che non si trovino riscontri precisi con altri delitti dallo stesso commessi non è una prova a suo favore”. “Il luogo dell’agguato è perfetto. La presenza di altre persone assieme alla vittima non preoccupa Cosa nostra. E’ successo anche dopo. Per Giuseppe Montalto, per l’imprenditore Monteleone, gli scenari di questi delitti collimano con quelli del delitto Rostagno- ha sostenuto l’avv. Lanfranca – Si è parlato di serialità ed è vero. Ma quale armata brancaleone (come ha detto l’imputato Vincenzo Virga dichiarandosi estraneo al delitto ndr) chi ha sparato ha sparato in modo preciso, scientifico…l’incidente è la prova della professionalità del killer….ve la immaginate l’armata brancaleone che gli scoppia il fucile? Monica Serra che era in auto con Rostagno e rimasta viva, anche questo per il comportamento preciso del killer mafioso, ci ha detto che ha sentito i colpi, gli sportelli di un’auto che si chiudevano, non una sola parola ha sentito, scoppia il fucile e nessuno dice nulla? certo che nessuno dice nulla sono professionisti.. altro che diritto raffazzonato….”. Il collaboratore di giustizia Francesco Milazzo è venuto in aula a parlare delle abilità di Vito Mazzara come esecutore e preparatore delle armi, lui era solito sovracaricare le cartucce, e poi le sparava a freddo così da lasciare striature che una volta all’esito di perizie balistiche non avrebbero permesso l’individuazione rispetto all’arma usata per esploderle. Una abitudine che è risultata essere la “firma” di Mazzara su quel delitto. “Chi ha sparato era un professionista altro che armata brancaleone – ha detto l’avv. Giuseppe Crescimanno parte civile per l’ordine dei giornalisti di Sicilia – sarebbe stata colpita anche la persona che stava vicino a Rostagno e invece questo non è accaduto… chi ha sparato ha sparato contro una macchina in movimento…cosa impossibile a farsi se fosse stata un’armata brancaleone… ma che si va dicendo….!!!! E’ stato un chiaro omicidio per mafia per come ce lo hanno detto i pentiti, per le sovrapposizioni con altri delitti anche a proposito delle regole criminali di Cosa nostra, per il movente che è emerso..Descrizioni pacifiche sulle responsabilità della famiglia mafiosa di Trapani sugli imputati Virga e Mazzara….Quello di Rostagno fu un delitto eccellente delitto che solo la mafia può avere compiuto…un ordine arrivato da chi era il vero capo della provincia al quale non si poteva dire di no Francesco Messina Denaro….condiviso dal capo dei capi Totò Riina come ha raccontato nel processo Giovanni Brusca….”i trapanesi si levarono una camurria”….Attività giornalistica movente scatenante del delitto Rostagno parlava di mafia ma sparlava anche di mafia e la mafia traeva fastidio provava fastidio…l’essere ricondotta a aspetto folkloristico…derisa ma anche indicata come nefasta e colpevole delle disgrazie della società …è diventato questo il motivo che ha armato il killer”..

L’esame del Dna. “In questo processo – ha detto l’avv. Francesco Greco – c’è stata una grande e importante irruzione della scienza. Si è prodotta una prova di natura scientifica sulla responsabilità dell’imputato Mazzara…Perizia Dna schiacciante ma stranamente a persone molto qualificate (i consulenti della difesa Garofano e Capra ndr) abbiamo sentito dire di prove inesistenti….Ci hanno detto stiamo parlando del nulla….ci hanno preso in giro e lo ha fatto uno che si chiama Garofano (consulente difesa Mazzara, ex capo Ris Parma ndr)…La relazione tra oggetto – canna di fucile sul luogo del delitto – e imputato Mazzara esce lampante …c’è il suo Dna e quello di un parente…”. La perizia del Dna infatti ha rivelato l’esistenza di una traccia genetica che non appartiene a tutti quei soggetti che hanno maneggiato l’arma (investigatori, periti, consulenti, tutti identificati geneticamente prima dell’avvio dell’esame peritale ndr) e che è stato spiegato in aula può appartenere solo ad un parente di Mazzara per il genere di genoma. “Credo – avv. Esposito – che sia di grande rilevanza il fatto che è stata trovata una traccia genetica riconducibile a un parente”. “La perizia del Dna ha costretto l’imputato Mazzara a difendersi – ha detto l’avv. Giuseppe Crescimanno -l’imputato è vero si è messo a disposizione per il prelievo del Dna cosa che sembrava essere l’atteggiamento di chi era sicuro della sua innocenza…ma in effetti il prelievo del Dna secondo il codice penale è un fatto rispetto al quale l’imputato non poteva sottrarsi….quella disponibilità dunque è un elemento neutro”. “La perizia del Dna – avv. Lanfranca – ci dà conferma che sul delitto Rostagno c’è la firma dell’imputato Vito Mazzara. La mistura che riconduce a Mazzara ha un riscontro incredibile, la compatibilità è di 1 persona su 100 milioni di individui, e la firma di Mazzara è trovata su più punti del fucile, della canna, e poi di incredibile riscontro c’è il risultato indicato nella perizia come A18 traccia genetica che può essere solo di un parente di Mazzara. La firma sul delitto non è di Gladio, dei servizi, di un extraterrestre è del signor Mazzara”. “L’esame del Dna – avv. Miceli – ha sancito una possibilità di compatibilità tra la traccia genetica del Mazzara e quella trovata sulla canna del fucile: è del 99,999999 per cento…”non si giochi sulla prova schiacciante o meno”….il dato che risalta è quello che 1 su 100 milioni può avere quella traccia e quell’uno è Vito Mazzara….e poi c’è la traccia a 18… Ci sono persone che qui sono venuti a prenderci in giro che ci hanno parlato di non senso rispetto a prove scientifiche senza che loro abbiano portato prove scientifiche (riferimento a generale Garofano consulente della difesa Mazzara ndr)…Capra (consulente difesa Virga ndr) viene addirittura a fare i complimenti ai periti per come hanno tirato fuori i risultati ed è rimasto in silenzio sulla traccia A 18….Capra qui ha cercato di mettere in discussione le procedure…..Garofano ha contestato la possibilità di estrarre Dna a tanta distanza dal delitto, si è beccato la risposta dei periti che hanno detto che quello strumento ha consentito di estrare il dna dell’uomo di neanderthal …”.

I falsi testi. “Siamo dinanzi ad una organizzazione che dispone di un gruppo di fuoco ma può anche muovere testi reticenti e falsi trovandoli in persone incensurate”. Per l’avv. Esposito sono ben quattro. Intanto quei tre operai che spontaneamente si presentano ai carabinieri per dire che furono loro a consumare un pranzo nella stessa cava dove fu trovata bruciata l’auto usata dai complici del killer. Sul luogo infatti erano stati trovati dai carabinieri tracce di quel pranzo con tanto di scontrino emesso nella data del 26 settembre 1988 dalla macelleria di Francesco Virga. “E’ notorio – ha detto ironicamente l’avvocato di parte civile di Saman – come ogni giorno dinanzi alle caserme dei carabinieri si presentano flotte di cittadini che vogliono dichiarare fatti utili a fare giustizia. I tre operai testimoni, i signori Martinez, Fiorino e Polisano, sono risultati essere testi più falsi di un marengo di cioccolata. Testi che hanno anche qui recitato a soggetto. Testi che vengono e non sanno nulla. Non ricordano se hanno pranzato con pesce o carne…Non hanno ricordato nulla qui. Non sanno nulla. Sanno però che devono dire che non conoscono Virga. Hanno lavorato per la macelleria, per la pavimentazione, per la macelleria di Virga, ma non sanno nulla…E ci hanno raccontato della scampagnata di quel lavoro interrotto a Nubia per andare a Valderice, a Crocci, alla macelleria per poi tornare indietro..un gran via vai….”. Francesco Virga, il macellaio, poi non era un personaggio qualsiasi, era il cugino del capo mafia Vincenzo Virga che all’epoca era conosciuto come imprenditore e non per mafioso e pezzo da 90. Tempo dopo quando era intercettato nella sua auto fu colta una emblematica discussione. Il dialogo tra due indagati che si preoccupavano della sorte di Vito Mazzara appena arrestato per l’omicidio dell’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Montalto. “Se si pente (Mazzara ndr) sono guai per tutti” e addirittura pensavano anche ad organizzare una sua evasione dal carcere.

Il caso Scalabrino. E’ ancora l’avv. Esposito a parlare. “Un quarto d’ora prima dell’arrivo di Rostagno sulla stradina di lenzi le sorelle Fonte hanno ricordato di avere visto passare una golf che non è mai tornata indietro. Tornerà indietro l’auto che avevano visto seguire Rostagno e poco tempo dopo un’altra auto con un giovane che dirà l’ammazzaro. E la golf? scopriremo grazie al lavoro della Corte di Assise che era del prof. Antonino Scalabrino che abita nella stessa zona”. Per l’avv. Esposito, Scalabrino, che ha casa proprio prospicente sul luogo dell’agguato, avrebbe visto e non ha parlato. “E’ venuto a dirci che quando ha sentito dei botti forti, gli spari ha radunato la famiglia in una stanza temendo che potesse accadere qualcosa di grave. Ma cosa poteva succedere? Nulla assolutamente. Il prof. Scalabrino che per quanto risulta non ha doti divinatorie come fa dai botti a dedurre che è successo qualcosa di grave? Siamo nel pacifico borgo di Lenzi, abitato da qualche contadino, qualche impiegato, un commerciante. Come può accadere qualcosa di grave…e ai danni di chi? In effetti una persona esposta c’è, è quel Rostagno che fa tv, che in tv, lo dirà Scalabrino, parla di politica e parla di mafia. A questo punto mi viene un sospetto: valutatelo con circospezione e beneficio dell’inventario, non è che per caso il prof. Scalabrino ha visto qualcuno mentre con la sua bella golf rientrava a casa? Qualcuno che magari lui conosceva per fama o per sentito dire? Per cui ha fatto il collegamento…colpi-Rostagno. E chi mai ha potuto vedere il prof. Scalabrino…? Avrà visto qualcuno con una barba posticcia? Ma se avesse visto un barbudos sotto mentite spoglie di un cacciatore non avrebbe potuto che prenderlo per un cacciatore vero…perchè il prof Scalabrino nulla sa di aerei, armi, di infrattamenti nei pressi dell’aeroporto per cui non poteva sorgere in se travolgente terrore dopo avere sentito quei colpi. Potrebbe invece il prof. Scalabrino avere visto Marrocco diciamo così il moroso della Chicca anche se io non credo a questa esplosione di gelosia….Il prof. Scalabrino non sapendo nulla di queste dicerie tutte interne a Saman non ha potuto provare avendo visto Marrocco che forse neanche conosceva tanta travolgente paura come non avrebbe potuto provare o sentire paura se avesse visto uno dei ragazzi di Rtc che a dispetto delle cure si facevano le pere. E allora il prof. Scalabrino chi ha visto? Ha visto Mazzara!!!! Allora si che ha collegato…in un piccolo centro in un ambiente agricolo dove tutti si conoscono tutti sanno chi sono le persone ntise da rispettare e tenersi alla larga in certe circostanze. E il prof. Scalabrino da ben due anni soggiorna a Lenzi. E cosa fa il prof. Scalabrino quando sente i botti…realizza in quel momento di essere diventato involontariamente un testimone oculare che corre il pericolo di essere eliminato questo giustifica quella pausa quel rintanarsi….senza accertarsi che ciò che si effettivamente avvenuto telefona ai carabinieri ma non per il povero Rostagno ma perchè solo la presenza delle forze dell’ordine lo possono mettere al riparo da una aggressione nella sua casa e metterà il naso fuori dalla sua abitazione e dal terrazzo solo quando è certo che c’è gente accorsa e che le forze dell’ordine presidiano il territorio e non scende per strada nè per curiosità nè per pietà Vergogna!!!! Noi con l’audizione del prof. Scalabrino abbiamo toccato con mano la paura…la sua deposizione esempio paradigmatico di reticenza….durante la testimonianza non dirà mai la parola omicidio ma il fatto che se operato come sostantivo è un vuoto contenitore..lui dice è successo qualcosa…qualcosa di grave…”.

Chi era Mauro Rostagno. Mauro Rostagno – ha esordito l’avv. Fabio Lanfranca – è stato tantissimo e secondo me tutto questo non è abbastanza per descriverlo nel coraggio nella umanità…c’è un suo amico vero Renato Curcio che scrive ai familiari dopo il delitto chiunque lo ha incontrato sa della fortuna che ha avuto…Mauro apparteneva a tutti…Appartiene anche a noi che lo abbiamo conosciuto con le carte processuali…Questo processo ha grossa importanza per i familiari, per gli ospiti di Saman…è importantissimo perchè dopo 26 anni da delitto voi pronuncerete una sentenza in nome del popolo italiano…una sentenza che dimostrerà che di Mauro Rostagno non ci si può dimenticare che anche lo Stato ha dovuto fare i conti con Mauro Rostagno e dare una risposta a lui,….dimostrerà che finalmente questo Paese ha deciso di interrogarsi davvero sulle ragioni di questo omicidio”. Tra le trasmissioni più importanti registrate da Rostagno ci sono quelle con l’avv. Salvatore Maria Cusenza, con Claudio Fava, con lo storico Michele Cimino. “Rostagno raccontava la mafia mentre Trapani era divenuto luogo di riparo di Cosa nostra……In Sicilia oggi la stampa si occupa di sapere e conoscere l’antimafia, sviscerando anche in malo modo la sua essenza, e non si occupa invece di quanto oggi la mafia sia presente e forte… cosa che Rostagno faceva nel 1988”. La sera del delitto del giudice Saetta, il 25 settembre del 1988, Rostagno in tv ebbe a dire che la classifica dei morti ammazzati andava crescendo e che Trapani era solo al 4° posto ma che c’erano ancora 4 mesi perchè sicuramente Trapani avrebbe risalito la china: “Rostagno – avv. Miceli – non sapeva che l’indomani la sua morte avrebbe contribuito a risalire la classifica di quella gara e per mano di chi da olimpionico era bravo a partecipare alle gare, e sapeva partecipare anche alle gare mafiose sulle ammazzatine, l’imputato Vito Mazzara”. “Rostagno era di una umanità a tutto tondo, uomo di rara fattura – ha detto l’avv. Stefano Vivacqua – fu un leader ma sopratutto un amico Rostagno vedeva le cose con ottimismo passione e amore…anche in questa terra di mafia tra omicidi e illegalità….abbiamo vissuto questi anni con grande consapevolezza condividendo le parole di Pasolini “io so ma non abbiamo le prove”… Rostagno ha testimoniato questo… Mauro ed i suoi amici e tutti quelli che in qualche misura hanno condiviso questi ideali era uomo di Pace….fu lui a determinare la deriva dalla lotta rivoluzionaria violenta preferendo tutto il contrario della violenza….l’amore universale….”. E le storie che si sono raccontate sul suo conto, su quelle dei suoi familiari, su Saman? “Tutto il resto sono fandonie che si assommano a tutte le fandonie che abbiamo ascoltato negli ultimi 50 anni ogni volta che c’è stato da processare qualcuno che ha contribuito in mille modi a sconquassare il tessuto civile del nostro paese – ha dichiarato l’avv. Vivacqua – poteri criminali che hanno saputo creare poi i misteri….siamo dinanzi ad un delitto di mafia siamo dinanzi al classico delitto di mafia e Rostagno classica vittima di mafia…indomito coraggioso che non teme per la vita e che non fugge resta qui armato del suo solo pacifismo e passione per la vita per gli uomini per il prossimo…io mi aspetto che questa Corte dica una parola defintiva e tributi a questo uomo la Giustizia che Mauro Rostagno si è meritato qui in Sicilia…”. “Era un giornalista, un uomo, un sociologo, che aveva piena consapevolezza di quello che stava facendo e nutriva piena decisione a non fermarsi” ha detto l’avv. Francesco Greco. Chi era Mauro nelle parole di don Luigi Ciotti ripetute in aula dall’avv. Enza Rando legale di Libera: “Un uomo di passione che raccoglieva il disagio della gente per farli uscire dalle difficoltà…uomo dalla travolgente umanità, uomo che credeva nella parola e nel riscatto sociale..Mauro è morto perchè non ha accettato di tacere”. Ed ha continuato: “Cusenza ci ha detto bene chi era Rostagno, era un grande intellettuale erudito era un leader politico che non militava in partiti….Nel 1988 si stava progettando quello che alla mafia non voleva .. e cioè che i cittadini potessero andare oltre e creavano nuovo progetto politico, questo Rostagno stava spingendo perché accadesse. Il giorno del suo delitto Rostagno con Cusenza dovevano ragionare sul futuro del territorio…un futuro dove non potevano avere spazio chi voleva speculare sui mali del territorio…volevano fare un giornale oltre alla tv…stesso stampo informazione riflessiva..ma quel giorno quell’incontro non ci fu…quella sera del delitto il Consiglio comunale di Trapani era riunito e non interruppe i lavori   non era successo nulla per quel consiglio comunale”. “….…quando negli anni 70 arrivò in Sicilia chiamò i suoi compagni per invitarli a leggere gli atti della commissione antimafia ce lo ricordano i suoi amici… Era un leader politico che voleva capire le cause dei mali di questo territorio e aveva compreso che le mafie si arricchivano con il traffico di droga mentre la società diventava sempre più povera, la gioventù veniva distrutta dalla droga e dalla malapolitica…In questo territorio c’erano e ci sono senatori che si sono schierati contro la confisca dei beni. Rostagno – ha concluso l’avv. Rando – era un allenatore del coraggio perchè raccontava tutto questo e non lo teneva per se…”. “Era un grande giornalista non c’è dubbio – ha detto l’avv. Crescimanno – non era una persona disperata spaventata, fino all’ultimo deciso ad andare avanti…pensava all’autunno e all’inverno, a cosa proporre in tv…in tv diceva, “non creda la gente che ho motivo di calmarmi non mi calmo (all’indomani della comunicazione giudiziaria per il delitto Calabresi ndr)…qui ho avuto una figlia qui voglio vedere la mia barba diventare bianca qui voglio conoscere i miei nipotini…parole di Rostagno….il giornalista Rostagno è stato profondamente giornalista per nulla schiacciato dal senso della morte”.

 

Le banche. “Rostagno – ha ricordato l’avv. Enza Rando – lavorava in una città povera con un gran numero di sportelli bancari…dopo la morte di Rostagno il numero è ancora aumentato…come mai? in un territorio che non si sviluppa tanti sportelli bancari…attorno a queste banche sono state trovate le tracce, le impronte delle famiglie mafiose, dei Messina Denaro, dei Virga, degli Agate…loro stessi responsabili riconosciuti di stragi, come quella di Pizzolungo del 1992 e 1993…loro pensate che potevano permettere a Rostagno di continuare a parlare spiegando pure come la mafia poteva essere combattuta?…e allora bisognava zittirlo…Il funerale è stato un grande momento di presenza pubblica delle persone perbene del territorio e del paese anche lì la chiesa è stata in avanti come ha testimoniato l’omelia di padre Adragna che pubblicamente accusò la mafia…quella chiesa aveva capito cosa accadeva in questo territorio..”. Anche se poi la stessa chiesa l’ha come dimenticato.

Il delitto del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Notevole la sottolineatura fatta nel merito dall’avv. Fabio Lanfranca. “Il processo Lipari, delitto risalente al 1980, il dibattimento si svolse nel 1987/88, per Rostagno fu l’occasione di parlare di Cosa nostra degli interessi delle alleanze. Fu l’occasione per parlare di appalti, dell’appalto per la costruzione del nuovo aeroporto, dell’arrivo a Trapani degli imprenditore catanesi i famosi cavalieri del lavoro….E Mariano Agate non a caso fa arrivare a Ristagno una chiara minaccia…dite a chiddu ca varva di stare attento…che non deve dire minchiate…la raccontano Massimo Coen, che lega quelle parole a un servizio di Rostagno titolato aragoste nella casa di reclusione di San Giuliano a Trapani (Rostagno riferisce di un colloquio con una ex guardia carceraria che gli riferì dei trattamenti di favore riservati in carcere ad Agate)…lo ricorda Gianni Di Malta, Puccio Bulgarella, editore di Rtc, nel 2009 conferma l’accaduto, noi sappiamo per certo che le minacce di Agate sono prima del 24 aprile del 1988 perchè il fatto è contenuto in una lettera diretta da Rostagno a Curcio...”Agate mi ha fatto arrivare questa minaccia”….Rostagno non ha sottovalutato l’episodio e lo racconta….”. “Il dott. Rostagno aveva colto affrontando il processo per il delitto del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari gli elementi che gli occorrevano per ricostruire l’organigramma mafioso trapanese ….” ha ribadito l’avv. Miceli: “Aveva colto questa essenza della mafia…..Tutto questo mentre i giornali snobbavano le udienze del processo per il delitto Lipari….

L’Iside 2. Avv. Lanfranca: “Rostagno nel febbraio 1988 fece un editoriale sulla loggia massonica segreta scoperta a Trapani e subito dopo fu convocato come teste da Cannas”. I verbali sono comparsi a sorpresa nel processo. Non erano stranamente nel fascicolo del delitto. “E Cannas – ha ancora evidenziato Lanfranca – qui prima che venissero fuori questi verbali era venuto a dirci che mai aveva sentito Rostagno su questioni delicate. Nei verbali invece Rostagno raccontava di incontri con i vertici della loggia Iside con Grimaudo e Torregrossa….Rostagno ricordò a Cannas a verbale che i due negarono legami con Gelli e altri, che l’on. Francesco Canino (autorevole esponente della Dc trapanese arrestato nel 1998 e morto di recente e indicato da Bulgarella come responsabile morale dell’omicidio di Mauro Rostagno ndr) fu “fratello” solo per 10 giorni…Poi racconterà di un secondo incontro…racconterà di un viaggio di Torregrossa e Grimaudo a Roma all’ambasciata bulgara, di una loro vista in Toscana a Gelli…Rostagno apprende che ci sono stati due incontri tra Gelli e altri a Campobello e Mazara, con Nizzola e Soldano, massoni della Iside 2, con Natale Lala e Mariano Agate…Rostagno però non preciserà a verbale la fonte della notizia…Rostagno continuerà a raccontare le vicende della Iside 2, la patente data dalla prefettura al mafioso Lala, facendo il nome del funzionario Chittaro (diventato poi negli anni recenti, nel 2003, capo di gabinetto del prefetto Finazzo ndr)….Carla Rostagno ha ricordato che in un editoriale Rostagno disse “c’è una strana voglia di oriente” (e il riferimento poteva essere alla società mazarese di import ed export Stella d’Oriente fondata da Agate avendo come soci Mandalari e i fratelli Nuvoletta esponenti della camorra ndr)...strano cha Montanti e  Cannas più volte tornati qui non ci diranno mai di avere parlato con Rostagno della Iside 2….lo hanno fatto solo quando messi dalla Corte dinanzi all’evidenza dei fatti dinanzi a quei verbali che mai era entrato nel processo….”. Rostagno e Gelli. “La presenza di Gelli nel trapanese è un fatto processuale accertato – ha affermato l’avv. Lanfranca – C’è l’appunto nelle agende dei massoni che dicono che c’è da ospitare Gelli….L’avv. Marino ci dice che Rostagno gli disse che riteneva che Gelli era venuto qui per decidere qualcosa con i soggetti di Cosa nostra e che poi era tornato per verificare che le cose decise fossero state rispettate”. “Era gasatissimo Rostagno….scriveva di essere impegnato in una tv che cresceva…solo il generale Montanti non se ne era accorto – ha chiosato l’avv. Greco – in quelle lettere a Curcio c’è la spiegazione di cosa si stava occupando e non c’era un argomento che lui affrontava che non veniva rappresentato nelle sue lettere, Ciaccio Montalto, la massoneria. La massoneria è la chiave di volta di questo processo”.

Il traffico di armi. Anche di questo hanno parlato le parti civili. Ma non nel senso del “giallo” sulla storia/leggenda che Rostagno aveva visto un aereo atterrare su una pista dismessa di un aeroporto militare alla periferia di Trapani (Chinisia) ma in relazione agli affari della Iside 2. Nei verbali emersi durante il processo (interrogatorio fatto dai carabinieri nel febbraio 88) Rostagno parla di un traffico di armi nel senso che di questo aveva parlato con i massoni che però negarono interesse della iside 2. Lanfranca: “Rostagno si interessava ai soldi e ai traffici di armi e droga di Cosa nostra.. Umberto Santino ha detto che questo era l’interesse di Mauro perchè a lui aveva chiesto di queste cose”. Di traffici di armi ai quali si interessava Rostagno ha parlato in fase istruttoria la teste Alessandra Faconti che in aula non è stata sentita perché nel frattempo deceduta: “Rostagno, per come ha detto la Faconti, – ha ancora detto l’avv. Lanfranca – se ne interessava per svelare di più il potere dei mafiosi di Trapani, della cosca dei Minore, della famiglia di Mazara, Agate, e dei cavalieri del lavoro di Catania. La Faconti parla di droga e armi e di COSA NOSTRA e non c’entrano niente con le cose dette da Di Cori Sergio (soggetto comparso dagli Usa improvvisamente sulla scena delle indagini è lui che racconta della storia/leggenda di Chinisia)…un MITONAME….”.

Lotta Continua. Nel corso del processo le richieste testimoniali delle difese hanno fatto ricomparire la pista “Lotta Continua”. Nel 1988 Rostagno fu raggiunto assieme ad altri soggetti, con lui fondatori e dirigenti di Lotta Continua, movimento politico nel frattempo scomparso,dalle accuse di avere fatto uccidere a Milano il commissario di Polizia Luigi Calabresi. Rostagno in tv professò innocenza, anche per i suoi “compagni” e disse che subito avrebbe chiesto di volere essere sentito dal giudice istruttore, mentre in cella finiva il massimo dirigente di Lotta Continua, accusato di essere stato il mandante del delitto Calabresi, Adriano Sofri. Quelle parole di Rostagno per anni e anche durante il processo sono state strumentalizzate come se desiderio di Rostagno era quello di “avvalorare” le accuse contro Sofri e compagni. A rimarcare questa possibilità un rapporto di un carabiniere, Elio Dell’Anna, all’epoca comandante del nucleo operativo di Trapani, che scrisse di una confidenza in tal senso ricevuta da quel giudice istruttore di Milano, giudice che però lo ha smentito su tutto punto. Rostagno quindi ucciso perché voleva “accusare” Lotta Continua? L’avv. Crescimanno è stato lesto nel far notare che: “Era pronto a denunciare gli ex compagni per il delitto Calabresi e aveva scelto come avvocato lo stesso penalista che era difensore di altri indagati per quel processo…già questo basta a dover fare dire che questa pista è inconsistente e inesistente oltre che per altre ragioni emerse durante il processo….la pista vera è quella MAFIOSA!”.

A chi somiglia Rostagno? Sono tante le sovrapposizioni fatte dagli avvocati di parte civile tra il personaggio Rostagno e altri personaggi. Per indicare sempre e soltanto valore e coraggio. I pubblici ministeri hanno fatto un parallelo con Peppino Impastato, anche lui giornalista, giornalista siciliano, di Cinisi, ammazzato 10 anni prima, nel 1978, dal boss mafioso locale, Tano Badalamenti, che non sopportava oltre l’attività giornalistica di Impastato da Radio Aut. Avv. Esposito: “Era un uomo dall’ indomito coraggio, un rivoluzionario che usava un’arma poderosa, la televisione che brandiva come una clava. Non era un Indro Montanelli nè un Eugenio Scalfari. Era un Pio La Torre, un Danilo Dolci. Usava la tv come Peppino Impastato utilizzava Radio Aut a Cinisi. I politici che attaccava erano dei corrotti. I massoni quando non legati ai mafiosi erano solo dei borghesi. I mafiosi no i mafiosi sono degli assassini e lo diventano quando sono platealmente attaccati”. “Apprendendo la notizia della sua morte ho pensato al delitto di John Lennon – ha detto l’avv. Vivacqua – Mauro era uno di quelli che si interrogava che aveva fatto scelte radicali che sembravano a volte pittoresche, le sue tuniche, le ghirlande di fuori, era un profeta disarmato, grande uomo di comunicazione e la sua morte pesa su questa Sicilia come pesa la morte di grandi uomini che con la sola arma della passione civile hanno fatto grande la terra e gli uomini con i quali hanno lavorato”. “Rostagno penso sia molto vicino alla storia di Beppe Alfano che fu corrispondente de La Sicilia di Barcellona Pozzo di Gotto – ha rimarcato l’avv. Miceli – Alfano e Rostagno avevano acceso i riflettori su quelle che venivano nominate province babbe… diceva: oggi combatto la mafia con la gioia di vivere….la mafia ti umilia…è negazione della dignità dell’uomo io voglio avere di guardare una persona negli occhi e di dirgli si o no con la stessa intensità e questo la mafia non lo consente…Il dott. Rostagno ha deciso di fottersene del vento che soffiava contro ma di crescere e alzare il tiro ogni giorno...“. “Io – ha detto a sua volta l’avv. Lanfranca – ho pensato anche ad un altro giornalista ucciso da Cosa Nostra, a Mario Francese, giornalista investigativo brillante, acuto, il primo che scrive di Giuseppe Mandalari che ci ritroviamo in questo processo, Mandalari il commercialista di Riina che inaugura a Trapani la loggia massonica segreta Iside 2 della quale Rostagno si è occupato…a Francese come a Rostagno arriverà un avvertimento…avvertimenti diretti ai rispettivi editori…all’editore del Gds arriverà un segnale, due attentati incendiari al direttore del Giornale di Sicilia e a un capo cronista…all’editore di Rtc Bulgarella arriverà un segnale portato da Siino e proveniente da Ciccio Messina Denaro…don Ciccio voleva che Rostagno stesse zitto che non parlasse di appalti…Siino ha detto che è intervenuto e a Bulgarella disse che se non lo faceva stare zitto a questo lo metteva nei guai….Ninni Ravazza si è ricordato che 4 sei mesi prima del delitto Bulgarella parlò con lui e Rostagno per dire che c’era qualcuno che sin stava incazzando…”.

Quella trasmissione mai andata in onda. Ne ha parlato l’avv. Carmelo Miceli. Rostagno aveva solo preparato la sigla con la musica di Paolo Conte: “E’ un testo che ci spiega perché ci vogliono anni per sapere le cose, in quel momento Rostagno si apprestava così a parlare ai trapanesi, già con quella sigla che però la mafia non gli ha permesso di mettere in onda. Il traffico di armi una pista per la sua morte? Ma quale mistero le pagine che raccontano quella vicenda sono nel menabò della trasmissione che Rostagno non riuscì mai a realizzare, era tutto conosciuto e l’articolo che Rostagno aveva conservato aveva un titolo eloquente la nuova razza padrina e a quella nuova mafia Rostagno si stava interessando. Tante cose solo adesso in questi anni si sono conosciute e Rostagno cantava come Conte sostenendo a ragione nel 1988 che occorrevano anni, anni e anni per sapere le cose”. “Il processo – ha detto l’avv. Lilli Santangelo per il Comune di Trapani – ha rilevato come la città sia stata danneggiata dal delitto…Questo processo ha messo in luce il rapporto con la città che lo seguiva in tv, Rostagno era ascoltato con interesse per tutto quello che andava svelando e per la questione morale che poneva… i suoi editoriali erano appuntamento fisso con i trapanesi…Rostagno aveva affetto per questa città lui stesso lo ha scritto a Curcio…i trapanesi mi vogliono bene e non mi voglio fermare….il processo ha messo in luce intrecci criminali esistenti in città ma ha anche evidenziato la città che come Rostagno inseguiva il traguardo della nuova primavera… Rostagno aiutava i trapanesi a scegliere da che parte stare…la strada della libertà contro quella dell’assuefazione…”.

Virga e Mazzara sono colpevoli. “Le prove raccolte ci dicono che gli imputati sono i responsabili dell’esecuzione…hanno ucciso loro Rostagno, ucciso perchè in una delle sue tante vite aveva deciso di venire in questa città, a Trapani, per venire a dire cose che nessuno aveva detto in questa provincia nella nostra provincia con così tanta libertà…Rostagno aveva un progetto di trasformazione sociale della vita civile…gli ultimi giorni per lui furono tristi…denunciò il rischio di normalizzazione..Cosa nostra è venuta a spegnere la voce di Mauro Rostagno e a garantire la normalizzazione. E’ ora di lenire con la verità quelle ferite inferte in danno dei familiari…vi chiedo che in nome del popolo italiano di pronunziare sentenza di condanna contro gli odierni imputati” è stata questa la conclusione dell’avv. Fabio Lanfranca. “Questo delitto senza verità e giustizia è una offesa per la democrazia del nostro Paese – ha concluso l’avv. Greco – Rostagno arrivò in tv nel luglio del 1987 e ammazzato nel settembre 1988….in poco tempo ha saputo essere precursore“. “Lo scrupolo della corte ha spinto l’istruzione dibattimentale fino ad esplorare gli aspetti più reconditi di questa vicenda, i pm hanno avuto la capacità di rivisitare criticamente l’intera materia processuale giungendo a conclusioni che noi condividiamo” ha aggiunto l’avv. Elio Esposito e cioè l’’ergastolo per i due imputati, Vincenzo Virga e Vito Mazzara, tutti e due già ergastolani con tanto di sentenze passate in giudicato, il primo mandante e capo del mandamento mafioso di Trapani e il secondo killer di fiducia della cosca e della stessa cupola capeggiata dal padrino don Ciccio Messina Denaro e adesso nelle mani del figlio, il latitante Matteo Messina Denaro.”Mauro Rostagno è stato ucciso dalla mafia e chi ha voglia di calarsi in quell’epoca storica non può non riconoscerlo – ha concluso l’avv. Zaccarini – Rostagno era un pericolo come lo erano stati Ciaccio Montalto e Carlo Palermo. La mafia non colpisce mai per caso. Leggete la sentenza del processo Omega. Se ragioniamo diversamente perdiamo una opportunità e uccideremo di nuovo Mauro Rostagno. Mauro Rostagno è stato già ucciso diverse volte da chi ne ha speculato la storia o l’ha infangata”.C’è il materiale probatorio necessario per dichiarare la responsabilità degli imputati – ha sostenuto l’avvocato Stefano Vivacqua – materiale probatorio che esclude ogni altra pista…piste emerse con il nemmeno malcelato tentativo di insozzare chi ha onorato questa Sicilia”. “Condividiamo le conclusioni dei pubblici ministeri – ha detto l’avv. Lilli Santangelo – perché rende piena riconoscenza alla valenza della figura di Mauro Rostagno”. “L’omicidio di Mauro Rostagno è stato un omicidio decretato e compiuto dai mafiosi Virga e Mazzara – ha detto l’avv. Enza Rando – finalizzato al rafforzamento di Cosa nostra…loro fine uccidere una voce libera una figura della nascente sociologia qualitativa italiana un giornalista coraggioso che viveva questa comunità come sua cittadino per bene che allenava il coraggio di questo territorio …. La mafia non poteva accettare coscienze coraggiose…la mafia è forte quando la politica è debole…la politica ha fatto questo regalo alla mafia con la sua debolezza….Rostagno avrebbe dovuto fare il sindaco mentre la mafia metteva le mani su tante cose, la munnizza, i conti pubblici truccati …la morte di Rostagno ha aperto le porte alla nuova mafia alla mafia degli investimenti delle imprese alla mafia che è arrivata al nord...”.

 

 

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