La resistenza di Carlos
Ci sono paesi in cui le voci libere di una radio fanno paura. Ai potenti e ai violenti. Succede in Centrafrica e succede anche in Honduras che statisticamente è la nazione col maggior numero di omicidi nel mondo in rapporto al numero di abitanti. L’11 aprile è stato ucciso Carlos Mejía Orellana, 35 anni, attivista honduregno che lavorava per Eric (Equipo de Reflexión Investigación y Comunicación) e per Radio Progreso, due realtà create e animate dai gesuiti e che, soprattutto dopo il golpe del 2009, subiscono pesanti minacce. Anche Carlos ne era stato oggetto tanto che la Commissione interamericana dei diritti umani aveva chiesto al governo di Honduras una qualche forma di protezione che non è mai arrivata. La radio denunciava la violazione dei diritti umani, chiedeva l’accesso all’acqua per tutti e la riduzione dei rischi di disastri naturali. Non denunce generiche ma mirate ai forti interessi delle multinazionali e dei signori della terra che operano senza scrupoli nella zona. Il nostro provincialismo nell’era della globalizzazione non racconta queste storie e anzi tende a rimuoverle. Ma temo che se non facciamo conoscere queste vite e non facciamo qualcosa… anche le nostre celebrazioni per ricordare la Resistenza rischiano di essere retorica vuota e ipocrita.
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