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Delinquenza fiscale e “criminalità degli affari”

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Alcuni giorni fa, il tema dell’evasione fiscale è tornato ancora alla ribalta mediatica, dopo che il Presidente del Consiglio, Renzi, aveva dichiarato che ci vuole una (buona) volontà politica per combatterla, cominciando ad incrociare i dati forniti all’Agenzia delle Entrate, sfruttando le tecnologie, senza bisogno di altre norme. Sul punto vale la pena di fare due considerazioni, perché nel mondo della “criminalità degli affari”, le evasioni (in Italia, la stima della Confcommercio relativa al 2013 è di circa 180 miliardi di euro) e le frodi fiscali non presentano soltanto una rilevanza quantitativa particolare, ma assumono, come alcune indagini di polizia recenti hanno messo in evidenza forme talmente complesse e sofisticate che la realtà supera ogni immaginazione. La diffusione di questi due illeciti, solitamente indicati nella letteratura criminologica con l’unica espressione di “violazioni fiscali”, trae origine da una spaccatura tra il sistema sociale e il consenso che appare insanabile e trova la sua spiegazione più semplicistica nell’affermazione che il “fisco è un nemico personale per il cittadino”. Ora, non c’ è dubbio, che la frode fiscale sia generata, innanzitutto, da una reazione psicologica di “resistenza all’imposta”, che è direttamente proporzionale al livello della pressione tributaria (nel nostro Paese è, come noto, particolarmente elevata). Manca, poi, negli evasori-frodatori la visione sociale e collettiva dei problemi dello Stato con il conseguente rifiuto di considerarli come propri.

Nei contribuenti della fascia media (la più penalizzata) è, poi, diffuso il convincimento delle sperequazioni tributarie, cui si aggiunge la sfiducia sui modi con cui viene gestito e impiegato il denaro pubblico. Sfiducia cresciuta notevolmente (e comprensibilmente) dopo i molteplici e diffusi episodi di malcostume, da parte di uomini pubblici, emersi nelle inchieste giudiziarie degli ultimi anni. Queste “ragioni” possono dar conto delle violazioni tributarie commesse da singoli cittadini o da piccole e medie imprese, mentre per le grandi imprese e le multinazionali la “ragione” della frode fiscale – che è una costante della politica aziendale – va ricercata esclusivamente nelle finalità dell’accrescimento (o del consolidamento) di un potere economico (e politico) da conseguire attraverso la realizzazione dei massimi profitti. Sono, infatti, le frodi fiscali ad assumere, sul piano criminologico, il rilievo maggiore, a causa della loro articolazione che rivela una pericolosità criminale ed una idoneità al ruolo delinquenziale degli autori del tutto particolare. La nota vicenda giudiziaria di Berlusconi, conclusasi, dopo molti anni, con la condanna definitiva per frode fiscale, è emblematica sul punto.

Le infrazioni tributarie di queste imprese (dei suoi amministratori)  – che rivestono spesso anche forme tipiche della criminalità organizzata – vengono perpetrate utilizzando illecitamente, da un lato, le strutture sovranazionali di cui dispongono e, dall’altro, tutte le risorse offerte dalla legislazione comunitaria e dalle disuguaglianze degli ordinamenti dei singoli Stati. Le tecniche con cui si attuano queste frodi sono complesse e ben congegnate e il dolo dei loro autori assume, di conseguenza, un’intensità rilevante. Le stesse considerazioni valgono per altre forme mediante le quali le multinazionali frodano il fisco come, per esempio, i trasferimenti di fondi per evadere l’imposta e i trasferimenti della sede sociale in Paesi che offrono, sotto il profilo tributario, maggiori vantaggi. Per fronteggiare le frodi moderne, e principalmente quelle fiscali internazionali (agevolate dalle banche, per lo più private), la legislazione tributaria internazionale è, secondo gli esperti, ancora inadeguata e servirebbe una reale cooperazione che impegnasse i vari Stati sul piano governativo e su quello giudiziario. Senza contare che il segreto bancario, anche se “attenuato”, negli ultimi tempi, in alcuni Stati, agevola ancora quella “delinquenza fiscale” generale fatta di conti segreti, di falsificazione di bilanci, di autoriciclaggio e di altre analoghe pratiche illecite. Le cose potranno migliorare quando, in Italia, si passerà da un fisco attento non solo a soggetti individuali e a piccoli-medi evasori, ma anche a quella “infrastruttura” della criminalità fiscale che spesso è stata lasciata indenne e che è la più pericolosa. Se ne riparlerà dopo le elezioni europee, perché sono troppi i grandi evasori che votano e manovrano il voto di altri.

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