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Manifesto dell’informazione nel Basso Lazio

di redazione* il . Lazio

Arrivare a redigere un “Manifesto dell’informazione nel Basso Lazio” vuol dire aver già preso coscienza delle lacune che oggi persistono nell’esercizio della professione in questo territorio, ma anche dei cambiamenti che i giornalisti hanno attraversato negli ultimi anni, dovuti alle mutazioni delle notizie e dei personaggi che abbiamo raccontato. In questo senso crediamo che aver sollevato il velo sulla presenza solida e stabile di organizzazioni criminali nel sud della regione, con buoni sostegni politici ed economici, abbia portato ad un duplice risultato. Il primo: è stato sollevato il velo su realtà che fino a sei-sette anni fa erano solo abbozzate, tracciate per grandi linee. Dal 2007 la nostra categoria ha raccontato in modo sempre più preciso e meticoloso che cosa stava succedendo e cosa era già successo, descrivendo il fenomeno “mafia” con nomi,cognomi, indirizzi, circostanze, reati contestati, connivenze comprovate. Il secondo: si è trattato di un “corso di formazione” per cronisti abituati fino a quel momento a trattare solo notizie di provincia, appunto; e come tali trattati dai colleghi delle testate nazionali, i quali, invece, dopo il 2007 si sono accorti di noi e anche dell’esistenza della provincia di Latina, che nell’immaginario collettivo fino a quel momento era solo una tranquilla lingua di mare dove Moravia e molti vip di ieri di oggi venivano a trascorrere le vacanze da Roma o Napoli. No, eravamo già diventati un’altra cosa. Oggi però è diventato improcrastinabile riflettere sull’agibilità e il ruolo dell’informazione in provincia di Latina e nei territori limitrofi cui ci accomunano tantissimi elementi. E’ ineludibile la necessità di trovare una maggiore compattezza della categoria davanti ai molti, costanti, tentativi di prevaricazione da parte della politica, di potentati economici e di pezzi di criminalità organizzata praticati attraverso le querele temerarie per diffamazione, o direttamente con le minacce, oppure cercando di dividere la classe giornalistica facendo distinzione tra “cronisti buoni” e “cronisti cattivi o in malafede”. Non si possono sottacere a tal proposito fatti realmente accaduti in questa provincia:

1) La giunta di San Felice Circeo ha approvato una delibera con cui diffidava chiunque dall’associare la parola “Circeo” alla parola “mafia” pena la presentazione di querele per diffamazione, a prescindere da cosa contenesse l’articolo;

2) l’amministrazione provinciale e svariate altre amministrazioni comunali per lungo tempo hanno sistematicamente eliminato dalla mailing dei comunicati stampa alcune testate o singoli giornalisti, rifiutando loro persino l’accesso alle conferenze stampa o direttamente negli uffici (tuttora la Provincia di Latina fa entrare solo i giornalisti “accreditati” e rifiuta gli accrediti agli indesiderati);

3) il ricorso alle querele è diventato per alcuni amministratori (vedi il Presidente della Provincia Armando Cusani) o grandi società (vedi Acqualatina) lo sport più praticato e, in più, a spese dei contribuenti perché gli avvocati vengono pagati con i bilanci. Tutto questo apparentemente non ha a che fare con la mafia, ma in realtà è la netta espressione di una consolidata prassi alla illegalità, ossia esattamente la lacuna che ha fatto penetrare la mafia da queste parti (e altrove). Il primo passo per contrastare e superare questo assetto delle cose è certamente un documento di denuncia come quello che stiamo qui presentando e che segue e riassume altre decine di denunce fatte negli ultimissimi tempi anche grazie allo spazio concessoci da Ossigeno per l’Informazione e dall’Associazione Stampa Romana insieme a Libera Informazione. Il secondo passo è l’impegno di tutta la categoria a difendere se stessa da simili prevaricazioni non per affermare l’esistenza di una casta, bensì per per acclarare la necessità per questo territorio di una informazione compatta nel difendere il proprio diritto ad informare unitamente al diritto dei cittadini a sapere cosa succede sul territorio, anche quando si tratta di verità molto scomode, specie per alcune categorie di potentati politici ed economici. Il terzo passo è la riaffermazione del principio della libertà di stampa oggi e qui più che mai necessari perché accanto ai tentativi di condizionamento dei singoli giornalisti si va purtroppo delineando un analogo tentativo verso gli editori e le aziende editoriali nel loro complesso. Fenomeno acuito dalla difficile situazione economica di molte aziende. E’ utile fare qualche esempio che calza soprattutto per i nuovi media, svantaggiati dall’assenza di una legge che li equipari alle testate di carta o di tv e radio, scoperti da contribuiti pubblici nonché da controlli seri e utili circa l’utilizzo del lavoro nero e lo sfruttamento della produzione giornalistica. Ecco l’esempio: allo stato dei fatti se un piccolo sito di informazione cerca di fare giornalismo indipendente e “tocca” interessi forti, il risultato più immediato è che i soggetti interessati propongono subito contratti pubblicitari di un valore di molto superiore al minuto budget di questi siti. E in questo modo l’inserzionista è salvo o crede di esserlo. Oppure: il politico disturbato dall’inchiesta propone una consulenza, un ufficio stampa per sé o per amici e il portale viene tenuto “sotto controllo”. Chi ha letto gli atti dell’inchiesta sui fondi ai gruppi regionali avrà visto quanti soldi a pioggia andavano alle tv locali, ai giornali e ai giornalisti non solo delle province ma anche di Roma. Ebbene: come è stato trattato il caso Fiorito nei primissimi giorni sui media e le tv di provincia? Chi ha svelato subito tutti i dettagli? Il Corriere della Sera, non i media dei territori di appartenenza dei politici coinvolti.

Il percorso che si va delineando e di cui qui si gettano le basi deve essere portato avanti da tutti i giornalisti con l’impegno a trasmettere le stesse regole e abitudini ai colleghi giovani che si avvicinano alla professione; analogamente crediamo che il Manifesto della libertà dell’informazione nel basso Lazio possa (se non debba) essere recepito da associazioni sindacali, civiche, economiche, di categoria, da partiti, movimenti, enti pubblici che vogliano effettivamente contribuire ad un’informazione più ampia, indipendente e credibile, che racconti questo territorio così come esso è , con luci e ombre, senza celare nulla e senza per questo rischiare nulla.

        Tanto sopra premesso:

         

       1) L’informazione è la sentinella delle istituzioni sul territorio e il garante della legalità

  1. I giornalisti assumono l’impegno a tenere alta la dignità dell’informazione locale, operando nel rispetto delle regole deontologiche della professione
  2. I giornalisti locali, più esposti dei colleghi impegnati nelle testate nazionali ai rischi di pressioni e/o minacce, debbono tutelarsi confrontandosi costantemente e condividendo l’attenzione verso gli accadimenti nel territorio in cui operano
  3. Le querele temerarie subite dai giornalisti nell’espletamento della funzione di controllo dei fenomeni di illegalità debbono essere considerate un attacco comune a tutta la categoria.
  4. I giornalisti locali auspicano che le associazioni di categoria e gli altri ordini professionali che operano nel tessuto socio-produttivo del territorio facciano proprie queste istanze nell’obiettivo comune di garantire la trasparenza delle procedure amministrative.
  5. Le istituzioni pubbliche locali debbono tutelare il diritto all’informazione garantendo l’agibilità della professione giornalistica in tutte le sedi.
  6. La categoria dei giornalisti si impegna a favorire l’accesso alla professione dei giovani aspiranti colleghi tutelandone i diritti e monitorando l’osservanza da parte loro dei principi deontologici e dei doveri professionali.
  7. I giornalisti locali impegnano l’Ordine, la Federazione della Stampa Italiana e i sindacati delle altre categorie del settore a garantire l’applicazione dei principi di legalità e trasparenza contro lo sfruttamento del lavoro nero nelle redazioni di tutti i media poiché per tutelare la legalità in tutte le sedi è necessario partire dal nostro interno.
  8. I giornalisti locali auspicano che la società civile, che fruisce del “bene comune” dell’informazione, si faccia attivamente parte in causa per garantire il loro diritto ad essere informati e la libertà di espressione e di critica dei giornalisti.
  9. I giornalisti si impegnano ad esercitare in forma assembleare un’azione periodica di controllo sul rispetto dei principi costitutivi di questo manifesto. 

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