Angelo Agostini: la tradizione dell’innovazione
Angelo se ne è andato, troppo presto ed in un momento così difficile per il giornalismo italiano da far dire ,subito, che la sua morte lascia un vuoto enorme,per chi gli ha voluto bene,innanzitutto: e per chi lo rimpiangerà ogni volta che bisognerà studiare una passaggio delicato del nostro lavoro, una iniziativa di qualità per cambiare il giornalismo. E soprattutto per i tanti giovani giornalisti alla ricerca di una nuova definizione del nostro mestiere, sempre in evoluzione continua. Perché Angelo era tutto questo: tradizione e innovazione nel lavoro, sensibilità e amicizia profonda con chi ha avuto la fortuna di crescere insieme,in questi anni a cavallo tra due secoli, addirittura di un millennio, non solo per i calendari ma anche per come il giornalismo è cambiato. “SI cambia per restare se stessi” dicemmo in una delle ultime occasioni di nostro incontro, per significare che in fondo le trasformazioni così forti del nostro “mestiere” aprivano spazi, guarda un po’, per ritrovare l’essenza ,la radice, la spina dorsale del giornalismo indipendente, di come si è sviluppato dai reportage dell’ottocento scritti a mano e spediti con i pony o il telegrafo, sino all’era digitale.
Giornalisticamente eravamo cresciuti insieme, in quella generazione del Gruppo di Fiesole, giovani allora che raccoglievano la sfida del cambiamento contro il tentativo di “corrompere” il nostro mestiere per metterlo a servizio di schieramenti, siano essi politici che economici, in quei tempi di P2, stragi e ’servizi deviati’, di Calvi e Sindona, di proprietà dei giornali che cambiavano a seconda del peso della massoneria o dei soldi dei costruttori,delle tangenti e del pentapartito,della lottizzazione Rai e del berlusconismo televisivo nascente, a scapito delle nuove realtà radiotelevisive private. Una generazione di giornalisti,la nostra e di Angelo, abituata a confrontarsi sempre con la realtà economica e sociale di questo nostro Paese (non a caso spesso con ruoli poi nella FNSi, nell’OdG, nell’Usigrai per non parlare di Articolo21…): figlio d’arte Angelo,figlio di Piero , figlio di un’altra generazione di persone che avevano dedicato la vita all’indipendenza del sindacato del giornalismo ,sentimento che aveva ereditato ed incarnato, battendosi sempre per valori ed unità, creando occasioni di confronto per crescere, mai per rompere. E dedicandosi all’eredità di Murialdi con la rivista trimestrale de ‘Il Mulino, “Problemi dell’Informazione” ,insegnando “Teoria e tecnica del linguaggio giornalistico” allo Iulm di Milano, dove coordinava anche il master in giornalismo,ha sempre cercato di portare alla luce e capire i nuovi problemi che dovevamo,tutti, affrontare, per un cambiamento tecnologico, culturale, spesso anche educativo delle generazioni che si affacciavano alle redazioni. Ed ancor di più quando in queste redazioni i giovani giornalisti non riuscivano ad entrare, quando il precariato costringe, come oggi succede, a lavorare per pochi Euro, quasi a cottimo, impedendo quell’approfondimento delle notizia al quale noi,la nostra generazione, aveva dedicato una vita di esperienza e di pensiero.
Se ne è andato a 55 anni, parlando ancora di giornalismo e poco della sua malattia, con la naturale ritrosia a parlare di sé, dei propri meriti su cui glissava sempre. Anche da presidente dell’associazione europea delle scuole di giornalismo, dopo aver fondato e diretto a lungo quella di Bologna, amava mettersi a fianco della scena e mai al centro,perché erano importanti i contenuti , gli insegnamenti che portiamo con noi e le nostre biografie, non i cognomi più o meno altisonanti o gli egocentrismi particolaristici di chi vuole conquistare i riflettori e/o usare le proprie esperienze per tenerli accesi su di sé. Con Angelo abbiamo invece condiviso la forza della sapienza, degli insegnamenti e delle conoscenze. Il ruolo di tramite e non di protagonista del giornalista, la scena conquistata con la verità dei fatti e non con le “sparate” dentro il circo mediatico. Ho ammirato Angelo Agostini per questo da sempre,: noi tutti gli dobbiamo molto. La sua amicizia e condivisione ci mancherà. Tantissimo; e ogni volta lo rimpiangeremo con un punta acuminata di sofferenza..
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