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Gli schiavi della Pontina

di Roberto Iovino* il . Lazio

La crisi ha rafforzato la capacità delle mafie di infiltrarsi nella nostra economia legale. Lo dimostrano le numerose indagini sul riciclaggio di capitali illeciti, sul ricorso sempre più frequente dell’usura e sulla gestione mafiosa di fette sempre più rilevanti del nostro mercato del lavoro. Il caporalato moderno non è altro che un tassello di questo mosaico. Recenti inchieste – come quella condotta dalla Procura di Lecce tra le altre – hanno dimostrato che c’è un nesso sempre più stretto tra la tratta internazionale di essere umani, lo sfruttamento paraschiavistico e l’infiltrazione mafiosa nella florida filiera agroalimentare. Le mafie, d’altronde, hanno sempre ritenuto strategico il loro legame con la terra, per decenni è stato uno degli strumenti più efficaci per il controllo sociale dei territori, come ai tempi di Placido Rizzotto. Per certi versi, con le dovute differenze, i nostri contesti rurali non sono molto diversi da allora. Certo, i tempi sono cambiati, ma questi anni di crisi hanno riportato indietro le lancette dell’orologio, facendo emergere sempre di più episodi di sfruttamento lavorativo ai limiti della riduzione in schiavitù, con salari decurtati del 50% dai caporali e un orario di lavoro raddoppiato rispetto a quanto previsto dai regolari contratti (12 ore a fronte di 6!).

È soprattutto la condizione dei migranti – in particolare donne e bambini – ad essere estremamente preoccupante. È stato dimostrato, infatti, che esiste un vero e proprio mercato degli schiavi che, da nord a sud, coinvolge circa 400.000 tra uomini e donne. Una parte di questo business, come confermato anche dalla Direzione Nazionale Antimafia, è in mano alle organizzazioni mafiose territoriali e delle loro reti internazionali di riferimento. Il Lazio, e il territorio pontino in particolare, non è immune da queste problematiche; secondo i dati Istat è una delle regioni “maglia nera” per economia sommersa nel settore agricolo (32,8%), secondo la Flai Cgil sarebbero circa 15.000 gli stranieri impiegati in modo irregolare nella provincia di Latina, la maggior parte sarebbero indiani Sikh, provenienti dal Panjab. Solo nel 2012 (ultimi dati disponibili) sono state circa seicento le persone arrestate e denunciate sul territorio per: tratta di essere umani, riduzione in schiavitù e intermediazione illecita di manodopera (caporalato).

Sono tutti numeri che, insieme alle inchieste sull’infiltrazione mafiosa nel territorio pontino e in tutto il Lazio, dimostrano la necessità di alzare il livello di attenzione delle Istituzioni nei confronti di tali problematiche, anche per dare una risposta alle tante denunce fatte in questi anni. In questo contesto, la manifestazione “Radici di memoria, Frutti di impegno” che vedrà migliaia di persone sfilare nel capoluogo pontino contro le mafie e per la giustizia sociale, il prossimo 22 marzo, non poteva avere titolo più appropriato.

 

* Osservatorio Placido Rizzotto Flai – Cgil

Fonte: La Via Libera – Speciale 22 marzo – Scarica qui il Periodico di approfondimento di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie

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