NEWS

Beni confiscati, Ciotti: “Hanno rigenerato libertà nel Paese”

di redazione il . Lazio

Primo Forum nazionale sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie///-  Si trova davanti alle 395 realtà che gestiscono i beni confiscati in Italia, Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, al forum nazionale  che si e’ svolto il 1 marzo a Roma. Parte dal ricordo del prefetto Fulvio Sodano (morto lo scorso 27 febbraio, dopo una lunga malattia, ndr) che a lungo si è’ impegnato per la rinascita della Calcestruzzi Ericina, impresa confiscata al boss Vincenzo Virga a Trapani per sintetizzare un percorso lungo 18 anni con quella legge approvata a Camere sciolte dal Parlamento, in quel lontano 1996. “Quel milione di firme per una legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati ai boss fu uno scatto in avanti, lo stesso che serve oggi – dichiara Ciotti. Ricordo quel giorno in cui 50 giornali pubblicarono il nostro appello per questa legge: fa onore un giornalismo a servizio del bene comune. Il sogno di Pio La Torre e Virginio Rognoni si realizzò anche così – ricorda. E’ stato un passaggio importante restituire beni alla collettività, dal quel ’96 ad oggi abbiamo rigenerato insieme la libertà”. E sulla vendita di questi beni, Ciotti precisa: “Vendita sia scelta residuale, qualcuno nel nostro Paese non ha ancora capito l’importanza del riutilizzo sociale che ha costruito una economia sana sui territori. Come Libera, insieme  tante altre realtà abbiamo difeso questo principio più volte in questi anni”. Il presidente di Libera porta al forum otto punti per rafforzare il percorso dei beni confiscati e del loro riutilizzo sociale, fra gli altri: una sede centrale dell’agenzia per i beni sequestrati e confiscati alle mafie che sia presso la presidenza del Consiglio dei ministri, un albo degli amministratori giudiziari per poter contare su professionalità competenti, delle risorse economiche per poter operare, l’utilizzo di liquidità dal  fondo unico giustizia, garantire l’accesso al credito per l’avvio di cooperative sociale su questi beni, l’utilizzo dei fondi europei 2014-2020 per la coesione territoriale, la proposta di legge portata avanti con la Cgil sulle aziende confiscate [clicca qui per leggere tutte le proposte].

“Bisogna costruire giustizia sociale – aggiunge Ciotti nel suo intervento – ritrovare senso di una politica capace di soddisfare insieme fame e giustizia”. Ciotti presenta, dunque, le due campagne di Libera che vanno proprio in questa direzione. Si tratta di “Libera il Welfare” e “Impresa bene comune”, due percorsi che metteranno insieme la società civile, l’economia legale e la buona politica per dare forza e dinamicità ai percorsi di riutilizzo sociale dei beni confiscati sui territori, insieme ai giovani imprenditori di Confindustria e al tempo stesso alle realtà della Cooperazione che nel paese da anni è in prima linea in questo settore, ad UnionCamere e alle imprese che sono la punta di eccellenza del Made in Italy nel mondo. [Clicca qui per saperne di più]

 

Tre ministri e un impegno comune contro mafie e per lo sviluppo. Tante le testimonianze portate a Roma dai gestori dei beni confiscati in Italia al Campidoglio. Tre ministri del neonato Governo proprio davanti ai partecipanti al Forum e al resto del Paese hanno preso alcuni impegni precisi nella lotta alle mafie e contro la corruzione. Il primo a prendere la parola è Giuliano Poletti, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali (una vita al servizio della cooperazione nel nostro Paese, ndr) seguito da Andrea Orlando, ministro della Giustizia (già ministro dell’Ambiente nel precedente governo, ndr), e infine, Maurizio Martina, attuale titolare dell’Agricoltura. “Non avrò alcuna scusante – spiega Poletti nel suo intervento – non farò cose diverse da quelle che voglio fare, da quella che è la mia idea di una economia sana e di società. Quello che posso dire, impegnandomi in prima persona, è che proveremo a fare uno scatto in una direzione: noi vogliamo che ogni italiano abbia una opportunità. Economia sociale e solidale, protagonismo delle persone, siamo ad un bivio fra individualismo cinico e movimento di massa. Noi vogliamo una terza via: la partecipazione responsabile. Politiche condivise hanno bisogno di azione e non di scorciatoie”. “Se avessimo venduto i beni confiscati su cui sono nate le prime cooperative aderenti a Libera Terra – spiega nel suo intervento – a parte i rischi che sappiamo, oggi non potremmo dire che un’altra economia è possibile. E, invece, possiamo farlo.” Un impegno cui fa eco quello del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che spiega: “Partiremo dai testi già elaborati nelle commissioni convocate nell’ultimo Governo in materia di antimafia, a partire da alcune priorità: riformare l’agenzia per i beni sequestrati e confiscati alle mafie, inserire il reato di autoriciclaggio, ma anche ad intervenire su altri aspetti che finiscono per favorire le mafie come la mancata riforma del processo in sede civile (se lo Stato non risolve le controversie fra privati in tempi regolari, qualcun altro si sostituirà allo Stato – ammonisce). La lotta alle mafie –a mio avviso – sarà un tutt’uno con la lotta alla crisi economica – continua. Il sostegno alle aziende confiscate sarà dunque un pezzo di questo impegno, perchè sono i beni hanno valore simbolico ma anche economico. Siamo di fronte ad una nuova stagione e non abbiamo alcun alibi”. Infine, il ministro dell’Ambiente, Maurizio Martina, ricorda l’impegno del precedente Governo in Campania, con il decreto sulla Terra dei fuochi e la necessità di ripartire da lì, ma anche da una legge sul lavoro nel settore agroalimentare che sia rispettosa dei diritti di tutti, un sostegno alle aziende confiscate e un annuncio: “all’Expo ci siano anche i prodotti nati sui beni confiscati con Libera Terra” …perchè sono ” eccellenza nel nostro Paese”.

 

Antimafia, Istituzioni e Giustizia. “Quando sono diventata presidente della Commissione parlamentare antimafia il primo incontro l’ho voluto fare proprio alla sede di Libera a Roma, in quel bene confiscato da cui sono partiti i percorsi che oggi sono realtà nel Paese”. Così Rosy Bindi, prendendo la parola al Forum nazionale sui beni confiscati, ha ricordato l’avvio della sua presidenza e il lavoro nato in questi 18 anni dalla legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati. “Serve riutilizzare i beni e farli diventare occasione di sviluppo – aggiunge – e Libera in questi anni ha tradotto nei fatti quella legge, facendola vivere ogni giorno”. Tante le difficoltà segnalate nelle prime audizioni della Commissione Antimafia in merito alla situazione in cui versa l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle mafie e Rosy Bindi punta subito il dito verso questa direzione affermando: “Servirà una radicale riforma dell’Agenzia, inserire personale con nuove professionalità e dotare di fondi questa struttura perchè possa lavorare. Sono d’accordo – come proposto da Luigi Ciotti – che per la particolare delicatezza della materia l’Agenzia abbia sede presso la presidenza del Consiglio dei Ministri”. La Commissione antimafia che Rosy Bindi ha in mente in queste prime settimane di lavoro è “un luogo di sintesi delle proposte emerse nei precedenti Governi” ma Bindi  chiede anche “che la politica restituisca al Parlamento il suo potere legislativo, evitando il ricorso continuo ai decreti legge e lasciando che le diverse realtà che siedono in Parlamento possano arricchire questi testi con le loro proposte”. Poi altre due osservazioni. “Serve una sezione e dunque dei magistrati dedicati solo misure di prevenzione dentro le procure, per garantire una maggiore specializzazione e attenzione sotto questo aspetto;  concludendo, non manca di dirsi “non pienamente soddisfatta” del testo approvato dal Parlamento Europeo sulla confisca dei beni ai mafiosi, la direttiva che entrerà in vigore fra pochi giorni.”Credo che non essere riusciti a dividere il percorso giudiziario dei beni sequestrati e confiscati da quello della persona cui sono sottratti  – spiega – sarà un grande limite che peserà nella reale possibilità di applicare la legge sulla confisca dei beni ai mafiosi in Europa”. Mafia e economia, politica e istituzioni sono gli argomenti al centro dell’intervento dell’attuale  capo di Gabinetto del ministero dell’Economia,  Roberto Garofali, che si dice soddisfatto del lavoro delle precedenti commissioni riunite dal Governo, che pure con “alcune divergenze” convergono su alcuni punti fondamentali, come la revisione del 416 ter su cui sta lavorando il Parlamento e della legge sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose. Inoltre, aggiunge Garofali, “è essenziale rendere note le cifre davvero presenti nel Fondo Unico della Giustizia”, cui tutti sostengono di volere attingere ma che – conti alla mano – “potrebbe non essere sufficiente per far fronte a tutti gli oneri di un intervento pubblico in sostegno, ad esempio, delle aziende confiscate ai boss”. Un percorso con cui ogni giorno fa i conti la procura nazionale antimafia guidata da Franco Roberti che  al Forum ha puntato il dito, in particolare, sulle “diseguaglianze socioeconomiche create dalle mafie” nel nostro Paese facendo riferimento agli ultimi dati pubblicati dall’Istat sulla disoccupazione e sulla povertà. Non basta più la lotta alle mafie tradizionalmente intesa, ha spiegato Roberti, è la corruzione oggi lo strumento con cui i boss entrano nell’economia e nella politica, condizionandole dall’interno. Mafie e corruzione sono due aspetti della stessa medaglia, per il procuratore nazionale che mentre parla di economia non guarda più solo all’Italia ma a tutta l’Europa e spiega “Perchè il sistema funzioni è necessario che tutte le economie fra loro connesse degli Stati membri Ue siano in salute, se una, come nel caso dell’Italia, è condizionata dal sistema criminale mafioso a catena tutte le altre economie saranno contagiate. Per questo l’Europa deve – come sta facendo – occuparsi del fenomeno mafioso, delle sue ramificazioni perchè non è più un problema italiano ma un problema Europeo, internazionale”. Roberti ricorda inoltre, alcuni strumenti che rallentano o impediscono una efficace lotta alle mafie, partendo dall’istituto della prescrizione “va riformato” spiega perchè “solo in Italia il tempo della prescrizione parte da quando il reato viene commesso e non da quando viene accertato” riducendo le possibilità di verifica del fatto da parte dell’autorità giudiziaria, e  incidendo su oltre il 30% dei processi, molti legati a reati di mafia, come quelli contro l’ambiente”. Sull’ambiente Roberti ribadisce il pensiero più volte espresso: “I reati di illegalità ambientale sono commessi prima di tutto da imprenditori senza scrupoli che per guadagnare di più decidono di servirsi della mafia per smaltire illegalmente rifiuti tossici, per questo dico che i reati contro l’ambiente non sono solo di mafia ma anche economici”. Snellire il percorso giudiziario, civile e penale, e ripristinare il reato di falso in bilancio, sono altri due elementi che Roberti mette sul tavolo del dibattito per una efficace e reale lotta antimafia che passa, dunque, da un “grande piano per la Giustizia”.

 

“1 marzo: una giornata di svolta” Oltre otto ore di confronto e dibattito, di interventi concreti e di testimonianze di realtà che sui beni confiscati operano da anni e che possono dire, davanti al Paese intero “di avercela fatta” sono state “una giornata di svolta” come l’ha definita il presidente onorario di Libera, Nando dalla Chiesa, nelle sue conclusioni insieme al direttore di Libera, Enrico Fontana. Un punto di non ritorno, sembrano voler dire nei loro interventi, dopo aver analizzato le proposte emerse nei gruppi di lavoro che nel pomeriggio hanno messo al centro il tema della rinascita dei beni confiscati ai boss. Enrico Fontana sottolinea come una parola su tutte sia stata il filo conduttore della giornata, ovvero “rete”: rete fra le diverse realtà che operano nel sociale sui beni confiscati e che si sono incontrati oggi per la prima volta tutti a Roma, rete fra le istituzioni e il sociale, non solo in Italia, rete all’interno dei singoli territori con altre realtà che operano nel mondo dell’economia, per lo sviluppo e la coesione territoriale. 395 realtà, ricorda Fontana, e oltre 4000 lavoratori, “non sono solo numeri ma sono il segnale di un cambiamento possibile e silenzioso che si è fatto strada a partire dai beni confiscati nel Paese”. “Vorrei riprendere – afferma Nando dalla Chiesa – un passaggio dell’intervento della presidente Bindi che ci permette di guardare avanti, si tratta di quello relativo alle ipoteche bancarie sui beni confiscati. E’ mai possibile che per la concessione di un mutuo ad un piccolo imprenditore da parte delle banche ci sia una attenzione minuziosa alla situazione dell’azienda e di fronte ad imprese a capitale mafioso le banche non vedano, attraverso la loro analisi, la reale situazione in cui versano quelle imprese? E’ arrivata l’ora di cominciare a dire che un mutuo concesso ad imprese di mafia non deve avere valore legale”. Parole chiare quelle del presidente onorario di Libera che tracciano una linea fra un prima e un dopo-Forum e che aggiunge “le storie nate in questi 18 anni dalla legge 109/96 sono la testimonianza che un’altra economia sta già avanzando nel Paese”. “Questa giornata di svolta – infine commenta – si chiude con una consapevolezza: quella che finalmente cominciamo a chiedere quello che sino ad oggi non avevamo osato chiedere, ovvero che la politica intevenga con le sue specificità e che si facciano precisi passi avanti nella lotta alle mafie”. Come dire, il tempo e’ scaduto.

 

Leggi anche:

–  Il riutilizzo sociale del “tesoro dei boss” e’ possibile 

–  Forum beni confiscati: 395 in Italia le realtà che li gestiscono a fini sociali 

Forum beni confiscati, Rognoni: “Riutilizzo sociale carta vincente che va giocata”

 Forum beni confiscati, un minuto di silenzio in ricordo del prefetto Fulvio Sodano

–  I numeri della “roba” dei boss nel Paese

– Galleria Fotografica e Rassegna stampa/Agenzie a cura di Libera.it

 

 

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link