Lo Stato, la ‘ndrangheta e gli arresti di Vibo Valentia
L’approfondimento a cura di Lucia Lipari//-–” La Calabria e’ una terra di infiltrazioni. La mafia si infiltra dappertutt0″ ha affermato il Procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo. Niente di nuovo sotto il sole della Calabria,oggi, tanto per cambiare, le cronache giudiziarie narrano di un ex Capo della Squadra mobile di Vibo Valentia, Maurizio Lento, e del suo vice Emanuele Rodonò, finiti in manette con l’accusa diconcorso esterno in associazione mafiosa. Coinvolto ancheAntonino Vladimiro Pititto, poliziotto tuttora in servizio a Vibo, con l’accusa di rivelazioni di segreti d’ufficio. A chiuderel’incredibile cerchio è, invece,l’avvocato del clan Mancuso, Antonio Galati, trait d’union tra presunti servitori dello Stato ed il boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”. Il legale avrebbe tramato per bloccare le inchieste sui Mancuso e dirottarle sui clan rivali, probabilmente con l’avallo compiacente dei poliziotti corrotti. Dopo le operazioni “Dinasty” e “Do ut des”, c’era la necessità di ricompattare la famiglia, grazie a nuovi sodalizi, capaci di garantire impunità alla cosca.
Le indagini sono in corso ed il quadro probatorio tutto da chiarire, ma sullo sfondo si paventa ancora la sagoma di un altro spettro: un soggetto non ancora identificato, di alto livello, che, secondo il Gip Abigal Mellace, sarebbe il responsabile “dell’inerzia investigativa sulla cosca Mancuso”.
Vecchi ritornelli insomma, che rimbombano tra le strade e le Procure e tra i racconti delle vittime della ‘ndrangheta, che si sono visti negli anni scippare i diritti, andando a sbattere contro la malaburocrazia ed il dolo di presunti pezzi delle Istituzioni. Spesso questi testimoni di giustizia non si sono spiegati la lentezza elefantiaca delle proprie pratiche, bè quest’indagine, se ne verrà confermato l’impianto generale e verrà accertata l’effettivacolpevolezza degli odierni imputati, farà emergere, facendo quadrare il cerchio di molti imprenditori, il perché di informative sepolte nei cassetti, controlli evitati, inchieste indirizzate altrove, relazioni di servizio non trasmesse alla Procura, appoggi etranquillità ambientale, fiancheggiata da una rete di collusi.
Sfilano da anni passerelle di giudici, professionisti, forze dell’ordine, amministratori giudiziari, avvocati, tizi insospettabili al servizio dei boss di turno, mentre si ammonticchiano faldoni diindagini e a volte per confondere e sparigliare le carte si infangano pure i magistrati onesti, come nel caso del Dottor Fabio Regolo, sempre a Vibo Valentia, vittima di una campagna di delegittimazione, perché alla Sezione Fallimentare, come è noto, la torta degli affari è grossa.
«Digli che passano di qua che si prendono il caffè…» incalzava Mancuso.
Galati: «Mancante..che non è sceso a trovare a voi, a trovare lo “zio ‘ntoni”..».
In uno scambio di battute tra l’avvocato Galati e “Scarpuni”, si evince amaramente che Lento sembrerebbe scusarsi di «avere mancato sia nei suoi confronti, che nei confronti dello zio ‘Ntoni» Mancuso, uno dei capibastone, e che così si riprometteva diandare a trovarli, con il pretesto di una perquisizione.
Tra un caffè espresso ed una allegra giornata al mare, intervallata da massaggi e champagne, Lento e Rodonò “avrebbero abdicato all’esercizio delle proprie funzioni in un territorio ad altissima densità mafiosa”, apostrofa il Gip della DDA di Catanzaro, Abigail Mellace.
Agli atti d’accusa seguono parecchie intercettazioni, che fanno luce su uno spaccato di funzionari pubblici che si fanno blandire, si parla di una vacatio investigativa che va dal 2009 al 2011 ed in cui la potente cosca di Limbadi avrebbe dormito sonni tranquilli.Una vicenda quanto mai delicata e “raccapricciante”, prendendo in prestito l’aggettivo usato dal Procuratore Aggiunto Giuseppe Borrelli, durante la conferenza stampa.
Fatti eclatanti, che se provati, permetteranno a chiunque di capire qual è la verità e perché, a volte, è difficile avere fiducia e denunciare. Chi è taglieggiato non collabora perché teme di essere lasciato solo, a mani nude, a combattere contro i mulini a vento.
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