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L’Antimafia dei Comunisti

di Tatiana Giannone il . Lazio

A 38 anni di distanza dalla relazione di minoranza della commissione antimafia scritta da Pio La Torre torna in Parlamento, in occasione della presentazione del volume“L’antimafia dei comunisti”, edito dall’ Istituto Poligrafico Europeo. A presentarla Rosy Bindi Presidente Commissione Parlamentare Antimafia;Sergio Boccadutri Deputato SEL; Franco La Torre figlio di Pio La Torre;Vito Lo Monaco Presidente del centro studi Pio La Torre; EmanueleM acaluso Senatore; Giuseppe Pignatone Procuratore della Repubblica; Elio Sanfilippo Vicepresidente Legacoop Nazionale.

Tutti i presenti hanno evidenziato come un testo scritto nel 1976 sia ancora profondamente attuale e necessario per lo studio e l’analisi di quello che succede oggi sul nostro territorio. Il senatore Emanuele Macaluso, in particolare, ha ricordato come Pio La Torre fino a pochi giorni prima della pubblicazione della relazione abbia cercato un confronto con la maggioranza democristiana della Commissione: la difficoltà maggiore fu quella di far accettare alla controparte politica la citazione dei nomi, come quello di Ciancimino,  nelle pagine della relazione. Una divisione che si ritrova, purtroppo, anche negli odierni scenari parlamentari.

Il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, ha ricordato i suoi inizi nella magistratura, quando l’introduzione dell’articolo 416 bis provocò una vera e propria rivoluzione nella conduzione dei processi. Prima dell’istituzione della Commissione Antimafia e di un così conclamato impegno, molti politici siciliani ostentavano i loro rapporti con i boss locali, cosa che fino al 2011 succedeva anche a Reggio Calabria. E allora, un profondo cambiamento culturale e sociale deve necessariamente portare a una condanna sociale del fenomeno mafioso e di tutte le sue connivenze. Si auspica un ritorno ad un impegno unitario di tutte le forze politiche sul tema della lotta alla mafia, lontana da un’impostazione scandalistica e superficiale di rapporti e reti così delicate – sottolinea Elio Sanfilippo –  profondo valore del metodo di lavoro utilizzato dall’onorevole La Torre per la stesura della relazione, lontana dall’essere una mera pubblicazione, ma intrisa in tutte le sue pagine dalla conoscenza del territorio e della compagine sociale; quella contro la mafia deve essere una lotta e non solo una manifestazione di intenti.

“Questo documento deve essere un documento di tutti i cittadini italiani, e non solo del mondo comunista”, commenta il figlio Franco La Torre, “perché la mafia è ancora oggi un fenomeno di classi dirigenti e ha una valenza globale, come ci confermano anche le recenti indagini dell’Europol”. Quello che auspica La Torre è che il documento sia una pietra miliare per la giovane democrazia italiana, segno di come l’impegno politico debba essere strettamente connesso alla vita quotidiana di un’intera nazione.

Ha concluso il pomeriggio di interventi la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi affermando: “Il primo atto della mia presidenza è stato quello di aprire il vasto archivio di audizioni e atti legislativi; si deve favorire l’incontro tra le diverse fonti di conoscenza, creando un approccio laico allo studio del fenomeno mafioso. Sicuramente la lotta alle mafie deve unire le diverse forze politiche, ma non sempre: la divisione è necessaria per rendere il nostro operato una lotta fino in fondo alla corruzione e alla connivenza. La rottura sul piano politico, a volte, si impone.”

Secondo la presidente Bindi, la commissione antimafia deve far valere fino in fondo la sua natura politica, non scimmiottando mai il ruolo della magistratura. Tutta la retorica antimafia che sta venendo alla ribalta in questi ultimi anni è solo uno dei modi per celare la “zona grigia” che commette quelli che si potrebbero definire dei reati spia.

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