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Beni confiscati nel Lazio, oltre 30 le realtà impegnate nel sociale

di Tatiana Giannone il . Lazio

Il riutilizzo sociale del “tesoro dei boss” è possibile. Al Forum regionale sui beni confiscati nel Lazio e nel centro Italia si incontrano le storie di chi ce l’ha fatta. Nonostante tutto///.  Si concludono con la tappa romana i forum regionali “Le mafie restituiscono il maltolto”   organizzati da Libera in cinque diverse aree del territorio nazionale. Oltre 350 realtà di riutilizzo sociale in tutta Italia si sono incontrate e confrontate, hanno raccontato le loro esperienze e messo in rete le buone pratiche sviluppate.  Lo scorso 15 febbraio si sono date appuntamento in quindici dal Lazio e dal Centro Italia,  all’ex Cinema L’Aquila, bene confiscato alla Banda della Magliana e oggi luogo di aggregazione e cultura. “Nel sentire queste storie – ha spiegato Davide Pati dell’Ufficio di presidenza di Libera –  si prova sempre un’emozione intensa e una forza nuova nel portare avanti le nostre battaglie; siamo convinti che i beni confiscati debbano passare dall’essere beni posizionali di un potere illecito sul territorio all’essere beni relazionali per l’intera comunità, patrimonio che torna nelle mani di tutti i cittadini onesti”. “Dedichiamo questo forum  – ha aggiunto Pati – a due donne importanti per la nostra associazione e per la storia del Paese: Saveria Antiochia, madre di Roberto, vittima innocente di Cosa Nostra e socia fondatrice di Libera e Giuseppina Zacco La Torre, moglie di Pio, donna forte e determinata che fino alla fine ha sostenuto le idee del marito”. Tante le realtà del vasto mondo del sociale impegnate nel percorso di riutilizzo sociale dei beni confiscati nella regione che quest’anno ospiterà anche il Forum nazionale dedicato proprio ai patrimoni sottratti ai clan e restituiti alla collettività il prossimo 1 marzo a Roma.

Un fondo per le star-up sui beni confiscati. Sono 649 i beni confiscati ai boss nel Lazio, 140 le aziende, oltre 30 le realtà del sociale che operano tutti i giorni restituendo ai cittadini patrimoni un tempo di proprietà dei boss. All’incontro di sabato scorso hanno preso parte anche il vice sindaco di Roma Luigi Nieri e l’assessore di Roma Capitale ai lavori pubblici Paolo Masini. Dalle istituzioni è emersa forte la volontà di dare un segnale chiaro alla città. Nella Capitale non si può più parlare di infiltrazione mafiosa ma di vero e proprio radicamento  – hanno spiegato nei loro interventi – per questo è necessario che lo Stato si dimostri credibile nella gestione di tutto il processo di confisca e assegnazione dei beni sottratti al potere mafioso. Giampiero Cioffredi,  presidente dell’Osservatorio Sicurezza e  Legalità della regione Lazio, ha  annunciato la creazione di un fondo regionale per lo start up di imprese sociali sui beni confiscati e per i lavori di ristrutturazione e manutenzione.Segno importante in una regione che si colloca al sesto posto in Italia per confische, subito dopo le quattro regioni meridionali e la Lombardia.  Nel dibattito sono intervenuti anche Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse, che ha portato la testimonianza di un mondo bancario che ha deciso di accompagnare queste esperienze di riutilizzo sociale, attraverso forme di tutoraggio e di aiuti economici e Stefano D’Alterio, responsabile della Legalità per Cgil Roma e Lazio, che ha raccontato la vicenda del Cafè de Paris,  balzata agli onori della cronaca a causa del possibile licenziamento dei dipendenti. La sinergia che si è creata da tutte queste diverse realtà è una testimonianza di come sia possibile creare una rete di attori sociali e istituzionali, l’unica in grado di potersi opporre con forza al potere mafioso e in grado di costruire una concreta alternativa per tutti i cittadini onesti.  La legge 109\96, che prevede il riutilizzo sociale, frutto di un lavoro congiunto di tante associazioni e realtà del terzo settore, riporta alla mente l’articolo 9 della nostra Costituzione: la Repubblica deve tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. E i beni confiscati ne sono una parte fondamentale. Lo Stato, il terzo settore, il mondo del lavoro e delle banche, spiegano al Forum, devono tutti fare una sforzo congiunto, un salto di qualità per dimostrare che lo Stato non ha perso e non abbandona i suoi cittadini.

Quel “morso del più”, come ricorda spesso don Luigi Ciotti.

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