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Beni confiscati e economia illegale

a cura di Giulia Bartolini il . Internazionale

Berlino –   Studiosi, magistrati, investigatori e esponenti delle istituzioni si sono dati appuntamento in Germania, a Berlino, per “conoscere l’economia illegale e la sua diffusione tra la popolazione europea, accentuare la conoscenza e lo studio dei crimini finanziari, analizzare il ruolo della società civile nel contrasto al crimine organizzato” . La due giorni di seminari e dibattiti del 6 e 7 febbraio scorso fa parte del percorso “TIE – Tackling Illegal Economy” coordinato da Libera che ha  l’obiettivo di promuovere, incentivare e diffondere metodologie di contrasto sociale all’economia illegale con l’obiettivo specifico di creare partnership tra società civile, realtà accademiche ed istituzionali, di promuovere buone pratiche sul riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata e di sensibilizzare la società civile su queste tematiche. Le tavole rotonde  si svolgono in cinque città europee e sono organizzate dalle associazioni partner del progetto. Le realtà coinvolte sono European alternatives France, European Alternative UK, Alda con sede a Strasburgo, Bibo con sede a Stara Zagora e Mafia? Nein danke! che ha organizzato e coordinato l’incontro di Berlino.

La prima tavola rotonda della due giorni è stata inaugurata dai saluti introduttivi di Sandro Mattioli, presidente dell’associazione tedesca e di Giovanni Pugliese, vice ambasciatore italiano a Berlino. I beni confiscati sono stati al centro del primo dei seminari organizzati a Berlino. A parlarne Jesus Palomo, professore e ricercatore all’Università Rey Juan Carlos di Madrid che ha introdotto il tema dell’utilizzo dei patrimoni finanziari ed immobiliari da parte della criminalità organizzata per finalizzare le strategie criminali generali dei clan. Palomo ha posto particolare attenzione sia al contrasto delle mafie attraverso strumenti adeguati, come la direttiva europea e gli strumenti di confisca, sia sull’importanza della prevenzione. «Questo è quello che cerchiamo di fare – afferma Palomo – con questo tipo di conferenze. Facciamo prevenzione, rendiamo i cittadini coscienti di quello che c’è intorno a loro».

The European legal context of confiscation. Al secondo seminario, dedicato alla confisca dei beni ai mafiosi hanno preso parte Sebastiano Tinè, responsabile del settore crimine finanziario della Commissione Europea e Laura Garavini, parlamentare europeo e membro della commissione antimafia UE, ha moderato il dibattito Hella Gerth, dell’associazione Cultura contro Camorra di Bruxselles. Tinè ha spiegato nel merito il dibattito in corso sulla direttiva europea che riguarda la confisca dei beni alla criminalità organizzata, in via di approvazione al Parlamento europeo, sostenendo l’importanza della cooperazione giudiziaria internazionale, soprattutto per condividere strutture e prassi sulla gestione dei beni confiscati. Nella direttiva – ha ricordato Tinè – c’è l’obbligo di strutturare la confisca con uffici adeguati nazionali, regionali ed esperti a più livelli. Insieme a Laura Garavini ha, inoltre, auspicato un miglioramento dei criteri di giudizio, sostenendo che i giudici dovrebbero essere completamente convinti della colpevolezza dell’imputato in modo da non passare dal sequestro alla confisca ma di confiscare direttamente. La sessione di lavoro si è conclusa con l’intervento di Laura Garavini che ha sottolineato come i mafiosi vengano colpiti maggiormente attraverso la confisca dei propri beni e capitali che non con il carcere. La Garavini ha auspicato che il semestre di presidenza italiana presso il Consiglio Ue possa essere una grande spinta verso la fattibilità del riutilizzo sociale dei beni confiscati. «Una sfida – ha dichiarato – che deve impegnarci in una azione responsabile e costante per sensibilizzare anche e soprattutto gli altri paesi membri».

The use of thechnical tools to trace organized crime investiments and the problem of data protection. Due le sessioni che si sono avvicendate il 7 febbraio, nell’ultima giornata di incontri e dibattiti a Berlino. I lavori hanno avuto inizio con il terzo seminario dedicato agli investimenti delle mafie nell’economia che ha visto come relatori Michele Ricardi, del centro Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed Alexander Dix, impegnato nella tutela dei dati e della libertà di informazione. Ricardi, nel suo intervento, ha sottolineato un dato: in Europa non ci sono attualmente numeri attendibili sull’ammontare dei beni confiscati. «Esiste un forte gap – ha puntualizzato Ricardi – tra quello in cui le organizzazioni criminali investono e ciò che viene confiscato, questo perché è molto difficile rintracciare i capitali su cui la mafia investe». Alexander Dix ha analizzato il problema della tutela dei dati, sostenendo che si deve sempre garantire il diritto di riservatezza dell’individuo durante le indagini. «La tutela dei dati – ha affermato – viene spesso vista come un problema rispetto allo svolgimento delle indagini ma non dobbiamo dimenticarci che la tutela delle persone fisiche è un aspetto, quello delle persone giuridiche è un altro». Il dottor Dix ha inoltre raccontato di alcune limitazioni inserite dalla Corte Costituzionale tedesca ai campi di indagine giudiziaria, cercando di capire cosa fosse accettabile e sin dove si dovesse riformulare la legislazione. «Non conosciamo – ha aggiunto Dix – casi in cui la tutela dei dati non abbia permesso di proseguire le indagini o di fare gli arresti». Il binomio indagine/tutela dei dati è stato più volte al centro del dibattito dei lavori di Berlino, tanto che il dottor Ricardi ha concluso sostenendo l’importanza di delineare strumenti efficaci che garantiscano al contempo la giustizia da un lato e la libertà personale dell’indagato dall’altro.

Are there any legal instrument to be introduced in Germany? Nel pomeriggio la Germania e gli strumenti di contrasto al crimine organizzato sono stati al centro del penultimo seminario della due giorni organizzata da Libera. Ad intervenire Bernd Finger, ex comandante della polizia investigativa tedesca e Valentina Fiore, direttore del consorzio Libera Terra Mediterraneo e vicepresidente della cooperativa Placido Rizzotto. «Non ci sono associazioni che si occupano di questi temi – ha commentato il comandante Finger – e ci sono davvero poche iniziative spontanee».  Il comandante  ha raccontato che nel 2012 c’è stata una inchiesta parlamentare del ministero della Giustizia sulle mafie da cui è nato un Piano contro la criminalità organizzata (2014-2019)  nel quale potrebbero essere incanalate molte proposte. Il comandante ha però aggiunto “attualmente che c’è poca gente, pochi soldi, poca volontà politica!“. A Valentina Fiore il compito di illustrare, invece, l’esperienza positiva di riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia. «Lo strumento cooperativo è il migliore – ha dichiarato Fiore – per dare una visione a lungo termine per un progetto che vuole coniugare i beni confiscati con i valori della società e delle generazioni future». I lavori si sono conclusi con il quinto seminario  dal titolo “How should the best practice look like?”. E’ stata Petra Leister, pubblico ministero tedesco che si occupa di criminalità organizzata a Berlino ad aprire il seminario spiegando che gli strumenti attuali sono sufficienti a contrastare i clan che operano nel Paese. «C’è una mancanza di personale che si occupa di questo aspetto investigativo – ha sostenuto la Leister – sono processi, quelli della confisca, che presentano procedure burocratiche lunghissime e rappresentano spesso dei fardelli per i pm che se ne occupano». Ponendosi un po’ in una posizione diversa dagli altri relatori la Leister ha sostenuto che l’uso sociale dei beni confiscati in Europa non sia una necessità impellente. In collegamento telefonico dall’Italia, il procuratore Pier Paolo Bruni ha sottolineato, invece, la necessità di aggiornare la legislazione europea poiché «Gli accordi bilaterali tra le Nazioni– ha affermato Bruni – come quello nato con la Germania dopo la strage di Duisbrug nel 2007 possono risolvere poco la situazione». Il procuratore ha puntato il dito su alcune criticità: dalle intercettazioni telefoniche all’estero, alla mancata armonizzazione legislativa, sino ad una visione comune nella lotta antimafia. A concludere i lavori, Nando dalla Chiesa, professore di Sociologia della Criminalità organizzata all’Università statale di Milano e presidente onorario dell’associazione Libera. Dalla Chiesa ha sottolineato come la confisca dei beni mafiosi in Italia sia uno strumento fondamentale poiché va ad attaccare la legittimità della mafia, rendendo manifesta la presenza e la vittoria dello Stato in quel territorio. Il presidente onorario di Libera ha raccontato del suo primo viaggio in Germania alla fine degli anni ’80, invitato a parlare del maxi processo ricorda di aver riscontrato un clima di incomprensione generale sul fenomeno. «I tedeschi interpretavano questo processo – ricorda dalla Chiesa – come un procedimento troppo forte, invasivo da parte dello Stato». Alla fine del suo intervento ha però affermato di aver trovato oggi un clima diverso da quegli anni. E questo fa ben sperare per i percorsi in atto in Germania e nel resto d’Europa.

Tante le azioni ancora in programma per il team del progetto coordinato da Libera. In attesa dell’approvazione della direttiva europea, l’appuntamento è alla tavola rotonda di Aprile a Stara Zagora per segnare un altro importante momento di riflessione europea sulla lotta al crimine organizzato.

* Giulia Bartolini – Libera Internazionale

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