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I beni dell’antimafia: un’utopia possibile

di Umberto Di Maggio il . L'analisi

Nel sottotitolo del logo di Libera ogni parola è declinata al plurale: associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Quel NOI è il senso di un sogno collettivo che abbiamo fatto nel ’95/’96 quando raccogliemmo, dal Brennero a Lampedusa, un milione di firme per avere una legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Quel plurale è ancora parte del nostro DNA; è colonna vertebrale dell’impegno civile dei tanti cittadini e delle migliaia di realtà collettive che si impegnano contro le organizzazioni criminali i nostri territori. A questo plurale abbiamo fatto riferimento quando abbiamo pensato al “1° Forum siciliano dei beni confiscati”; la necessaria prosecuzione di un percorso nazionale che vede coinvolte anche la Calabria, la Campania, la Puglia ed il resto del nostro Paese. L’abbiamo voluto così perché c’è bisogno di raccogliere l’inquietudine di chi ogni giorno fatica per gestire al meglio le proprietà che un tempo erano di Cosa nostra e che crede che sia necessario superare il paradigma della protesta rassegnata tale per cui è meglio alzare bandiera bianca e riconsegnare le chiavi ai vecchi proprietari.

A quasi 18 anni dalla 109/96 urge un aggiornamento alla normativa esistente che consenta di superare i ritardi, le problematicità di gestione e che consenta un pieno ed effettivo riutilizzo di quest’immenso patrimonio che resta spesso, per difficoltà di vario genere, inutilizzato e dunque sprecato. Ai protagonisti di questa sfida controvento, che vogliono recuperare la fiducia nelle Istituzioni e nella Politica, chiediamo di evidenziare in questo luogo di elaborazione collettiva queste difficoltà e queste debolezze e, nella convivialità delle differenze, e di essere detonatori di cambiamento. E’ dura, e lo sappiamo bene! Il panorama è ostile poiché le mafie sono più infide e camaleonticamente in grado di adattarsi ai cambiamenti della società e di farsi sistema di welfare, accrescendo nella crisi ancora più consenso. Questa sfida ci impone il coraggio della proposta ed insieme il dovere della radicalità. Questo forum è allora uno spazio di riflessione, condivisione, studio ed approfondimento. E’ un luogo dove le alleanze al sole trovano voce. E’ uno spazio in cui le esperienze positive di riuso sociale diventano argine ad ogni ipotesi di vendita e cura al pessimismo che gravita intorno all’argomento. E’ un’occasione che ridefinisce la nuova questione meridionale a partire anche dall’esigenza di sviluppare le condizioni affinché si riutilizzino, presto e bene, tutti gli immobili e le aziende strappate alle cosche.

Nessuno deve essere lasciato indietro. Che sia un lavoratore di un’impresa in amministrazione controllata, un indigente senza casa, un operaio di una cooperativa che gestisce fondi agricoli o un operatore di un centro di assistenza. Ed in questo senso, non possiamo dire che non è possibile fare nulla o peggio permettere che i beni vengano utilizzati in un perfido gioco d’immagine e propaganda. E’ urgente, invece, intervenire considerandoli a partire dalla difesa del principio risarcitorio e dalla promozione di una nuova idea di sviluppo comunitario, pilastri a fondamento della legge che porta il nome di Pio La Torre. “Le mafie restituiscono il maltolto” va letta proprio in questa direzione. E’ una frase che evidenzia la capacità dello Stato, in tutte le sue articolazioni, di riappropriarsi quanto gli è stato indebitamente sottratto. La scommessa è considerare questi beni come strumenti ordinari di welfare e di sviluppo, come occasione per innovare e modernizzare il Sud con tutti i suoi acciacchi e contraddizioni, come tamponi alle falle dello tsunami demografico che affligge le nostre comunità, come strumenti di valorizzazione del patrimonio materiale ed immateriale dei nostri luoghi e della nostra gente.

Bisogna ripartire dalle competenze e non fare la lista della spesa agli interlocutori di turno. Significa spendersi in prima persona convinti che i beni confiscati certamente non sono l’antibiotico per ogni malattia.

Questa è la terra dello spreco di energia e di bellezza. Troppi siciliani, infatti, vivono oggi in Fortapache e nel deserto del civismo e purtroppo non credono più nella forza dell’Utopia che invece è stato il motore della lotta civile alle mafie: dai fasci siciliani di fine ‘800, alle battaglie sindacali del pre e dopoguerra, fino alla Primavera successiva alla stagione stragista. Questo Forum ha un’umile ambizione: quella di dare fiato alla proposta, di portare possibili soluzioni alle tante difficoltà che si incontrano quotidianamente quando si gestiscono ed amministrano i quasi 5000 beni immobili o le 600 aziende presenti nella nostra regione. E’ un’occasione inedita di essere cerniera tra le realtà associative, cooperativistiche,  educative,  del  terzo settore nonché tra le forze produttive, sindacali ed i soggetti istituzionali e professionali  coinvolti  nei  procedimenti  di  sequestro, confisca, destinazione, amministrazione e gestione.  E’ questa la “Via Maestra” che vogliamo solcare tutti insieme convinti che i beni dell’antimafia hanno in se’ una natura innovativa. Essi uniscono in una ricetta miracolosa etica ed estetica e sono amplificatore che ci aiuta a dire convintamente che la mafia può perdere.

 

[Relazione introduttiva di Umberto Di Maggio, coordinatore di Libera in Sicilia e membro dell’Ufficio nazionale beni confiscati di Libera al 1° Forum siciliano sui beni confiscati – Palermo 18 Gennaio 2014.]

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Umberto Di Maggio

Umberto Di Maggio nasce a Palermo durante le stragi di mafia degli anni '80. Cresce nei vicoli della periferia, nel meticciato del Mediterraneo, mentre la città viveva la sua Primavera. Fugge rabbioso nel Continente per trovare la desiderata pace. Il sogno di un terra libera, invece, lo rimette in viaggio verso Itaca. Oggi, felice, coordina "Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie" nell'Isola. Diritti, libertà, democrazia sono per lui il pensiero plurale di una Sicilia emancipata dall'infame peso di mafie e corruzione. Sociologo, è autore di “Siciliani si diventa”, un racconto che denuncia i traffici delle mafie internazionali nel mediterraneo. Sostiene Libera Informazione perché Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Mauro Francese, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Beppe Alfano sono giornalisti uccisi delle mafie. Nella loro memoria il mio (ed il nostro) impegno.

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