Pierfrancesco Diliberto, nato a Palermo nel 1972, in arte Pif. E’ lui l’uomo del momento. Non passa settimana senza che qualcuno non mi chieda come fare a contattarlo, come fare ad invitarlo, come fare a proiettarlo (il film!) …Già perché da novembre il suo “La mafia uccide solo d’estate” è a pieno titolo un film di successo, capace di raccontare a chiunque oltre vent’anni di stragi di mafia. Ma proprio a chiunque. Pif comincia presto a stare dietro la macchina da presa, facendo l’assistente in diversi film. Tra tutti, spicca la sua collaborazione nel 2000 ne “I cento passi”. Grazie all’esperienza televisiva de Le Iene, impara a raccontare le cose come le vede, interrogandosi e interrogando chi gli sta attorno, con quello stile fintamente ingenuo che lo caratterizza. Fa domande semplici Pierfrancesco, domande semplici a cui molti si ritraggono perché la semplicità spesso ci mette in crisi. Con questo stesso modo, leggero e diretto, Pif interroga la storia di Palermo dalla strage di viale Lazio (1969) alle stragi dell’estate del 1992.
Arturo è un bimbo la cui crescita è puntellata da bombe, sparatorie e ammazzatine, che vive nel mito di Giulio Andreotti finché non capirà quale sia il suo ruolo nella storia d’Italia. Gli anni passano e via via la sua consapevolezza diventa sempre più solida: vuole vivere la sua Palermo, vuole raccontare una storia diversa da quella che ha subìto, vuole contribuire a cambiare le cose. Questo film è un vero e proprio romanzo di formazione. Che comincia con il suo concepimento e si conclude con la sua paternità. Il bimbo (suo figlio) che alla fine del film viene portato in pellegrinaggio tra le lapidi che ricordano i martiri della Repubblica, uccisi da Cosa Nostra negli ultimi quarant’anni, è un chiaro messaggio di come si debba fondare l’impegno di noi tutti a partire dalla memoria di ciò che è stato.
Anche la dedica iniziale va in questa direzione, rivolgendosi alla Catturandi di Palermo e ad Addiopizzo, realtà fatte di persone che non si arrendono a ciò che è stato ma lavorano giorno dopo giorno per andare in un’altra direzione, per dare un altro senso alla Storia.
Nonostante la tristezza degli avvenimenti, Pif riesce a raccontare un perimetro di orrore facendoci sorridere. E dandoci speranza. Contrariamente a quello che dicono alcuni, il cinema può aiutare la lotta alle mafie.
Noi che ogni giorno incontriamo studenti in ogni angolo d’Italia, sappiamo quanto possa aiutare un film come questo a innescare la riflessione, presupposto necessario alla mobilitazione personale.
Lo useremo, lo useremo molto.
Francesca Rispoli
Francesca Rispoli è nata a Torino. Fin da piccola si è appassionata all'informazione, leggendo tutti i giornali che trovava per casa e cominciando una ormai voluminosa rassegna stampa sui temi della giustizia, delle marginalità, delle mafie. A scuola incontra il Gruppo Abele, per mezzo del libro "Chi ha paura delle mele marce" e da lì a pochi mesi incontra la violenza mafiosa, con le stragi di Capaci e di via D'Amelio. Queste due forti esperienze hanno segnato la sua formazione, a prescindere dagli studi. Milita nelle associazioni giovanili e rappresenta gli studenti, impegnandosi attivamente per fare qualcosa per l'esigibilità dei diritti, primo tra tutti il diritto allo studio. All'università studia presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Torino, occupandosi di Giornalismo e comunicazione di massa, ma sarà l'incontro con Libera a cambiare il suo approccio a questi temi.
Attraverso l'associazione ha dato priorità al versante educativo nell'ambito del lavoro culturale contro le mafie, fino a diventare responsabile nazionale del settore Libera Formazione: oggi coordina le attività che si svolgono nelle scuole e nelle università in tutta Italia. Siede nel consiglio di amministrazione del Gruppo Abele Onlus, nell'Ufficio di Presidenza di Libera, nel consiglio di amministrazione di Banca Etica ed è tra i fondatori della Fondazione Benvenuti in Italia.
Sostiene Libera Informazione perché é il suo modo di dare un senso all'iscrizione all'Albo dei Giornalisti.