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Una fiaccolata per Cocò. Strage di Cassano Ionico, società civile in piazza contro violenza mafiosa

di Tony Vivacqua il . Calabria

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di un cittadino calabrese in merito all’uccisione di un bambino nella strage del 16 gennaio scorso in Calabria. —–

Dai primi risultati delle indagini compiute sui tre corpi straziati della strage del 16 gennaio di Cassano Ionio che risulta, con agghiacciante dolore, lo strazio lacerante di quanto qualche belva demoniaca con parvenze umane sia riuscito a realizzare. Dettagli, particolari, decifrazioni dell’accaduto che nella ricostruzione che se ne fa, rivela l’immane tragedia che ci ha colpito tutti, ancora una volta, come Calabresi. Particolari che è meglio non riproporre, per non essere buttati nuovamente nello sconforto di pensare non solo alla violenza perpetrata sulle due vittime adulte, giustiziate con ferocia ma a come la stessa ferocia si sia potuto solo pensare, prima di esser compiuta, contro l’innocenza assoluta, il candore, la delicatezza, la purezza della vita, che in quegli attimi si proponeva nel corpicino di un bimbo bellissimo e dolce: Cocò. E’ da venerdì scorso, tuttavia, che lo sconforto, in me come in tanti dei partecipanti, ha lasciato posto alla speranza, che ancora una volta ha trovato spazio nel popolo Calabrese: dalla fiaccolata in cui i cittadini  di Cassano sono scesi n strada, in migliaia, per dimostrare lo sdegno e, come sottolineato dall’accorato appello dall’Arcivescovo stesso della città, Monsignor Galantino, molto segnato dall’evento luttuoso, la volontà di dimostrare che la loro città, Cassano allo Ionio, appartiene alle persone per bene e dovrà liberarsi dal male.
E’ da venerdì, che la gente si è stretta idealmente intorno alla mamma del piccolo angelo Cocò, che nella lettera fatta pervenire al Monsignore e letta nella cattedrale di Cassano al termine della fiaccolata, che risuona nelle nostre menti il messaggio che mamma Antonia ci ha dato, nonostante le abbiano strappato e lacerato le carni uccidendo in modo barbaro e assurdo il suo bimbo di tre anni: amore e non vendetta. E’ da venerdì, però, che torno su alcune riflessioni e una domanda che si stanno facendo spazio in me:  l’evento è di una tragicità incommensurabile ma come fare, noi, perché tutto ciò, in un futuro prossimo sia solo un mesto ricordo? Come colpevoli ,spesso si vedono la mano e la follia/disperazione che sparano, ma io comincio a vedere il vuoto che provoca tutto ciò e che non è più né consentibile, né imputabile al disgraziato di turno che toglie vite ad altri suoi fratelli e butta nell’abominio la sua. La lotta, dunque, deve essere certa e  decisa contro i responsabili dei lutti che piangiamo, ma dobbiamo avere il coraggio di inquadrare il degrado e lo sfascio sociale che permettono certe realtà. E qui, allora, io vedo uno Stato che arretra sempre più, che sta sparendo, lasciando spazio a poteri contra legem che avanzano e risucchiano tutto: diritti, libertà, futuro e vite umane.  Uno Stato che taglia l’impensabile sul Sociale, sull’Istruzione e la Cultura, sulla Sanità, sulla Sicurezza, sulla tutela dell’Ambiente, sui Diritti dei più deboli, non è uno Stato civile e non è il mio Stato. Una politica che legifera solo per conservare i privilegi di sé, omettendo la lotta alla corruzione, che ovunque fa più danni della delinquenza, non è un Paese che vuole che la sua gente abbia una vita dignitosa e possa star lontano da logiche mal’affaristiche e delinquenziali.
L’allarme è altissimo: ormai in Calabria, per tantissimi, per troppi, il malaffare, con le tragedie che esso comporta, non è più “una possibilità di guadagno facile” come si diceva tempo fa, ma è divenuta “l’unica possibilità di guadagno”. Per queste tristi considerazioni, allora, nel mezzo di quella fiaccolata mesta e silenziosa, ho provato un po’ di orgoglio e maggiore speranza nel vedere un vessillo a me caro essere simbolo di una gestione della cosa pubblica diversa: il Gonfalone del Comune di Rende. Ecco, non da Rendese ma da Calabrese, vedere lì, di fianco a quello del Comune di Cassano, unico degli altri comuni calabresi a esser presente, il gonfalone di una città che da apparente, e propagandato per anni, modello di efficienza amministrativa, le indagini e il necessario commissariamento han dimostrato essere tutt’altro, ha assunto un valore che va ben oltre il gesto.  Perché non è stato inviato lì, a dimostrare vicinanza alla gente di Cassano, come la politica che conosciamo, suole fare ipocritamente davanti alle tragedie, scordando di reggere il mal governare decennale del nostro Paese di cui parlavo sopra e che è corresponsabile dei nostri lutti, ma perché inviato da un uomo delle Istituzioni, il Commissario Prefettizio che sta Amministrando la città di Rende dalla scorsa estate, che sta dimostrando come si possano mettere a posto le cose, le responsabilità, le buona pratiche a difesa dei diritti di tutti, l’equità nelle scelte e, soprattutto, i concetti di legalità e giustizia.  Tutto questo deve avere per noi Calabresi valore di un monito: quello di dire a tutti che anche da noi, si può davvero Amministrare nel rispetto della legge e, sopratutto, delle esigenze più diffuse e spicciole dei cittadini tutti, e non dei soliti gruppi di potere. Per questo, mi sento di ringraziare il commissario Prefettizio Maurizio Valiante, per aver mandato lì, segno di questo cambiamento, il gonfalone di Rende, sperando che, con lo stesso significato, a breve possa essere affiancato da tanti gonfaloni calabresi.  Anche così, forse, le parole di mamma Antonia, saranno di più facile realizzazione e Cocò sarà stato un martire del riscatto non solo calabrese ma dell’intero Paese.

 

 

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