Processo Valle del Marro, 14 anni al boss
No, proprio non se l’aspettava questa condanna Mammoliti, ben 13 anni e 10 mesi, per una serie di estorsioni e altri fatti illeciti. Una decisione che quasi sicuramente gli farà perdere lo status di collaboratore di giustizia e che potrebbe riportarlo presto in carcere. È la dimostrazione che “Saro”, tra i “padri” della nuova ’ndrangheta, e non solo della Piana di Gioia Tauro, malgrado la collaborazione continuava ad essere il padrone del territorio. Lui e la famiglia, anche se il boss ha tentato di dimostrare di essere in rotta coi suoi. Sette anni e due mesi e 5 anni e due mesi sono stati invece inflitti ai figli Antonino e Danilo (il primo ritenuto esecutore del furto aggravato da danneggiamento per l’uliveto distrutto), mentre alla seconda moglie Caterina sono toccati 2 anni per fittizia intestazione dei beni. Beni di cui ora il gup ha deciso la confisca. Un altro duro colpo all’immagine del boss.
La faccia di “Saro” dopo l’annuncio del gup la dice lunga, c’è sgomento, soprattutto per quello che ora gli potrebbe toccare. Ci aveva provato in tutti i modi a convincere della sua nuova vita, fino a portare anche ieri in tribunale, in occasione della sentenza, l’ultimo figlio di poco più di 7 anni. L’avvocato Domenico Alvaro, uno dei più noti del Reggino, in mattinata aveva sparato le ultime cartucce arrivando ad affermare che «il Mammoliti ha dato un contributo per la legalità molto superiore a quello della cooperativa Valle del Marro» e che la condanna sarebbe stata «il sacrificio di libertà di innocenti solo per appagare le esigenze dell’antimafia e per non deludere la cooperativa».
Parole che avevano molto colpito i giovani cooperanti ma che, anche se la sentenza non dà loro completamente ragione, certamente non li fa recedere dalle decisioni prese. Come conferma don Pino Demasi, parroco di Polistena, referente di Libera della Piana e “papà” della cooperativa. «Anche se non è stata riconosciuta l’estorsione nei confronti della Valle del Marro, registriamo con favore il fatto che il Mammoliti e i suoi affiliati siano stati riconosciuti e condannati come coloro che con le loro azioni e vessazioni tentano di essere i padroni del territorio. Se non ci fosse stata la denuncia dei ragazzi della cooperativa tale condanna certamente non si sarebbe avuta». Nell’occasione don Pino ha voluto ringraziare tutte le istituzioni che si sono costituite parte civile e «coloro che a vario titolo in questo processo hanno scelto di stare a fianco della Valle del Marro. Un grazie del tutto particolare ad Avviso Pubblico e al quotidiano Avvenire che concretamente hanno voluto seguire, ognuno con le proprie competenze, tutte le fasi del dibattimento». Ha infine ricordato che proprio oggi «è nato Francesco Maria, figlio di due soci della cooperativa, Simona e Domenico». E proprio «per creare un futuro diverso a questo bambino e a tutte le nuove generazioni la cooperativa continuerà nella sua azione di denuncia e di impegno quotidiano per il cambiamento reale del territorio». Con un ultima richiesta a «tutte le forze sane del nostro territorio e del Paese» a continuare «ad essere a fianco a questi ragazzi» e ad adoperarsi «ad isolare coloro che continuano ad essere dall’altra parte».
Ragionamenti analoghi dagli avvocati Silvana Nasso e Giuliano Palagi che hanno sostenuto la cooperativa che sottolineano come «la Valle del Marro abbia avuto un ruolo di impulso per il processo e la denuncia abbia bloccato ulteriori tagli illeciti di ulivi». Dalla prima arriva però una denuncia per «la latitanza del comune di Oppido che ancora ad oggi non ha assegnato quei terreni alla cooperativa». Sicuramente alla luce della sentenza una rapida decisione sarebbe un segnale molto positivo.
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