Rassegna stampa 28 gennaio 2013
Terra dei fuochi. “La Calabria è avvelenata da rifiuti tossici, scarichi illegali, veleni d’ogni genere. Le popolazioni lo denunciano da tempo, segnalando l`impennata dell`incidenza dineoplasie, nella Sibaritide come lungo il Tirreno cosentino, nel Crotonese e nella piana di Gioia Tauro. Ma sinora grida di dolore e richieste d’aiuto non hanno provocato le reazioni attese. Nonostante leproteste di piazza, le migliala di adesioni ai gruppi nati sui sodai network. 0ra la denuncia è rilanciata dal procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, per anni impegnato a Napoli dove s`è occupato dei Gasatesi, di Cannine Schiavone e del traffico dei rifiuti, sversati – secondo il racconto dell`ex boss ora pentito – anche in Calabria. Ai microfoni di Radio24 il magistrato s`è detto convinto che «ci sia un equivalente dellaTerra dei fuochi campana in Calabria. La notizia rilanciata su “L’Avvenire” in un articolo di Domenico Marino.
Cosa nostra. La notizia dell’assoluzione di Riina per l’omicidio di Mauro De Mauro, il giornalista de L’Ora scomparso la sera del 16 settembre 1970 a Palermo su “Il Fatto Quotidiano” e sempre sul quotidiano diretto da Antonio Padellaro, l’approfondimento curato dai giornalisti Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, sulle vicende legate a “totò u curtu” il boss numero uno di Cosa nostra, e le sue “chiacchierate” in carcere con il mafioso Alberto Lo Russo. “Abbiamo il paese ciliegiaro, questo senatore, il senatore che abbiamo, che abbiamo alla Camera, il paese di lui era mandamento nostro…” – scrivono i due cronisti. “Passeggiando nel carcere di Opera con il detenuto pugliese Alberto Lorusso, il 18 novembre 2013, Totò Riina rievoca con nostalgia i fasti del mandamento di Corleone. Poi, tra i territori compresi in quello che fu il suo vecchio fortino, ricorda il paese delle ciliegie, Chiusa Sclafani e, senza mai farne il nome, cita il senatore che da quel paese proviene. Renato Schifani: è “il senatore che abbiamo – dice, equivocando il ramo del Parlamento che abbiamo alla Camera”. Lorusso, che sta ad ascoltare, non comprende il riferimento e replica: “Sciasela”. Infine, ancora sul “Fatto Quotidiano” una anticipazione del libro “Protocollo fantasma: dossier, silenzi, e segreti di Stato. Strategia della tensione al tempo delle larghe intese” del giornalista Walter Molino. Polemico, invece, sul Foglio di Giuliano Ferrara, l’ex Guardasigilli Nitto Palma. “Questa storia di Riina, abituato al silenzio all`interno della sua organizzazione, che diventa così ciarliere con un boss della Sacra corona unita, organizzazione criminale di cui i mafiosi siciliani diffidano, è assai strana.. ” e chiede un intervento dell‘Antimafia. A Catania, proprio ieri, un altro appuntamento in sostegno del pm che sta portando avanti il processo sulla trattativa Stato – mafia, Antonino Di Matteo. Spiega “La Sicilia” hanno già aderito alla “scorta civica”la Fondazione La città invisibile, Azione civile, I siciliani giovani, Open mind gibt, Capa, Agende rosse, M5S, Lav, ass. Giustizia e verità, e ass. Cultura&Progresso. Contestualmente verranno raccolte firme per due petizioni a tutela del pm. “L’obiettivo – spiegano i cittadini – è creare, attraverso questa staffetta, un’attenzione specifica su questi magistrati che non devono essere lasciati soli”.
Pizza e mafia. Si torna sull’inchiesta che ha portato al maxi sequestro e ai novanta arresti legati al Clan Contini lo scorso 22 gennaio fra Lazio, Toscana e Campania. Lo fa il quotidiano “La Repubblica” con un articolo di Federica Angeli. Nelle duemila pagine firmate dal gip di Napoli, Raffaele Piccirillo, si legge che la famiglia Righi, coinvolta nell’inchiesta, progettava, già nel 2008, di produrre pizze surgelate a Shanghai, formando personale locale, «con l’affitto di capannoni, al prezzo di 1.50 ametro quadro». Dunque, i soldi ricavati in Italia dalle attività illecite e dagli investimenti nelle attività di ristorazione avviate nella Capitale diventavano volano per nuovi introiti su scala internazionale. Un aspetto, questo, dell’inchiesta che sottolinea la capacità di percorrere l’asse strategico della globalizzazione economica a partire dalla forza intimidatrice e criminale di un clan localizzato in Campania e già attivo nel resto del Paese.
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