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Puglia, confiscati beni al “cassiere” del clan

di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Cinquanta milioni di euro. A tanto ammonta il valore del patrimonio confiscato a Saverio Sorangelo, pregiudicato 59enne di Gravina in Puglia, cassiere del clan “Mangione-Gigante-Matera”. Sono stati i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bari ad eseguire il decreto disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Diventano proprietà dello Stato alberghi, centri benessere, ristoranti, sale ricevimenti, 13 ettari di terreno, un’impresa edile, due imprese di ristorazione, otto appartamenti, sei autovetture di grossa cilindrata, una moto Harley Davidson e conti correnti bancari in 10 istituti di credito. Tesoro accumulato riciclando denaro incassato grazie al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni.

Tra i beni sequestrati spiccano il ristorante “Le meraviglie poetiche di Gravina”, l’albergo e sala ricevimenti “Il Guiscardo” di Venosa (Potenza), il resort “Sgarrone” di Altamura e il resort di lusso a Gravina “La dimora dei Templari”. Per quanto riguarda “Il Guiscardo di Venosa” i gestori precisano che “il provvedimento riguarda l’immobile mentre l’attività commerciale di gestione dell’hotel è completamente estranea alla vicenda giudiziaria”.   La confisca dell’ingente patrimonio corona una complessa indagine iniziata nel 2011 che aveva consentito, già nel novembre di quell’anno, di ottenere il sequestro anticipato dei beni. Gli investigatori, infatti, avevano appurato una notevole sproporzione tra i modesti redditi dichiarati e il valore del patrimonio.

La varietà dei beni confiscati dimostra che il clan “Mangione-Gigante-Matera” avesse svariati interessi economici. Aveva allungato i suoi tentacoli non solo sulle attività commerciali ma anche su quelle edilizie. A testimoniarlo i 92 fabbricati finiti sotto chiave. Il Sorangelo aveva ideato e realizzato un’articolata rete d compagini societarie formate con il metodo delle cosiddette “scatole cinesi” tutte a lui riconducibili. Il 59enne per sfuggire agli inquirenti si è avvalso anche di molti prestanome che lo hanno fiancheggiato nella sua attività illecita. L’uomo era stato arrestato nel 2007, nell’ambito dell’operazione antimafia “Canto del Cigno”, insieme a Raffaele Di Palma, altro personaggio di spicco della criminalità Gravinese.
I due continuavano ad operare nel campo dell’imprenditoria nonostante il divieto che gli era stato imposto. Questo è emerso dalle indagini che hanno dimostrato come riuscissero a riciclare denaro sporco in attività apparentemente lecite grazie all’aiuto di prestanome.

La confisca è un altro duro colpo per il clan che già aveva subito un sequestro di 52 milioni nel 2011.

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