Processo Black Monkey, 23 rinviati a giudizio
Si è conclusa ieri la serie di udienze preliminari del processo Black Monkey, con il sostanziale riconoscimento del giudice Andrea Scarpa della correttezza delle imputazioni formulate dal Pm Francesco Caleca. Il processo sarà celebrato nei confronti di 23 imputati collegati, a vario titolo, alla presunta organizzazione mafiosa che realizzava profitti con il gioco d’azzardo legale e illegale, capeggiata da Nicola “Rocco” Femia. Per 13 di questi imputati, dunque, è stato accolta la contestazione del reato di associazione mafiosa (416bis), come nel caso dei due figli di Femia, Rocco Maria Nicola e Guendalina, e il genero, Giannalberto Campagna. Per alcuni reati è stata mantenuta l’aggravante del metodo mafioso (articolo 7 della legge 203/1991).
Di fatto, il 28 marzo, si aprirà presso il secondo collegio del tribunale di Bologna, un processo che deciderà se gli imputati sono o meno affiliati a un’associazione a delinquere di stampo mafioso. Degli imputati che avevano richiesto e ottenuto il rito abbreviato, due sono stati assolti; agli altri il Gup ha comminato condanne da un anno e sei mesi a sette anni e sei mesi, riconoscendo l’associazione a delinquere semplice e non quella, come richiesto dal Pm, di stampo mafioso. Le ragioni di questa scelta saranno chiarite dalle motivazioni della sentenza.
Proprio relativamente alle motivazioni della sentenza per quanti hanno scelto il rito abbreviato, il procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, ha affermato che valuterà se impugnare la sentenza. Così il numero uno della Dda di Bologna commenta il risultato delle udienze preliminari.
Nonostante le quattro sedute dell’udienza preliminare si siano svolte, come dispone la legge, a porte chiuse – pubblica sarà invece la fase del dibattimento -, costante è stata la presenza dei volontari di Libera, di Legambiente e di Arci all’esterno dell’aula; una presenza, affermano le associazioni, che continuerà anche a tutte le udienze del processo, per sostenere l’azione delle parti civili e far percepire l’importanza e l’interesse per questo processo. Così, ai nostri microfoni, Daniele Borghi, referente di Libera Emilia-Romagna.
“E’ una sentenza storica quella che si è tenuta ieri a Bologna. Per la prima volta rinvio a giudizio per associazione a delinquere di stampo mafioso per Nicola Femia, ritenuto a capo di un’organizzazione che utilizzava il gioco d’azzardo illegale per fare profitti”. E’ quanto afferma Lino Busà presidente di Sos Impresa Confesercenti, l’associazione antiracket e antiusura che si è costituita parte civile nel processo Black Monkey a Bologna. “Si tratta del più grande processo di mafia che riguarda l’Emilia Romagna – continua Busà. Una regione, che ad oggi ha subito in maniera silente il processo di radicamento della mafia nel territorio, dove, non meno di altri territori più noti le vittime di usura e racket sono in continua crescita. Mafie camaleontiche, che si sono insinuate nell’economia sana del territorio, divorandola, così come dimostrano anche le numerose inchieste della magistratura e relative alla ricostruzione del dopo sisma”.
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