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Uno spiraglio per la tendopoli

di Antonio Maria Mira il . Calabria

Un campo che ospita più di 1.200 immigrati a San Ferdinando «presenta condizioni igienico-sanitarie carenti» ed è «necessario demolire» le centinaia di baracche sorte attorno alla tendopoli della Protezione civile. Lo scrive l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria in un rapporto inviato ieri al sindaco del comune della Piana di Gioia Tauro, dopo un ispezione svolta due gioni fà nell`accampamento e a sei giorni dall’ ennesima denuncia di Avvenire. «Ma io non me la sento di abbattere le baracche e sgomberare più di cinquecento immigrati – è la risposta del primo cittadino, Domenico Madafferi. Cosa succederebbe? Sarebbe un dramma. Con gravi pericoli anche per l’ordine pubblico». Già,un nuovo dramma, proprio a quattro anni dalla rivolta di Rosamo, paese confinante con San Ferdinando.

Era il 9 gennaio 2010 e tutta l’Italia “scoprì” lo sfruttamento dei migranti nella raccolta degli agrumi e le loro terribili condizioni di vita. Da allora quasi nulla è cambiato.  Ora a sostegno del sindaco, e per n «no» allo sgombero, arriva il ministero per l’Integrazione. Martedì al sindaco è giunta una telefonata della segreteria del ministro Cécile Kyenge che aveva ricevuto lunedì una lettera di Madafferi con una richiesta di aiuto. «Non possiamo ignorare il suo grido di dolore – spiegano al ministero – così gli abbiamo chiesto tutte le informazioni per capire come muoverci per aiutarlo e gli abbiamo assicurato in questo senso la massima attenzione». E sono partite subito delle sollecitazioni sia al ministero dell`Interno che al prefetto di Reggio Calabria. «Anche perché – precisano al ministero – noi non abbiamo ne poteri diretti ne strumenti di intervento». Ma su una cosa si dicono certi: «Il sindaco ha ragione, lo sgombero va assolutamente evitato». «Finalmente qualcuno mi ascolta – è la reazione del primo cittadino – ho scritto a tutti ma questa è la prima risposta. Per ora l’emergenza è rimasta tutta sulle spalle del comune».

Così domani sarà unita la disinfestazione (ma solo delle tende che ospitano 700 immigrati e non delle baracche dove ne vivono poco meno) e anche i lavori per ripristinare l`impianto elettrico, danneggiato a vandalizzato in mesi di abbandono. «Lunedì andremo all`Enel per firmare il contratto – aggiunge il sindaco – e spero che in pochi giorni arrivi l’elettricità. Tutto a spese nostre – toma a ripetere -, stiamo anticipando con fondi comunaliperché dei 40mila euro promessi dalla Prefetturanon ho visto neanche un euro così come quanto promesso dalla Regione che ormai non risponde più…». L`arrivo dell’elettricità sarà sicuramente un bei passo avanti (qui finora si vive al buio e al freddo) ma, àncora una volta, solo per metà dell’accampamento, non per le baracche. «Nel campo – si legge nel rapporto dell’Asp -vi sono numerose tende improvvisate per irricovero di altri migranti che si sono aggiunte a quelle già esistenti». E non è l`unico rischio riscontrato. «Si segnala – avverte l’Asp – la presenza nelle tende di bombole di gas per l’alimentazione di stufe per riscaldamento, tale situazione è di grave pericolosità per l`incolumità degli abitanti delie tende». Ma non basta perché, aggiunge il rapporto confermando la precarietà dellasituazione, «è necessario operare periodicamente la pulizia della tendopoli, comprese le latrine, provvedere alla rimozione sistematica dei cumuli di immondizie prodotte».

Ma chi lo farà? Toccherà ancora una volta solo al comune e ad associazioni, parroci e volontari?

 

[Antonio Maria Mira per “Avvenire”]

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