Buon Anno Somalia
Sarebbe facile dire oggi che Mohamud, avendo accentrato su di sé il potere anche dell’esecutivo, è il maggior responsabile di questo sfacelo politico ed umano e pronosticare che non sarà lui che porterà la Somalia alle elezioni a suffragio universale che la comunità internazionale ha programmato per l’agosto 2016, ma se lui decidesse di abbandonare quella setta dei Damul Jadid che, quanto più gli si sono avvicinati, tanti più danni gli hanno provocato, forse potrebbe risalire quei gradini di credibilità e di affidabilità internazionale dai quali è ruzzolato così rapidamente quanto rovinosamente.
Il reato di stupro sofferto da Faduma non è prescritto e il processo può ancora farsi: degli indagati, perfino la comunità internazionale conosce nome e cognome. Sarebbe un gesto importante per dimostrare che Mohamud ha a cuore il mondo femminile con i fatti e non solo con le parole.
Verso la stampa occorre cambiare radicalmente l’atteggiamento. I giornalisti non sono i nemici del potere: ne sono i guardiani. La voce della stampa è quella che indica gli errori dei politici, che raccoglie il malcontento popolare; è il tramite tra il popolo e il potere. In tutto il mondo occidentale la stampa è sacra proprio perché rappresenta il popolo e zittirla significa perdere il contatto con gli elettori e con il loro consenso. Solo i dittatori spengono la voce della stampa libera, ma la Somalia non ha neppure un suo esercito veramente efficiente. Come si fa a pretendere di fare i dittatori di uno Stato sorretto dalla comunità internazionale? In queste condizioni, a mettere la museruola alla libera stampa, si fa solo la figura del capomafia che, ancora una volta, è impresentabile al mondo occidentale dalla cui benevolenza dipende la ripresa della Somalia. Questo non significa che la stampa debba essere lasciata libera di calunniare e diffamare, ma anche per questo servirebbe una giustizia somala effettivamente terza ed indipendente, come nel processo ai giornalisti di Radio Shabelle non si è affatto visto.
Yussur Abrar, con la sua lettera di dimissioni, ha posto l’accento sulla corruzione. Non c’è nulla di peggio, per i paesi donatori, che pensare che i soldi destinati a risollevare le sorti del popolo somalo possano finire con l’arricchire qualche politico senza scrupoli. Il torrente del sostegno si prosciuga e chi ne soffre di più è il popolo.
Appena nel 2011 il Primo Ministro Mohamed A. Mohamed ha conquistato Mogadiscio mettendo in pagamento puntualmente gli stipendi dei militari, dei poliziotti, degli insegnanti, riaccendendo la luce per le strade, riaprendo le scuole pubbliche, attivando i canali internazionali per avere supporto culturale e organizzativo nella burocrazia. E’ un esempio che indica come si conquista il cuore dei governati anche a chi, in questi giorni, è stato chiamato a presiedere il Consiglio di ministri.
La sicurezza si conquista anche ripristinando l’azione dello Stato in tutti i settori in cui la gente ne ha assoluta necessità: salute, istruzione, giustizia, governo, lavoro, economia. E’ vero che in Somalia ci sono problemi ben più gravi che altrove nel combattere il terrorismo di Al Shabab, ma l’azione del governo deve essere una calamita che attiri i fanatici religiosi verso una vita più serena e liberale, anziché risultare la causa di una contrapposizione feroce per l’instaurazione, finalmente, di un ordine senza se e senza ma.
Inizia il nuovo anno. E’ appena stato nominato il nuovo Primo Ministro Abdiweli Sheikh Ahmed. Più in basso di così il Presidente Mohamud non potrebbe cadere. Può solo rimbalzare. Forse ci sono le premesse perché le cose cambino nel 2014. Ma si deve fare in fretta. Un anno è passato ed è stato buttato. Che il 2014 non abbia lo stesso destino. Forza Somalia! Buon Anno!
3 gennaio 2014
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