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I Forconi digitali

di Umberto Di Maggio il . Media

L’anno scorso di questi tempi su Facebook abbondavano post su forconi e forcaioli. La cosa mi turbava e mi chiedevo come fosse possibile che molti dei miei “amici virtuali” si affidassero ai toni ed ai metodi qualunquisti e violenti di una protesta che ha messo in ginocchio l’intera Sicilia. Nei mesi le cose sono cambiate. Sui social network dove trascorro parte del mio tempo da internauta i toni della protesta si sono spenti e la protesta stessa è rientrata, almeno in parte. O forse è confluita in altri luoghi? Chissà.

Ho riflettuto sui motivi di questo rientro del dissenso. Con buona pace degli algoritmi che decidono quali post far comparire e quali no, di ipotesi ne ho almeno due. La prima è che i miei “amici virtuali” sostenitori dei forconi e dei forcaioli erano nient’altro che rivoluzionari digitali. Di quelli che dietro mouse e tastiera sparano a zero su tutti e tutto. E si sa bene che è dura tenere botta per tanto tempo. Il rischio è perdere smalto ed energia comunicativa. E così forse è stato.

La seconda, che poi è quella a cui voglio credere di più, è che molti hanno subito l’onta e la vergogna di aver tifato per movimenti pericolosamente antidemocratici ed affatto costruttivi. In molti sono rimasti delusi e forse hanno capito di averla “sparata grossa” e che prima della protesta ci vuole la proposta. I toni, gli argomenti, i messaggi, ma anche le facce poco raccomandabili di alcuni, insieme ai disagi e tutto il resto erano una palese testimonianza che non c’era nulla di buono e che dietro l’organizzazione professionistica dell’antipolitica c’era solo la voglia di aizzare le folle e di catalizzare, chissà per quali secondi fini, lo sconforto generale.

Ora, se fosse vera la seconda di ipotesi c’è ancora da sperare nel meglio, per noi e per le generazioni che stanno venendo su, purtroppo, a colpi di disimpegno e disillusione politica. Ma se ci fosse una terza di ipotesi, cioè che la protesta si è spostata e si è ingrossata dalla piazza virtuale a quella fisica, allora c’è da preoccuparsi sul serio.

Quando si minacciano di bruciare i libri, quando si tendono le mani al cielo come nel Ventennio, quando vengono invocate le rivoluzioni minacciando tutte e tutti, quando addirittura si comincia a tifare per la mafia, quando alcune forze politiche presenti in Parlamento sposano queste cause violente e quando, finanche, alcuni giovani studenti si uniscono a queste barbarie c’è poco da stare tranquilli. E allora, forse, è meglio non cantare vittoria troppo presto. Del resto la risacca populista può travolgere tutto e tutti. Navigatori digitali e non.

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