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Immigrazione: il dovere di una informazione completa

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Riprendo il tema dell’immigrazione “irregolare” che continua ad interessare il nostro paese, dopo aver letto alcune approssimazioni in un articolo di Enrico Deaglio “I Cie non sono adatti ad accogliere esseri umani”, nella rubrica “Annali” su Il Venerdì de La Repubblica del 29 novembre scorso.Più volte, anche sulla Gazzetta di Modena, ho avuto modo di esprimere le mie critiche (documentate) sui Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e, più in generale, su alcuni aspetti della politica dell’immigrazione e, quindi, non starò qui a ripeterle.

Tuttavia, su un tema così complesso, delicato e sistematicamente strumentalizzato dalle varie espressioni politiche, l’esigenza di una corretta informazione è fondamentale. Va detto, allora, che contrariamente a quanto scritto da Deaglio, non è stato un decreto di Maroni, nel 2011, a prolungare il periodo di “detenzione” nei Cie, per gli stranieri “clandestini”, fino a 18 mesi, ma un decreto legge ( convertito nella legge 2011/129) che ha recepito, tra l’altro, con alcuni mesi di ritardo, la direttiva comunitaria 2008/115 CE che stabilisce le procedure comuni nei rimpatri degli stranieri e che indicava, appunto, il termine massimo dei 18 mesi. Nei Cie, poi, ( sono solo sette, su tredici, quelli attualmente operativi, per lavori di ristrutturazione), non sono dodicimila all’anno gli immigrati che ci passano, ma, mediamente, negli ultimi anni, tra i settemila e gli ottomila, con la tendenza, come nel 2013, al ribasso: al primo dicembre erano transitati, 5.472 stranieri di cui 2.546 (il 46,53%) espulsi dopo il trattenimento, 385 (5,21%) non espulsi perché non identificati e 2.641 non espulsi per altri motivi. Quanto al particolare sottolineato che sui “Cie si sa molto poco” perché ai giornalisti, per esempio, è vietato accedere” ( naturalmente l’auspicio è che questi divieti cessino e, pare, che si stia lavorando in questa direzione nelle sedi ministeriali), vorrei ricordare le diverse denunce, contenute in dettagliati rapporti, fatte nel tempo, a partire da Medici senza Frontiere (2004 e 2010), dalla Commissione De Mistura(2007), dalla Commissione senatoriale per la tutela e la protezione dei diritti umani (2012), da Medici per i diritti umani (2012) e, per finire, dalla Commissione Ruperto, del Ministero dell’Interno (2013).

Vera la situazione di degrado e di cattiva gestione in diversi centri (non solo Cie, ma anche in alcuni Cda, Cara, Cspa, Cpa), ma quanto a “suicidi”, denunciati dal giornalista in un generico e allarmante plurale, i dati del 2013 indicano un solo caso. Deaglio conclude augurandosi la chiusura dei Cie e, francamente, date le pessime condizioni in cui sono stati trovati, non gli si può dar torto. Personalmente, ritengo che il loro degrado sia stato conseguenza anche della mancata (o deficitaria) attività di controllo e di monitoraggio sulla gestione di tali strutture che la legge affida alle prefetture. Resta il grande interrogativo di come superare le criticità connesse ai tempi di identificazione di migliaia di stranieri che arrivano in Italia senza alcun documento e sul conto dei quali esigenze inderogabili di sicurezza impongono verifiche e controlli. Occorrono, dunque, strutture o modalità alternative, che è compito della politica apprestare. Resta, comunque, il dovere di informare correttamente l’opinione pubblica per evitare strumentalizzazioni e polemiche sterili, nell’attesa che il Parlamento vari al più presto le preannunciate novità sull’immigrazione e la cittadinanza.

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