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Sequestrare l’elemosina ai mendicanti: un furto istituzionale

di Piero Innocenti il . Lombardia

Quando ero piccolo, a Tivoli dove sono nato, i poveri bussavano alle porte di casa e c’era sempre qualche spicciolo da dare. Una volta la settimana, ricordo, passava anche “zi frate”, un francescano laico che con la “bussoletta” in mano, agitata, di tanto in tanto, per far sentire il rumore delle monete raccolte , chiedeva un contributo per i più poveri. Qualche volta si offriva anche da mangiare. L’elemosina la si dava a tutti quelli che la chiedevano. Oggi la situazione è decisamente cambiata e lascia sgomenti la “dichiarazione di guerra” (della carità) ai disperati lanciata alcuni giorni fa nella ricca provincia dell’Alto Adige, dove il sindaco di Bressanone, con una modifica al regolamento di polizia urbana, ha deciso il sequestro delle elemosine. Amarezza anche per le dichiarazioni del vicesindaco (cfr. l’articolo a firma di Andrea Selva su Il Corriere della Sera del 3 dicembre u.s.), che ha giustificato il provvedimento ( che ritengo immorale e illegittimo) per l’insistenza petulante con cui i poveracci chiedevano l’elemosina “soprattutto nei confronti delle persone anziane”. Qualcuno ha parlato (la Caritas di Bolzano, per bocca del suo direttore Fontana), senza uno straccio di prova o indizio, di racket di mendicanti. Francamente pensavamo che fossero ben altri i problemi sociali che tormentano la comunità brissinese. Questa tendenza a considerare molesti e aggressivi quelli che tendono la mano in strada non è una novità. Poco più di un anno fa a Milano si adottò la linea dura contro lavavetri e accattoni e solerti vigili urbani, sollecitati dall’amministrazione comunale, scesero in campo per “bonificare”, con rigore, alcune zone della città dai mendicanti.

Si sta tornando alla durezza che avevano mostrato, quattro anni fa, molti sindaci con le vergognose e illegittime ordinanze sindacali (così verranno giudicate, poi, dalla Corte Costituzionale) emanate dopo che l’allora ministro Maroni le aveva rese possibili per garantire, si disse, la “sicurezza e tranquillità urbana” (concetti introdotti da un decreto ministeriale dell’agosto 2008). Erano i moderni “bandi” dalle città contro i pericolosi mendicanti e le prostitute in strada. I problemi delle città non si risolvono certo “sottraendo” le monete date ai mendicanti ( si perquisiscono se le hanno già messe in tasca?) o dando addosso alla povera gente in modo così sciocco. La storia ci mostra che quando le “autorità” si muovono con insipienza e arroganza non si ottiene nulla. Già nel 1528 a Venezia, a causa della moltitudine ingombrante e petulante di “campagnoli” mendicanti fu deciso che venissero “rispediti” nei luoghi di origine. Il pontefice Pio IV, nel 1561, vietava l’accattonaggio in tutta la città dimostrando una concezione singolare dell’insegnamento evangelico. Nel 1904, il prefetto di Genova, con una lettera inviata al ministro dell’Interno, sottolineava l’esigenza di procedere ad arresti di massa innanzi ai numerosi reclami dei cittadini che si lamentano dell’arroganza e della petulanza dei “vagabondi” che chiedono l’elemosina in modo vessatorio. La vergognosa repressione di Bressanone ci riporta indietro nel tempo. Pugno duro e faccia feroce contro i poveracci. Guai a tender la mano a Bressanone. Personalmente mi auguro che qualche magistrato della Procura della Repubblica di Bolzano decida di valutare la legittimità di questi interventi per togliere l’elemosina ai mendicanti che somigliano più ad un vero…furto istituzionale.

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