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In viaggio con la Mehari

di Geppino Fiorenza il . Campania, L'analisi

“Dromedario da corsa e da combattimento” è il significato del nome di quella due cavalli sulla quale Giancarlo Siani, cronista ancora “precario” de il “Mattino” il 23 settembre 1985, fu ucciso spietatamente dalla camorra, nei pressi della sua abitazione al Vomero, nella città di Napoli. Certo che correva, Giancarlo, dalla sua fidanzata, ascoltando a pieno volume le canzoni di Vasco Rossi, ma di combattere non aveva nessuna voglia ! Oh quante volte dobbiamo ripetere che non era un eroe ! A lui piacevano le ragazze, ma soprattutto amava il mestiere di Gionalista. Per quello si’ combatteva, per uscire da un lungo precariato e finalmente essere assunto a tempo pieno nel quotidiano per il quale scriveva. Per le vie di Torre annunziata non correvaa. Andava adagio, raccoglieva informazioni, componeva un mirabile puzzle con tante piccole notizie e poi, però, svelava cose che altri non scrivevano. Ah quella chiusura della boutique “FAGIO”, per cui il fratello Paolo lo sfotteva, pensando che non aveva mica fatto un grande scoop. E lui, fratellino minore a dire: “ma allora non hai capito niente ! La sigla stava per famiglia Gionta….” E così di notizia in notizia fino a quel pezzo del 10 giugno 1985. Intuisce che i Nuvoletta avevano tradito Valentino Gionta per preservare l’accordo con i siciliani, contrari allo strapotere del nuovo padrino di Torre Annunziata. Lo scrive e loro, i bastardi,  decretano la sua morte, perché non c’è niente di peggio per gli “infami” di essere smascherati come “infami”. Oggi, molti dei suoi assassini marciscono in carcere, grazie all’inchiesta di Armando D’Alterio, che dopo 12 anni ha riaperto il processo ed assicurato i camorristi alla giustizia. Grazie anche al cane da presa Bruno Rinaldi. Il nome dei criminali si disperde, ma quello di Giancarlo vive nelle migliaia di iniziative che abbiamo promosso in questi 28 anni, negli spettacoli teatrali, come “Ladri di sogni”, di Peppe Celentano e Vincenzo De Falco, nel bellissimo film di Marco Risi,  Fortapasc. E fu girando Fortapasc che la Mehari si volle presentare alla ribalta, grazie a Michele Caiazzo, ex sindaco di Pomigliano d’Arco, che la ritrovo’  in un agriturismo a Filicudi. Ed è lei, in fondo, la protagonista di questo viaggio, voluto da Paolo Siani e dalla Fondazione Pol.,i.s., da Libera, con me e don Tonino Palmese, da Ossigeno per l’informazione, con Alberto Spampinato. Si è rimessa in moto e ci ha rimesso in moto !!! A Napoli, l’hanno guidata Roverto Saviano,Luigi Ciotti, il magistrato D’alterio, il presidente del coordinamento familiari delle vittime di criminalità , Alfredo avella, Giovanni Minoli e Daniela Limoncelli del Mattino, amica di Giancarlo.
Ed ecco che ci invita la presidente Boldrini alla Camera dei deputati, Pietro Grasso al Senato e Martin Schulz a Bruxelles, su input di Andrea Cozzolino ed altri europarlamentari. Ma la generosità e la brillante intuizione di paolo siani hanno fatto in modo che fosse da subito chiaro che la Mehari non avrebbe portato in giro solo la memoria di Giancarlo, ma sarebbe stata occasione di riscatto e di impegno a favore di tutte le vittime di criminalità, dei giornalisti uccisi dalle mafie e dal terrorismo ed a favore di tutti i giornalisti ancora oggi quotidianamente minacciati, nell’indifferenza generale. Ecco dunque il senso del “viaggio della Mehari”, che si realizza anche alla discreta e silenziosa collaborazione di Citroen. Alla camera ed al senato i familiari hanno portato istanze in difesa dei diritti delle vittime di criminalità, per superare le lungaggini nel riconoscimento dello status e dei benefici di legge, per rivendicare la piena applicazione della direttiva europea a favore delle vittime di reato, perché  in Italia non è previsto nulla per le vittime della cosiddetta criminalità comune. Al parlamento europeo la richiesta di fondo e quella della equiparazione della legislazione dei vari stati membri sul tema della confisca dei beni mafiosi e loro destinazione a fini sociali e produttivi, come dimostrano plasticamente le cooperative che producono il “pacco alla camorra” e quelle del circuito Libera Terra mediterraneo, che riforniscono le “botteghe dei sapori e dei saperi della legalità” in tutt’Italia. Ecco dunque la Mehari simbolo di memoria e di riscatto, ma anche motore nuovo d’impegno e responsabilità. E’ un vero schiaffo alla camorra che non vale niente !
Mi ricordai di quando ebbi la ventura di accompagnare Tullio De Mauro, all’epoca ministro della pubblica istruzione, in visita alla villa confiscata a Totò Riina a Corleone, trasformata in una scuola.
Toccandosi il volto mi sussurrò : “certo per “loro” sarà uno smacco vedere entrare qui “questa faccia”, somigliantissima a quella del fratello Mauro. Aveva ragione. Vale la stessa cosa per questa vettura aperta, libera, scoperta, come era Giancarlo e che non ha messo di camminare e portare messaggi.

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