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A Piacenza fra infiltrazioni mafiose e antimafia

di Pina Cusano il . Emilia-Romagna

Un’aula piena e  due ore di estrema attenzione all’Università Cattolica di Piacenza per l’iniziativa di Libera Informazione, in collaborazione con l’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna del 26 novembre scorso. Con il Prof. Francesco Timpano (docente di politica economica presso quella Università), il Prof. Enzo Ciconte (docente di storia della criminalità organizzata presso l’Università di Roma Tre) e Santo Della Volpe, presidente di Libera Informazione hanno incontrato gli studenti della Cattolica, parlando delle infiltrazioni mafiose nell’economia  alterandone la libera concorrenza .  Il Prof. Timpano e Antonella Liotta (responsabile di LIBERA-Piacenza) hanno fatto gli onori di casa in questa che era la seconda delle iniziative programmate per il 2013, dopo “Mafie in Riviera”, dello scorso 11 ottobre, a Riccione.  Il prof. Timpano. ha subito messo in rilievo l’impatto sull’economia globale e locale della penetrazione delle mafie, tanto più facile al Nord dove la società risulta più impreparata (nelle istituzioni, nelle strutture, nella prassi, nel costume stesso della gente).Mentre Antonella Liotta ha ricordato che, quattro anni fa, non esisteva una DIA regionale ( ci si appoggiava a quella di Firenze) e sul territorio di Piacenza sembrava  non ci fossero segnali di una presenza delle mafie. Oggi, invece, la situazione è cambiata.

E’ stato infatti, Santo Della Volpe  a fornire, nel suo intervento, alcuni dati preoccupanti (tra quelli registrati nel Dossier di Libera Informazione, “Mosaico di Mafie e Antimafia”, sui fenomeni della presenza mafiosa in Regione, che sarà presentato a dicembre a Bologna). Per cominciare, si registra un aumento delle quantità sequestrate di cocaina, dai 7,8 Kg del 2011, ai 39,55 del 2012 (il 38% del totale regionale). Poi, la moltiplicazione (4 volte di più negli ultimi due anni) delle sale gioco e, quindi, delle Slot-machine, con il contemporaneo fiorire dei negozi compro-oro, che, spesso, sfuggono al controllo di legalità e facilitano il riciclaggio: preziosi non registrati vengono fusi in lingottini facilmente trasportabili ed occultabili. Dai dati della Guardia di Finanza, circa il 28% della popolazione si rivolge al compro-oro. Sono un business in grande espansione e bisognerebbe chiedersi chi c’è dietro a livello internazionale e nazionale (tempo fa si parlava dei   Corallo).  Il quadro si completa con l’aumento delle segnalazioni alla UIF ( Ufficio Informazioni Finanziarie) di operazioni sospette, da parte delle banche, in Emilia e Romagna: erano 1422 nel 2009  e sono salite a 5192 nel 2012. A Piacenza erano 73 nel 2009, 140 nel 2010, 169 nel 2011 e 197 nel 2012. Può darsi che l’aumento dei dati non corrisponda solo alla progressione della presenza mafiosa, ma anche a quella di una reazione più vigile e attiva degli operatori finanziari. Positivo,  in proposito, è stato l’attivarsi del Sindacato dei bancari: la categoria ha compreso che, se è difficile opporsi (dire dei no e denunciare), per il singolo, ai tentativi di infiltrazione, la soluzione consiste nell’agire facendo gruppo.  Importante anche il segnale venuto dalla Regione: la legge 3 del luglio 2013 sulle slot-machine permette di contraddistinguere con un bollino slot-free i locali che rifiutano le macchinette del gioco d’azzardo.  Le leggi regionali sono importanti anche per quel che riguarda gli appalti (soprattutto considerando la ricostruzione post-terremoto, non bisogna prescindere dalle white-list) altro settore nevralgico di richiamo per i capitali mafiosi. L’applicazione di norme efficaci è fondamentale, si pensi all’importanza del sequestro dei beni mafiosi, nella repressione del fenomeno.

Il Prof. Ciconte, vede un segnale positivo nella partecipazione e nell’ interesse dei giovani sul tema, avendo tenuto corsi universitari affollati a Roma Tre, a L’Aquila, a Pavia. Infatti, non si può vincere la battaglia contro le mafie soltanto con le forze dell’ordine e la magistratura, per quanto sia enorme il numero dei mafiosi arrestati e condannati. Fondamentale, nelle università, fare analisi scientifiche su un fenomeno che cambia continuamente. I magistrati si limitano a sanzionare il reato, non possono andare oltre. Per esempio, nella Trattativa Stato- mafia, la politica estera può aver esercitato un peso? Il magistrato non può rispondere. Occorre una conoscenza più ampia e “scientifica” del fenomeno mafioso. Tra i luoghi comuni da smentire c’è quello che confina le mafie al Meridione, in quanto prodotto storico di territori poveri e arretrati. Si pensa, così, di poter scaricare sulle spalle dei meridionali sia l’origine che la lotta alla criminalità organizzata. Ed è vero che negli ultimo 150 anni sono stati poliziotti, magistrati, sindacalisti, politici meridionali a rimetterci la vita. Ma quella di pensare  che il Nord, in quanto ricco e avanzato possa essere immune dalla penetrazione mafiosa è una sciocca illusione, perché il mafioso, da sempre, va dove ci sono i soldi. Il Sud non era tutto povero e straccione nell’800. La mafia sfruttava i ricchi bacini agricoli della Conca D’Oro a Palermo e la Piana di Gioia Tauro in Calabria(‘Ndrangheta), imponendo il pizzo sulle arance o sull’olio (anche quello per l’illuminazione prima dell’elettricità). Napoli, culla della Camorra era, allora, la seconda città d’Europa dopo Parigi. Allo stesso modo oggi il mercato della cocaina e dell’eroina è fiorente soprattutto al Nord, dove c’è una piazza ricca. I mafiosi al Nord sono presenti da decenni: Tano Badalamenti, in soggiorno obbligato a Sassuolo, inseriva suoi uomini in loco, come Giacomo Riina, zio di Totò e di Luciano Liggio,  a Budrio . Si conosce da tempo la presenza della mafia, ma si ha interesse a nasconderla. In occasione del sequestro a Ferrara di un imprenditore che viene portato a Catania da una banda di siciliani, il processo, a Torino,  incappa nella strage di tre carabinieri e in due delitti per incaprettamento (fatti tipici  della prassi mafiosa), eppure nella sentenza la parola mafia non compare. Ancora pochissimi anni fa, il Prefetto (Gianvalerio Lombardi) e il sindaco (Letizia Moratti) di Milano dichiaravano che, nella loro città, la mafia non esisteva. Ci volevano i trecento arresti di ‘ndranghetisti e collusi, tra Milano e Reggio, da parte della Procura (operazione Crimine-Infinito del 2010), per ammetterlo. Mentre si faceva credere che l’emergenza fosse l’emigrazione  e la microcriminalità, la mafia stava occupando il territorio, tanto da poter dire che, dal punto di vista mafioso, “ Milano è in provincia di Reggio Calabria”. In Lombardia, in Liguria e in Piemonte, la mafia ha fatto eleggere sindaci, consiglieri, assessori comunali e regionali. Meno in Emilia e Romagna, perché il tessuto politico ha retto meglio l’impatto. L’inquinamento riguarda il settore dell’edilizia, dei trasporti, dell’interramento dei rifiuti velenosi (Buccinasco come la Terra dei fuochi). Gli imprenditori sono stati omertosi come nel Sud. A Desio, viene deserta una gara d’appalto del Comune per il servizio spalaneve, in quanto impedito a parteciparvi un ‘ndranghetista. L’economia è già abbondantemente permeata e il pericolo è di essere fagocitati. Il problema è nazionale: va affrontato tutti insieme  ed è basilare anche il livello culturale.

Il Prof. Timpano ho concluso con un cenno relativo alle infiltrazioni mafiose nell’amministrazione pubblica, oltre che nelle imprese private e nelle banche. Si pensi alle vicende dell’ASL di Pavia. Eppure, quando si accendono i riflettori della stampa sui fenomeni, si riesce a controllarli, come a Desio, dove, alla fine, la gara d’appalto per gli spalaneve si  è svolta regolarmente. Ci vuole attenzione e questa spesso è limitata non tanto per mancanza di volontà, ma per inesperienza e incapacità di reagire. Occorrono, però, anche gli strumenti normativi per selezionare, riconoscere le aziende sane da quelle infiltrate. Per esempio occorre impedire le gare d’appalto al massimo ribasso e valorizzare le società cooperative, anche se la mafia si adegua e organizza le proprie. Esistono e vanno applicate le tecniche dei ribassi d’asta non con il massimo ribasso,ma alle migliori condizioni che permettono di evitare le infiltrazioni. Il sistema sociale deve saper reagire.

Gli interventi degli studenti sono stati preziosi ed utili,per dare modo a Della Volpe  di aggiungere che nella società (e nei luoghi di lavoro ‘sensibili’ come le banche, ad esempio) deve essere premiato chi si oppone alle pratiche che favoriscono mafie corruzione facendo il proprio dovere altrimenti non ci si libera dal fenomeno. Un altro studente denuncia la mafia che c’è soprattutto nello Stato. E Ciconte, pur riconoscendo che la battaglia politica è cruciale, mette in guardia sul pericolo di considerare la presenza mafiosa nelle istituzioni come un alibi per lavarsene le mani, mentre davvero si tratta di una responsabilità per tutti. “Non chiederti cosa fa lo Stato per te, ma cosa puoi fare tu per lo Stato” chiosa Della Volpe con la citazione di J.F. Kennedy.

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