NEWS

Le mani dei “colletti bianchi” e della ‘ndrangheta nel cemento

di Lucia Lipari il . Calabria

3003 pagine di inchiesta  hanno fatto scattare ieri ordinanze di custodia cautelare e manette per 47 persone, di cui 29 in carcere, 18 ai domiciliari; altri 17 indagati a piede libero.  Calabria sotto i riflettori di Tv e giornali anche oggi dopo l’operazione che ha portato al sequestro di beni ad un imprenditore di Gioia Tauro. Imprenditoria e ‘ndrangheta sempre più al centro dei blitz delle forze dell’ordine e della magistratura. Cosa accade nella provincia di Reggio Calabria?

 

Araba Fenice. Alcune delle cosche che si dividono il territorio urbano si sarebbero messe in affari con imprenditori e professionisti, accordandosi e spartendosi gli appalti per la gestione di importanti opere edili.  L’operazione, che si dirama in altre regioni, si chiama “Araba Fenice”, proprio per la capacità ‘ndranghetistica di risorgere dalle proprie ceneri. “Una rilevante operazione – sottolinea il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho – che delinea uno scenario inquietante di commistioni ed infiltrazioni criminali nel mondo dell’economia e delle professioni. Un’operazione che, se confermata nei tre gradi di giudizio, porterebbe a smantellare pezzi importanti della ‘ndrangheta”. Difatti, come in una ben congeniata holding economico-criminale, le attività si sarebbero svolte secondo una puntuale organizzazione. Dall’impianto accusatorio emerge, non a caso, una forte cabina di regia, che appare coinvolgere i colletti bianchi: avvocati, commercialisti, amministratori giudiziari, e buona parte delle “famiglie” reggine: dai Fontana-Saraceno, Ficara-Latella, Condello, ai Serraino-Rosmini-Nicolò, Lo Giudice, Audino.

Il business, come detto, riguardava in particolare il settore dell’edilizia. Mani in pasta nel cemento, dunque, nell’inchiesta portata avanti dalla Guardia di Finanza del comando provinciale di Reggio Calabria e dallo Scico di Roma, coordinata dal Sostituto Procuratore della DDA, Giuseppe Lombardo. L’operazione ha generato molto scalpore sia per il numero dei soggetti chiamati in causa, sia per il patrimonio mobiliare ed immobiliare congelato mediante il sequestrato preventivo e stimato in circa 90 milioni di euro per 14 aziende, unità immobiliari, terreni e macchine. Sempre novanta sono state le perquisizioni svoltesi tra Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia e Puglia, e che hanno portato al ritrovamento di 200 mila euro e ad un cospicuo bottino d’oro. L’attenzione degli investigatori si è incentrata sulla realizzazione di un imponente complesso edilizio in zona Ravagnese ed in prossimità dell’aeroporto cittadino. Un complesso che sarebbe stato costruito da una squadra di imprese “amiche”, vicine o militanti all’interno delle cosche. A latere dell’accaparramento di opere di edilizia privata, vanno chiarite le posizioni di molti professionisti, commercialisti, avvocati, che avrebbero favorito questa scalata economica suggerendo le migliori strategie per incrementare i profitti; la compiacenza di impiegati bancari che avrebbero creato una sorta di mercato bancario parallelo, che consisteva nell’erogazione di prestiti in danaro, probabilmente a tassi usurari, ed extra i canali bancari consentiti; ancora delicata sarebbe la condotta di un’amministratrice giudiziaria, che piuttosto che adempiere al proprio compito di vigilare sul bene sequestrato affidatole, avrebbe permesso alla società confiscata di proseguirne indisturbatamente il controllo. Dalla ricostruzione dei fatti, operata dagli organi inquirenti, si legge, pertanto, un dato preoccupante: una sorta di pax mafiosa che, nella lottizzazione affaristica, si sarebbe stipulata al fine di stabilire un’equa distribuzione del capitale tra le parti. Ma ci sarebbe ancora un altro passaggio da sottolineare: il salto di qualità delle “famiglie”, che dal controllo del territorio, mediante le tradizionali estorsioni, sarebbero passate a condizionare l’economia del mattone, evidenziando così una particolare attitudine al management d’impresa. Franco Roberti, il Procuratore Nazionale Antimafia, precipitatosi a Reggio Calabria per dare risalto all’indagine che colpisce, ad ora, pezzi di ‘ndrangheta ed area grigia, ha invitato tutti ad avere fiducia nella giustizia. 

Corruzione e ordini professionali. Troppa corruzione in Italia, penultima nell’Eurozona, così si intitolava un’edizione de Il Sole 24 Ore di due anni fa, riportando i dati sulla corruzione che annualmente vengono riportati dall’Ong Transparency Internacional e che recentemente relega lo Stivale dopo Ghana e Lesotho. La corruzione di oggi veste in tailleur, siede comodamente su poltrone di velluto e prende la parola dietro scrivanie che contano. Una sovrattassa  occulta che svuota le tasche di tutti i cittadini. In un’Italia da Repubblica delle banane, e come emerge da studi e processi datati da anni, la corruzione si incarna spesso in professionisti dai volti candidi, dalle mani pulite ed i conti in banca un po’ meno. In tutto questo gli ordini professionali  fanno abbastanza? La longa manus delle mafie si qualifica con tanto di lauree e master, porta giacca e cravatta o cammina su tacco 12, andando a costituire un esercito di paglia che, man mano che si acquista stellette sul campo, sale di grado e diviene schiera di fidati consiglieri, in una logica indistinta tra servi e padroni, bieca, quasi hegeliana. Colletti bianchi, zona grigia, come la si chiami non importa, ciò che serve è riconoscerla e vederne l’altra faccia delle ‘ndrine, quella spendibile. Questa situazione allarmante purtroppo investe tanto il nord quanto il sud, non facendo sconti a nessuno, se non alle mafie.

(Leggi anche Maxi sequestro a imprenditore di Gioia Tauro. Sigilli ad alberghi e aziende per 325 milioni)

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link