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Per Lea, per Denise

Santo Della Volpe il . Diritti, Lombardia, Mafie, Memoria

Lea Garofalo, “testimone di verità” riposa ora nel cimitero monumentale di Milano, tra i grandi personaggi di questa città illustre, dopo un funerale degno di una persona come lei, semplice, ma coraggiosa, capace di ribellarsi alla tradizione mafiosa della sua famiglia e della famiglia del marito, uccisa perché si era ribellata, in nome del futuro, suo e della figlia Denise, al destino ed alle azioni criminali della ‘ndrangheta.

Una persona che si fidava di regole non scritte,”non oseranno toccare una ragazzina che è anche sua figlia”, mentre quei criminali, come il marito ed i trafficanti di droga come lui, di regole proprio non ne volevano e vogliono sapere.

Lea e Denise, sua figlia, hanno visto in faccia la ferocia degli uomini della ‘ndrangheta, hanno subito sulla propria pelle e sono rimaste vittime, Lea innanzitutto ma anche Denise con la sua sofferenza, l’assalto di chi vuole imporre, ai propri congiunti, innanzitutto, poi al paese dove vivono, infine alla comunità intera regionale e nazionale, la legge del crimine.

Lea si è ribellata, aveva voluto cominciare un percorso per uscire da quella stretta mortale, per se e per la figlia.

E Denise, questo messaggio l’ha voluto rilanciare, anche nel giorno del funerale in Piazza Beccaria, a Milano, quando tra la commozione e le lacrime, ha voluto ricordare, dal suo luogo nascosto, che la mamma Lea era morta per lei, per il suo futuro diverso.

Ora anche chi si era reso complice di quell’assassinio feroce, quel giovane complice del marito di Lea, ha cominciato un percorso di collaborazione che è, sinceramente, l’avvio di un recupero umano e sociale, di un riavvicinamento alla vita, passando dal riconoscimento dei propri errori e crimini.

Anche quei fiori in piazza, alla base della bara di Lea, sono stati il simbolo di un’altra vita che si va recuperando. Lea, con il suo sacrificio, con l’idea di un futuro migliore e diverso per se e la figlia, ha pagato il prezzo più alto, ma ha permesso ad altre due persone, Denise ed ira anche al suo assassino, di avere una vita diversa, fuori dalla morsa della ‘ndrangheta.

Ma sono anche molti altri, e noi in particolare, a dover imparare dal sacrificio di Lea Garofalo ed anche dai suoi funerali.

Perché quando Lea fu uccisa, pochi o quasi nessuno, ha capito la gravità di quanto era successo, la sua scomparsa ha meritato solo qualche riga in cronaca nera. L’attenzione per Lea si deve a Denise, alla sua voglia di riscatto di denuncia, di verità’ e giustizia: a chi, in Libera, l’ha aiutata, seguita ed incoraggiata nel suo percorso, aiutandola a sopportare il dolore e l’isolamento di chi non poteva avere una vita normale.

Ma nel mondo dell’informazione, della società in generale, altre “leggi” non scritte sono prevalse, parlando di Lea solo quando c’e’ stato un tribunale che ha fatto capire la gravità del caso. Ed anche in quell’occasione, il processo è stato seguito poco e male dagli organi di informazione, alla ricerca più della notizia e del “caso” sensazionale (la figlia che accusa il padre dell’omicidio della madre), piuttosto che seguire dall’inizio l’evolversi di una storia che prima che processuale era umana e sociale, in quanto specchio chiarissimo di come la criminalità feroce delle mafie spacca le comunità e le famiglia immolando anche le persone ai traffici lucrosi ed all’arricchimento facile con l’uso della violenza.

È chiaro che, come si dice in gergo, la “storia” di Lea e Denise è importante e fa notizia, ma quanta sensibilità in più sarebbe stata necessaria sin dall’inizio, dove solo noi di Libera Informazione e pochi altri giornali, tra i quali merita una menzione particolare La Stampa, hanno seguito il processo e le vicende personali di Denise e Lea! Anche per non sbagliare, per non chiamare collaboratrice di giustizia Lea che invece era stata testimone di giustizia e, per noi, di verità.

Per questo, per Lea e per Denise, dobbiamo imparare molto da questa storia e capire ancora una volta che l’informazione ha bisogno di verità, attenzione e sensibilità, soprattutto da parte nostra, di tutto il mondo dell’informazione.

Le nostre responsabilità sono spesso molto forti e decisive per dare le corrette valutazioni ed il punto di vista, l’angolatura giusta per capire e far capire drammi, sofferenze, ma anche le notizie che devono far fare in avanti salti di cultura e corresponsabilità sociale.

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