Dia sequestra beni a imprenditore
Finisce sotto chiave il patrimonio di Giancarlo Capobianco, alias “Zio Carlone”, imprenditore cinquantenne di Francavilla Fontana già in carcere. L’uomo, infatti, è stato condannato in primo grado a otto anni di reclusione perché ritenuto appartenente alla frangia mesagnese della Scu e referente della stessa organizzazione criminale a Francavilla Fontana. Il valore dei beni sequestrati ammonta a 1 milione e 200mila euro. Due terreni agricoli a Oria, due appartamenti a Francavilla Fontana, un suolo edificatorio ubicato nella zona industriale di Francavilla Fontana, un’antica dimora padronale con parco annesso a Francavilla Fontana, una villetta nelle campagne di Francavilla Fontana e quattro autovetture. Questo il tesoro sequestrato dagli uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Lecce che hanno eseguito il provvedimento di sequestro anticipato emesso dal Presidente del Tribunale di Brindisi su proposta avanzata dalla Procura della Repubblica di Lecce.
Pochi giorni fa, il Capobianco era stato coinvolto nell’ operazione “Scacco agli Imperiali”, inchiesta che ha fatto luce sulla provenienza di un arsenale destinato a gruppi francavillesi e mesagnesi della Scu. Grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia si è appurato che parte delle armi erano state fornite a “Zio Carlone” da un venditore russo che avrebbe fatto parte dei servizi segreti. Le armi sarebbero state acquistate nel settembre 2010 al prezzo di ventimila euro e messe a disposizione dei clan francavillesi e mesagnesi della Scu.
“Si tratta di armi che Capobianco acquistava non solo per tenerle a nostra disposizione ma anche per soddisfare le richieste di altri appartenenti all’organizzazione di Francavilla che ne avessero bisogno”, queste le dichiarazioni dei pentiti. A parlare di Capobianco è stato soprattutto Ercole Penna, detto “Linu lu Biondu”, il pentito che, con le sue dichiarazioni, ha assestato un duro colpo alle fondamenta della quarta mafia consentendo agli inquirenti di affondare il bisturi con tutta una serie di interventi. A proposito di “Zio Carlone”, Ercole Penna aveva detto: «Giancarlo Capobianco di Francavilla Fontana fa parte del nostro gruppo anche se non è formalmente affiliato in quanto da un po’ di tempo evitiamo i rituali di affiliazione di persone che hanno disponibilità economiche per evitare che questo aspetto formale possa danneggiarli e tenere riservata la loro partecipazione al nostro clan». Grazie alle dichiarazioni di “Linu lu Biondu”, nel 2010, Capobianco viene arrestato nell’ambito dell’operazione “Last minute”. Così cominciano i guai per l’imprenditore della Città degli Imperiali che aveva forti interessi nel mondo della commercializzazione di prodotti per la casa e l’igiene della persona e che sino a quel momento non era mai rientrato in indagini di mafia. Il 23 febbraio 2011 viene sequestrato il network di esercizi commerciali a lui collegato.
E proprio sui negozi di Capobianco aveva fornito indicazioni Ercole Penna: «Lo stesso Capobianco – dichiarava Linu lu Biondu agli inquirenti – ha rilevato una società che gestisce alcuni negozi con insegna “Io casa” in vari paesi della provincia di Brindisi, attività della quale io sono socio occulto così come lo è anche Massimo Pasimeni». Questi negozi furono appunto sequestrati nel 2011.
Nelle indagini che hanno consentito l’attuale sequestro del patrimonio del Capobianco, gli investigatori hanno riscontrato una sproporzione di 800mila euro tra i redditi dichiarati dall’uomo e dai suoi familiari e il patrimonio a lui riconducibile. Infatti, dall’inchiesta è emerso che l’imprenditore francavillese si fosse avvalso di “prestanome” per cercare di disorientare gli inquirenti. Moglie, figli, fratello e le mogli degli amici risultano intestatari di alcuni dei beni sequestrati.
A distanza di pochi giorni, quindi, l’antimafia salentina interviene su Francavilla e giova ricordare a tal proposito le dichiarazioni fatte dal Procuratore Motta in occasione dell’operazione “Scacco agli Imperiali”: «Non voglio chiamarlo arretramento culturale, ma abbiamo riscontrato a Francavilla una certa chiusura che poi si tramuta in un atteggiamento tollerante nei confronti della criminalità. Uno degli arrestati era un imprenditore (Giancarlo Capobianco n.d.a.), e non stiamo parlando di reati da colletti bianchi, ma di reati che riteniamo essere connessi a fatti di sangue collegati alle armi. Siamo solo all’inizio, dobbiamo continuare a lavorare e ad impegnarci per cercare di cambiare l’atteggiamento dei francavillesi. Abbiamo l’impressione che, su quel territorio, si agisca liberamente. Forse non abbiamo mai avuto collaborazione giudiziaria e conoscenza approfondita delle situazioni di Francavilla. Le indagini proseguono bene. Ed è possibile che la gente, prima o poi, si affezioni alla legalità».
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