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Migrazioni illegali via mare

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Cinque navi della Marina militare, droni radiocomandati, radar, elicotteri, Eurosur per monitorare il mare (progetto in fase di definizione), l’agenzia Frontex da “irrobustire”, lotta dura ai trafficanti di esseri umani. E’ partita così l’operazione militare e umanitaria italiana “Mare Nostrum”, per cercare, prioritariamente, di salvare vite umane, ma anche intercettare segmenti delle organizzazioni dei trafficanti e contrastare il fenomeno criminale (il nostro paese deve ancora ratificare la direttiva comunitaria contro la tratta!). Questo spiegamento di forze e mezzi ( si capirà, a breve, se reale ed efficace), dopo le centinaia di morti annegati di Lampedusa, preceduto e accompagnato dalle tante false, ipocrite dichiarazioni dei giorni scorsi, rilasciate da politici, professoroni e “mezze cartucce”,  esponenti istituzionali ( il presidente del Consiglio sa che da otto anni i Governi non hanno emanato il documento programmatico sull’immigrazione previsto dall’art.3 del T.U. del 1998?), molti diventati ex novo esperti di diritto delle migrazioni e tutti, improvvisamente, molto critici contro la legge Bossi-Fini (in vigore dal 2002) e per l’abolizione del reato c.d. di clandestinità ( una contravvenzione, introdotta nel 2009, che doveva avere un “effetto dissuasivo” e che non ha mai pagato nessuno).

Tutti a snocciolare dati statistici sugli sbarchi ( quasi sempre approssimativi, come quelli citati da Alfano, Ministro dell’Interno, in occasione della recente conferenza televisiva mentre si trovava a Lampedusa), a disquisire sulle diversità (note da tempo) tra migrazioni economiche e quelle dei profughi, sulle condizioni indegne (denunciate da anni) dei vari centri di accoglienza, sulle migliaia di profughi, “troppi” per l’Italia (siamo, in realtà, il fanalino di coda per richiedenti asilo in ambito UE), sui libici che “devono fare di più per controllare le frontiere” ( un paese con un governo assai precario al quale, già negli ultimi anni, abbiamo dato decine di milioni di euro in mezzi, tecnologie, addestramento di personale, motovedette ridotte a ferri vecchi), sulla priorità di fare accordi bilaterali ( ne abbiamo fatti molti e con scarsi risultati) con i paesi da cui originano i flussi ( sono tutti in guerra o sotto regimi dittatoriali e/o corrotti). I (pochi) lettori scuseranno questo inizio di riflessioni negative, ma la misura è davvero colma e, innanzi ad una emergenza migratoria e umanitaria di queste proporzioni, deve esserci una risposta adeguata al più alto livello politico, in occasione del vertice del 24 ottobre p.v.a Bruxelles. E’ certo che, se si esaminano complessivamente i risultati degli ultimi dieci anni di operazioni marittime coordinate a livello europeo (inizialmente dai centri ad hoc di Madrid e di Atene, poi, nel 2005, da Frontex), le conclusioni sono davvero deludenti. Quasi mai è stato possibile impedire che le imbarcazioni salpassero da alcune località (ben note) delle coste libiche, tunisine, egiziane, turche, siriane, greche. In molti casi sono emersi gravi indizi di coinvolgimenti di autorità locali e di poliziotti e militari corrotti nella fase finale dell’imbarco dei migranti.

La repressione di polizia poche volte ha raggiunto la dimensione verticistica delle organizzazioni  internazionali dei trafficanti ed ha colpito, in prevalenza, basisti e scafisti (151 gli arrestati al 10 ottobre). Ci sono, poi, alcuni aspetti delle migrazioni via mare su cui riflettere. Tra questi la dotazione di telefoni satellitari che vengono dati ai migranti dalle stesse organizzazioni (libiche) per poter contattare le autorità italiane già a breve a distanza dalla partenza, per chiedere di essere recuperati e condotti in Italia. Questa certezza di essere tratti in salvo da unità navali italiane, a poche ore dalla partenza, spinge un numero sempre maggiore di persone a tentare il viaggio in mare, alimentando, in tal modo, l’offerta dei trafficanti. Sono gli stessi che “indottrinano” i migranti a minacciare di lanciarsi in mare o a lanciare in mare donne e bambini alla vista di navi libiche che, intervenendo in loro soccorso, li ricondurrebbero nei porti libici e, da lì, in uno dei fatiscenti e pericolosi centri di detenzione per clandestini. C’è, poi, un problema che riguarda le numerose imbarcazioni lasciate alla deriva ( ne ho contate almeno centoventi solo nel 2013) dopo il soccorso che, oltre a costituire un pericolo per la navigazione anche se segnalate nei bollettini dei naviganti, hanno causato, in diverse circostanze, una perdita di tempo distogliendo l’attenzione degli aeromobili impegnati nella vigilanza aerea (qualche investigatore ha ipotizzato anche la possibilità di un riutilizzo di tali imbarcazioni recuperate dalle “navi-madri” dei trafficanti). Resta inspiegabile, infine, come sia stato possibile, in diversi casi, che imbarcazioni cariche di migranti abbiano “bucato” il dispositivo di vigilanza costiera nelle acque territoriali italiane, giungendo direttamente nel porto di Lampedusa o lungo le coste catanesi e siracusane. Solidarietà e pietà accompagneranno la missione italiana nel Mediterraneo. Forse bisognava farlo prima, ma non ci si illuda che non ci possano essere altre tragedie in mare.

 

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