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‘Ndrangheta e politica: il caso Matacena

di Fabrizio Feo il . Calabria

L’approfondimento di Fabrizio Feo/// – ‘‘Evidentemente non si può stringere un ‘accordo’ con una struttura mafiosa, se non avendo piena consapevolezza della sua esistenza e del suo modus operandi. Tanto basta per ritenere che Matacena ben sapesse di aver favorito la cosca dei Rosmini (e tanto lo sapeva da aver preteso la esenzione dal ‘pizzo’)”… E’ uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza di Cassazione che dopo tre mesi di latitanza apre le porte del carcere per Amedeo Matacena, l’ex deputato calabrese di Forza Italia: i carabinieri l’avevano cercato a Montecarlo, dove ha la residenza ma lo hanno scovato a Dubai… era impegnato nell’arduo compito di provare a dimenticare i dispiaceri giudiziari… e tenersi alla larga dalle patrie galere, dopo che a giugno scorso aveva deciso di attendere lontano da casa la decisione della Suprema Corte sul processo per concorso esterno in associazione mafiosa, conclusosi con la conferma della condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici.

La vicenda di Matacena è significativa: richiama ancora una volta l’attenzione su quanto siano profondi e vengano da lontano i rapporti tra ‘ndrangheta e politica. Matacena, già coinvolto in un’inchiesta sulla ‘ndrangheta denominata Galassia, poi più di recente in un procedimento per favori fatti ad una sua società, la Amadeus,  era già stato arrestato nel novembre 2004 insieme a Paolo Romeo, altro ex deputato, nel corso di una indagine per le presunte pressioni esercitate da un comitato di affari che avrebbe avuto l’obbiettivo di condizionare le inchieste sui rapporti tra mafia e politica. Era però stato scarcerato dopo un mese e l’inchiesta si era conclusa con assoluzioni. Noto per la sensibilità a donne e motori almeno quanto per la fedeltà assoluta a Silvio Berlusconi, figlio di armatore (suo padre aveva fondato la società di navigazione Caronte la prima compagnia privata ad effettuare il servizio di traghettamento nello Stretto di Messina) stavolta aveva provato a sottrarsi al carcere prendendo il largo….non a bordo dei traghetti di famiglia ma di aerei diretti verso mete intercontinentali, prima le Seichelles poi Dubai dove  l’hanno trovato i carabinieri.

Matacena aveva iniziato la sua carriera politica con il Pli diventando consigliere regionale alla fine degli anni ’80. Nel ’94 era passato a Forza Italia ed era stato eletto deputato per il centrodestra ottenendo, poi la riconferma al seggio in Parlamento nelle consultazioni politiche del ’96. Chiacchierato a lungo per le sue frequentazioni Amedeo Matacena viene tirato in ballo nel terzo troncone dell’ inchiesta “Olimpia” della Dda di Reggio – indagine cominciata nel 94,  che aveva svelato i rapporti ‘ndrangheta-politica tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni  ’90, dando un nome agli esecutori e ai mandanti di un gran numero degli oltre 650 omicidi compiuti in quel decennio nel reggino e scoprendone i moventi. Nel ’98 arriva il rinvio a giudizio con l’imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa: dall’inchiesta emerge tra l’altro che la presenza di Matacena è stata segnalata dalle forze di polizia anche a matrimoni di appartenenti a  famiglie di mafia tra cui quella di uno dei figli del boss di Sinopoli, Carmine Alvaro. Ma l’accusa più grave è quella di aver dato appoggio alla cosca dei Rosmini e aver ottenuto  sostegno elettorale dal clan. Matacena viene condannato in primo grado nel 2001. Oggi la Suprema Corte nella sentenza sottolinea che: ”E’ dunque lo stesso vertice della cosca – a) che Matacena non puo’ essere sottoposto a estorsione, b) che in passato lo stesso ha ‘sempre favorito’ l’associazione, c) che, anche nel presente, Matacena è disponibile (‘a noi ci favorisce, ci aiuta se abbiamo bisogno’)”. E tra le prove dei rapporti tra il clan Rosmini e l’ex deputato viene ricordata pure ”la rapida carriera politica di Giuseppe Aquila (da manovale a bordo dei traghetti ‘Caronte’ della famiglia Matacena a presidente della giunta provinciale di Reggio Calabria)”. Aquila – ricorda la Corte – ”era uomo che faceva parte della famiglia (di sangue e mafiosa) dei Rosmini” . Comunque, mentre questa  vicenda giudiziaria si conclude, non si deve dimenticare che il connubio di interessi tra mafia e politica a Reggio Calabria non è certo cominciato con Matacena, né è terminato ora, o quando 12 anni fa Matacena ha finito la sua carriera politica. Molti come lui ce ne erano stati prima, altrettanti dopo. Rapporti sempre più intensi, complicità sempre più gravi e sfuggenti.

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