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Preso reggente dei Mallardo: un clan tutt’altro che sconfitto

di Arnaldo Capezzuto il . Campania

Sorseggiava rilassato un drink mentre “fitto fitto” chiacchierava con la sua fidanzata. Finalmente eccoli: insieme in vacanza a Palinuro nel Cilento. Una coppia “normale” in cerca di relax per trascorrere qualche giorno di vacanza estiva. Risiedevano in una villetta presa in fitto e immersa nella vegetazione e più che altro nascosta da occhi indiscreti. Innamorati persi, una passione che giorno dopo giorno s’infiammava sempre di più. Un fuoco incontenibile a tal punto da tappezzare la bacheca di Facebook, il social network più affollato del web, con tenere foto, in tutte le pose. Acneh se lui più volte aveva ammonito lei di evitare di pubblicarle. Insomma un rapporto d’amore vissuto “quasi” alla luce del sole. Un “quasi” d’obbligo.

Si, perché lui, l’innamorato perso, si chiama Michele Di Nardo, 34 anni, latitante da un anno, e nipote del padrino recluso Raffaele Mallardo e reggente della potentissima cosca di Giugliano. “Michele ‘e scicchirocco” questo il suo beffardo soprannome non è un camorrista che si commuove. I racconti dei collaboratori di giustizia, le intercettazioni e le denunce di alcuni commercianti lo descrivono come un personaggio duro, violento, rissoso. I conti li regolava direttamente a mani nude o al più con una mazza da baseball. Se poi occorreva, non disdegnava di estrarre il revolver e fare fuoco. La Dda gli stava addosso. Due ordinanze di cattura per reati di associazione di tipo mafioso e estorsione emesse a suo carico lo inseguivano. Era riuscito a sfuggire anche ad un paio di blitz delle forze dell’ordine. Con il fiato sul collo degli investigatori, il peso della responsabilità di una cosca da portare avanti da quando Raffaele e i suoi fratelli, anche loro in cella, Giuseppe e Francesco Mallardo dopo gli arresti dei reggenti lo avevano investito della carica di boss. Lui, invece di vivere da fuggiasco se ne stava al sole di Palinuro a “tentare” di sorseggiare una bevanda dissentante. “Tentare” proprio così perché il boss Michele Di Nardo non ha avuto neppure il tempo di finirla quella bevanda: si è ritrovato accerchiato dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna e della Compagnia di Sapri. Lei è sbiancata ha trattenuto il fiato: forse gli sono riapparse in mente  le parole che aveva scritto qualche giorno prima su di un post “Sono in ferie, se me le rovinano li divoro”. Appunto!. Per ora si è beccata una denuncia di favoreggiamento ma sono molte le cose che deve chiarire la bella giovane residente a Giugliano. Il boss non si è scomposto più di tanto. Vestito con una magliettina a mezze maniche bianca, una giacca, jeans e scarpe da ginnastica allo sbucare dei militari dell’Arma non ha battuto ciglio e non ha pronunciato una sola parola. Il suo arresto è senz’altro l’ennesimo duro colpo inferto alla potente cosca alleata con il clan Licciardi di Secondigliano e di un pezzo dei Casalesi di Casal di Principe. Da circa un anno questi tre gruppi criminali ridimensionati da arresti e sequestri hanno costituito nei fatti un’ “alleanza di sopravvivenza” costituendo un “gruppo misto” retto da una sorta di direttorio. Ecco  “Michele ‘e scicchirocco” con gli arresti dei capi, i suoi zii e i vari luogotenenti, si era ritrovato a rappresentare nel “comitato di reggenza” la storia, la tradizione, gli interessi criminali dei Mallardo, un clan che negli anni ’80 era un socio fondatore della “Nuova Famiglia”, alleanza che si contrappose in una guerra sanguinosa al disegno egemone della “Nco” di Raffaele Cutolo.

Il clan dei Mallardo è tutt’altro che sconfitto. Il feudo a Giugliano, piccolo comune alle porte di Napoli,  è ben difeso. La cosca continua ad avere forti – nonostante tutto – nel basso Lazio e a portare avanti investimenti milionari all’estero. Sicuramente la pressione della magistratura e i durissimi colpi inferti dalle indagini ne hanno minato la dinamicità criminale ma non il business : nell’edilizia, nel mondo delle scommesse, racket, narcotraffico, usura e riciclaggio di denaro sporco attraverso attività commerciali. Un impero quello dei Mallardo che da un po’ di tempo comincia a traballare. Una cosca potentissima che negli anni è riuscita a dialogare con la politica e le istituzioni infiltrandosi e a volte corrompendo pubblici funzionari addirittura mettendoli nel proprio libro paga. Un potere enorme esercitato – come la latitanza di Michele Di Nardo – alla luce del sole. Orami i giovani boss o sedicenti tali non si nascondono più. Le nuove generazioni criminali neppure ci pensano a vivere in scantinati o in buche per evitare l’arresto. Anzi ostentano potenza e bella vita senza privarsi di nulla neppure di una passione bruciante. Ultimo appunto è di come il Cilento sia entrato nei desideri della camorra che conta come luogo di relax e meta preferita per trascorre le vacanze lontano dallo sguardo e dai controlli delle forze dell’ordine. Una riflessione cara anche a Franco Roberti, il neo procuratore nazionale antimafia che da capo della procura di Salerno per anni ha indagato sull’insoluto omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica che forse più di tanti aveva intuito che la camorra che conta era alle porte del Cilento e forse anche per questo è stato ammazzato.

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