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In vendita il più grande bene confiscato del Centro Italia

di redazione il . Toscana

Ignorati i progetti di riutilizzo sociale//“Riteniamo inopportuno la proposta di mettere in vendita un bene  come la tenuta  di Suvignano, dopo anni di lavoro svolto insieme tra Enti Locali, la rete dell’associazionismo che tracciavano un percorso per  restituire  alla collettività quel bene da valore non solo economico ma culturale e sociale. Ci si fermi, si evitino accelerazioni in un momento come questo”. Così Don Luigi Ciotti commenta la notizia della messa in vendita de La tenuta di Suvignano a Monteroni d’Arbia (Siena), la più grande confiscata alla mafia nel centro Italia. A distanza di 19 anni dalla prima confisca e dopo altrettanti anni di amministrazione giudiziaria, ignorato il piano proposto da i tanti soggetti che in questi anni hanno messo in moto percorsi alterativi di riutilizzo del bene, come la Regione, Libera, Arci, Terra Futura, Comune di Monteroni,  Provincia di Siena.

“Ci auspichiamo che si possono trovare  tutte le soluzione per riprendere quel percorso  con Enti locali e mondo associativo che già andavano nella direzione di restituire collettività quel bene – continua in una nota il presidente di Libera. Nel contempo  si lavori per accelerare l’acquisizione delle proposte di modifica  avanzate dallo stesso Prefetto Caruso, direttore Agenzia Beni confiscati, nelle quali noi ci riconosciamo che proponevano come scritto nella Relazione Annuale 2012  dell’Agenzia Nazionale Beni Confiscati di  “estendere alle aziende la disciplina oggi dettata per i beni immobili e consentire allo Stato e agli Enti Territoriali di acquisire a titolo gratuito le aziende confiscate”  e aggiungiamo noi  consentire il riutilizzo sociale.

Anche Avviso Pubblico chiede al Governo e al Parlamento di rivedere la decisione del Consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. La rete di comuni e Regioni contro mafie e corruzione sottolinea che “L’uso sociale dei beni confiscati, come sosteniamo da anni anche in sedi ufficiali, è uno dei più efficaci strumenti per sottrarre consenso sociale ai mafiosi, per dimostrare che le mafie non sono imbattibili, che è possibile creare lavoro e sviluppo sociale riconoscendo i diritti fondamentali delle persone, per rafforzare la credibilità delle istituzioni”.

 

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