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Tiberio, la tua è la storia di un sud muto e non ascoltato

di Consuleo Nava per "Scirocconews" il . Calabria

La storia di Tiberio Bentivoglio, a Reggio Calabria e dintorni è ben conosciuta, grazie al suo coraggio ed all’attività di Libera. Ma quando ho letto su facebook il suo ennesimo grido di disperazione, per la situazione in cui versa la sua attività e la sua vita, oltraggiata e vessata 30 mesi fa e tutti i mesi a seguire, mi sono veramente sentita ribollire dentro. La sua condizione economica è tale che continuano ad ipotecargli proprietà, lui non riesce a far fronte alle spese della sua sanitaria, collocata come si sa nel quartiere Condera, uno dei quartieri divenuti famosi per essere scena di tanti processi in corso ed anche di veleni che riguardano il caso stesso dell’attentato a Tiberio Bentivoglio. Ma il quartiere Condera, come tanti quartieri di Reggio Calabria, ad un passo dal centro, ha tante famiglie che certamente non possono che essere sensibili alla necessità di testimoniare una cittadinanza solidale ed attenta.

Tiberio Bentivoglio è riconosciuto vittima di mafia, uscito illeso dall’attentato grazie al suo marsupio, in attesa di un risarcimento come la legge 40 prevede, non ancora ottenuto. Ma questa è l’ennesima storia tutta italiana e tipica in un SUD inascoltato dove tutto questo non è avvenuto. La sua storia è in un libretto che non ha lo sponsor di una casa editrice,ma ha il logo di Libera, ma ci gira dentro le aule degli studenti a raccontarla e nelle piazze dove invitato, perché tutti sappiano che occorre “denunciare” le vessazioni, che fare impresa al SUD non può essere solo prerogativa delle famiglie di ‘ndrangheta di chi paga il pizzo. Tutti hanno diritto ed il dovere di crederci, perché l’antindrangheta delle parole se non ha i presidi del “fare” e dello “resistere”, riesce in poco. Non si può non riconoscere a chi è vittima ed ogni giorno rischia per non cedere ad un destino segnato, con il rischio di crepare senza essere ascoltato. Qualche giorno fa Don Luigi Ciotti, ha rilasciato un’intervista pubblica su La Repubblica online, dove si diceva stufo di capire che la politica parla sempre e solo di se stessa ed è molto distante dagli ultimi, che sono quelli che in questo paese soffrono. Ha detto parole pesanti, che un qualsiasi politico con una coscienza almeno civile, non può non sentire come un messaggio a “cambiare rotta”.

Occorre che le istituzioni e la politica si facciano carico di una legge che non ha riscontri sul territorio, dei casi, come quello di Tiberio, che non vanno abbandonati perché vogliono continuare a fare impresa al SUD. Occorre che la politica tutta, che i rappresentanti calabresi al governo, predispongano un’interrogazione parlamentare perché si provveda all’osservazione dei dispositivi normativi con tempi dichiarati e certi; occorre avere nuove architetture legislative che affrontino il tema della continuità e della garanzia per proprietari e dipendenti le cui aziende sono state vittime di attentati o procedimenti per fatti di mafia, al fine di assisterle dopo gli accadimenti che ne fermano l’attività. Occorre colpire i responsabili degli illeciti ed ogni forma di illegalità, ma verificare la capacità produttiva sul territorio e la possibilità di continuare senza ulteriori difficoltà, operando ogni tipo di sostegno, bonifica e riscatto civile necessario, rimettendo tutto su percorsi virtuosi e normali.

Reggio Calabria e la Calabria, scontano comuni commissariati, pressione della ‘ndrangheta sui settori produttivi, collusioni con la politica incapace, patrimoni sequestrati non restituiti, veleni nelle istituzioni e nelle procure, mentre la cittadinanza è in uno stato immobile, catatonico o farfugliante perché disarmato. Se qui non si cambia davvero si muore tutti di ignavia e non solo. Muore la speranza di ogni Tiberio, crepa il futuro delle migliori generazioni.

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