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Calcio e mafie: basta ambiguità

di Santo Della Volpe il . L'analisi

Che il capitano del Palermo,Fabrizio Miccoli, avesse amicizie pericolose nel mondo dei picciotti di mafia, si sapeva e dalla magistratura erano arrivati alcune allarmanti notizie. Ma quello che è emerso dalle intercettazioni telefoniche nelle quali Miccoli è incappato, supera ogni limite, diventa un insulto alla città di Palermo ed alle migliaia di giovani che amano lo Sport pulito e si battono contro le mafie. Lui che ha avuto il coraggio di andare anche alla partita del cuore e la sfacciataggine di dedicare  quel momento di calcio a Falcone e Borsellino e poi, al telefono con il figlio di un boss della Kalsa, definisce “quel fango di Falcone”,ripetendo questa frase insulsa e criminale, messa addirittura in canzone , cantata nel suo SUV lanciato a tutta velocità per le vie di Palermo.

La domanda è  d’obbligo: che ci faceva una persona così con la fascia di capitano del Palermo? E ancor di più , si chiedono in molti, come può giocare al calcio, quello delle squadre  simbolo per tanti giovani appassionati, uno che definisce “fango” una persona come Falcone? Cosa può avere nel suo bagaglio culturale un ragazzotto di questa mentalità: la stessa che lo ha portato a chiedere all’amico Mauro Lauricella, il figlio del boss della Kalsa, il recupero di alcune somme dai soci di una discoteca di Isola delle Femmine. E i modi di Lauricella junior sarebbero stati piuttosto bruschi. Poi la seconda accusa della Procura di Palermo, per cui Miccoli era già stato iscritto nel registro degli indagati due mesi fa   (come denunciato da Libera Informazione due mesi fa), si riferisce a quattro schede telefoniche. Il capitano rosanero avrebbe convinto il gestore di un centro Tim a fornirgli alcune sim intestate a suoi clienti. Una di queste schede fu poi prestata a Lauricella junior nel periodo in cui il padre era latitante. Fatto gravissimo perché Miccoli avrebbe usato la sua popolarità a Palermo per ottenere questo favore e favorire un boss mafioso ricercato.

Le accuse nascono proprio dalle indagini ed alla ricerca di Antonino Lauricella, il re della Kalsa poi arrestato dalla polizia nel settembre 2011. Per molti mesi la Dia tenne sotto controllo Mauro Lauricella, anche intercettando le quattro misteriose schede telefoniche di cui adesso deve rispondere Miccoli. Fra quei dialoghi non emersero conversazioni utili per la ricerca del capomafia della Kalsa, ma sono saltate fuori le relazioni pericolose del giocatore del Palermo. Al telefono, Miccoli e Lauricella insultavano il giudice Giovanni Falcone: “Quel fango di Falcone”,ripetevano dandosi appuntamento sotto l’albero simbolo del magistrato ucciso, sotto la sua casa di Via Notarbartolo. Al telefono davano appuntamento a un altro amico in questo modo davvero singolare: “Vediamoci davanti all’albero di quel fango di Falcone”. Frasi raccapriccianti. Ora sarebbe meglio che Miccoli mettesse per un po’ gli scarpini nell’armadio e si fermasse a ragionare prima di tornare a giocare e prima di parlare:e con lui si fermi a ragionare il calcio intero. Altro che calcio alla mafia…! Cosa ha insegnato lo Sport ai calciatori come Miccoli,quali valori di solidarietà ed etica sul campo e fuori?

Non ci sono giustificazioni. Deridere un servitore dello Stato che ha sacrificato la vita nella lotta alla mafia è un fatto di una gravità  inaudita che non può passare in silenzio soprattutto se dette da chi in questi anni è stato sui palcoscenici mediatici ed esempio per tanti giovani. “Chi utilizza certe espressioni dovrebbe chiedersi, come io chiedo, se sia mai stato degno di rappresentare la città di Palermo” ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.  “Per mettere in fuorigioco le mafie, il calcio ha altri valori da seguire come l’esperienza della nazionale di calcio di Prandelli che si è allenata a Rizziconi in Calabria su un campetto confiscato alle mafie”. Così, ricorda giustamente in una nota, Libera. E proprio nei campi di Libera propongono di far “passare le prossime settimane” al giocatore Federico Orlando e Beppe Giulietti, presidente e portavoce di Articolo 21. “Così magari si farà una idea più chiara sulla mafia e su coloro che sono morti per aver sfidato coloro, i mafiosi, che hanno ‘infangato e infangano’ la Sicilia e l’Italia”.

Nell’attesa chiediamo al presidente della sua squadra, il Palermo, di far capire da che parte sta la sua società. E di non aspettare che il tempo passi sperando che la gente dimentichi.

Sinora I’atteggiamento di Zamparini e della società è stato un esempio di ambiguità: fino al pomeriggio il Palermo Calcio non si è espresso sulla vicenda, poi le parole del patron Maurizio Zamparini: “Mi dispiace tantissimo, speriamo che sia un lapsus della procura. Conoscendo Miccoli non penso che lui possa fare un’estorsione a nessuno. Le sue parole? No comment, bisogna vedere esattamente cosa ha detto. Mi rende sconcertato che i giornalisti sappiano delle intercettazioni che devono essere un segreto, poi lo sarei se lui le dovesse aver dette per davvero. Avevo un sentore, non che fosse indagato, ma che la procura stesse facendo delle verifiche perchè lui aveva delle amicizie -ha detto poi Zamparini ad Antenna Sicilia secondo quanto riporta Stadionews. “Questo pero’ accade a tutti i giocatori, mica sanno che balordi frequentano. Per questo penso che faccia bene ad andarsene da Palermo”.

Tutto qui? E’ questo l’esempio che il Palermo Calcio vuol dare ai suoi tifosi ed ai giovani della città?

Ora basta: ogni ambiguità diventa contiguità. Nessuna ambiguità è più tollerabile nello Sport più diffuso tra i giovani. La legalità,l’amicizia, l’onestà  e la lotta alla mafia devono essere in testa ai valori di tutti gli sportivi, soprattutto per i più rappresentativi di questo sport. Altrimenti si aprono tutte le strade alle illegalità ,ai sotterfugi, alle falsità ed agli accomodamenti . Tanto più pericolosi in città come Palermo che vive quotidianamente un confronto ed una lotta culturale,sociale e politica contro i mafiosi , i boss ed i picciotti che vedono in cosa nostra la via più veloce e violenta per l’arricchimento individuale,sulle spalle delle persone per bene. Anche nel calcio. 

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