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Sequestri clan Mallardo. Legambiente chiede Dda Basso Lazio

di Elena Ganelli il . Lazio

L’approfondimento di Elena Ganelli// – Un clan radicato ormai da tempo anche in provincia di Latina quello dei Mallardo come dimostra l’operazione “Bad Brothers” portata a termine nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza che ha posto sotto sequestro beni per un valore complessivo di 65 milioni di euro riconducibili ai fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, a Vittorio Emanuele Dell’Aquila, Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario di Giovanni Dell’Aquila, affiliati al potente clan dei Mallardo. Il provvedimento ha riguardato 15 società con sede nelle province di Latina, Napoli, Caserta e Bologna (sei operanti nel settore delle costruzioni di edifici, uno nel commercio di porcellana, due in quello di autoveicoli, tre nell’intermediazione immobiliare e tre nell’alberghiero e della ristorazione); 174 unità immobiliari (nelle province di Latina, Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna); 25 tra auto e moto; rapporti bancari, postali, assicurativi, azioni. Le indagini, coordinate dai pm Barbara Sargenti, Maria Cristina Palaia e Lina Cusano, erano state avviate nel 2012 ed hanno consentito di accertare, anche grazie agli elementi forniti da alcuni collaboratori di giustizia, la costante ed inarrestabile ascesa, nei territori di Latina, Napoli ed in parte anche in Emilia Romagna, dei fratelli Dell’Aquila che avevano costituito una cellula economica, operante, prevalentemente, nel territorio del basso Lazio orientando le proprie attività, oltre che nel finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, anche al controllo di attività economiche di rilievo. I sigilli sono stati posti sulla base di un provvedimento del Tribunale di Latina mentre i reati erano svolti in Campania e gli investimenti erano nel Lazio con base a Fondi e Terracina.

L’operazione accende nuovamente i riflettori sulle infiltrazioni criminali nell’area del basso Lazio e in particolare nella provincia di Latina tanto da indurre Legambiente a chiedere l’istituzione di una sezione della Dda in terra pontina. “Le confische operate ai danni di affiliati al clan Mallardo – ha sottolineato la vicepresidente regionale dell’associazione ambientalista Valentina Romoli – ci portano a chiedere ancora una volta che venga istituita una Direzione Distrettuale Antimafia nel basso Lazio dove ormai è evidente una grave infiltrazione mafiosa, come dimostrano proprio questi ultimi sequestri”. E’ sempre Legambiente, per bocca del circolo di Sabaudia, a sottolineare l’esistenza “di un sistema mafioso, di connivenze e coperture che nel corso degli anni si è formato e rinsaldato in questa provincia il cui core business criminale riguarda in prevalenza il settore delle costruzioni, vera miniera d’oro per le mafie, attraverso il quale riciclare ingenti somme di denaro da reinvestire in attività lecite con prestanome apparentemente privi di collegamenti con i clan camorristici”. Gli ambientalisti ricordano come la provincia di Latina ospita da tempo clan appartenenti a diverse organizzazioni che hanno saputo non solo costruire un network che tiene insieme le diverse attività criminali in cui essi sono impegnati, dal ciclo illegale dei rifiuti a quello del cemento passando per agromafie, racket, estorsioni, traffico di droga e tratta di esseri umani.

Del resto il quadro a tinte fosche emergeva già nella Relazione della Procura nazionale antimafia dello scorso anno nella quale si sottolineava il radicamento del fenomeno e di come tutte le tradizionali organizzazioni mafiose siano presenti nel territorio, con il chiaro intento di riciclare i proventi criminali e di reimpiegarli in attività imprenditoriali, confondendo così il flusso di denaro che proviene da delitto con i guadagni derivanti dalle attività imprenditoriali. Non va neppure sottovalutato un ulteriore dato: nel corso degli anni, infatti, i settori di interesse delle mafie in provincia di Latina si sono allargati e per certi aspetti intensificati. Nel 2012, secondo i dati dell’ultimo Dossier ecomafia 2013, la provincia pontina ha conseguito il nono posto nella classifica delle province italiane con il maggior numero di reati ambientali, facendo registrare 744 infrazioni accertate, ossia il 2,2% del totale nazionale. Una conferma di quanto l’economia pontina sia ormai in mano alle organizzazioni criminali.

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